Stefano Pia, 43 anni, fotografo Mogorese, edito dalla Soter Editrice di Salvatore Ligios, nel suo nuovo libro, continua a raccontare, come nel precedente, il suo paese attraverso storie che cercano nel quotidiano la bellezza delle cose semplici.
“Non è l’America” è un racconto di immagini che ha come sfondo la campagna della Marmilla di Oristano. I paesaggi che sembrano tratti dai film western di Sergio Leone fanno da cornice alla vita di allevatori e animali, i quali sono i protagonisti assoluti del racconto.
All’interno son presenti i testi di Francesco Cito, Sandro Iovine e Salvatore Ligios.
Stefano Pia ha vinto recentemente il primo premio con il progetto “Non è l’America”, al 2° Corigliano Calabro Fotografia book Award 2021, con la seguente motivazione di Francesco Cito:
“La scelta finale del concorso è dovuta oltre alla composizione delle foto e dal soggetto in essere anche al fatto che fra i lavori giudicati è quello che più si avvicina al concetto di foto-libro, in cui ogni foto non è mai ripetitiva a se stessa, con una sintesi di racconto non facile, considerato il soggetto che esso tratta. Per quanto il titolo si rifaccia al pionierismo americano della corsa verso l’ovest, esso in effetti racconta quella desolazione di un territorio, quello della Sardegna, che resta ancora oggi terra dura e difficile (in questo si terra di confine) ed in certi contesti da apparire come tutto si sia fermato, in cui l’unico segno dell’avvenuto progresso lo si riscontra solo nella presenza delle auto parcheggiate nell’ area circostante di quella che dovrebbe apparire una fattoria. Inoltre nella sua semplicità, considerando il luogo e il contesto, traspare una nota poetica pervasa da una malinconia che tutto avvolge, dando al racconto la sua giusta dimensione da terra di frontiera”.
Sandro Iovine commenta così il libro di Stefano:
“Quelli della mia generazione, ma anche tanti di quelli che appartengono alle successive, sono cresciuti accompagnati dall’immagine mitizzata dagli stereotipi hollywoodiani del far west. Luoghi selvaggi, dove la vita era regolata da norme semplici che spesso si riducevano nel nostro immaginario, alla velocità con cui una pistola veniva estratta dalla fondina. Il tutto contornato di spazi, quantomeno per noi europei, immensi, per lo più semidesertici, popolati di spine, pietre e cavalli selvaggi. Sull’onda di queste suggestioni può capitare di ritrovare parte di questi sogni adolescenziali anche a pochi passi da casa. Anche qui, nelle campagne nostrane possiamo trovare pietre e cavalli e la scarsa densità di popolazione della Marmilla in provincia di Oristano, amplifica gli spazi dove allevatori gestiscono piccole aziende agricole nei pressi di Mogoro. Come in un ranch del lontano ovest, anche qui la vita è fatta di lavoro e gli animali fan parte della famiglia. Così quando li vai trovare hai proprio la sensazione che il paesaggio, i volti, perfino il loro modo di fare, rompendo le barriere dello spazio e del tempo, ti abbiano risucchiato in una fattoria del vecchio West. Ma questa non è l’America”.
Questo invece il commento di Salvatore Ligios, editore del libro:
“La pubblicazione raccoglie una copiosa selezione delle preregrinazioni giornaliere di Stefano Pia nelle terre della Marmilla di Oristano, diventate nel tempo il rovello intrigante da esplorare con la macchina fotografica. Parole-versi declamati a cantilena, mògoro-e-i-mògoresi, suoni e richiami dal profondo, semplicità e casualità, gesti quotidiani ripetuti dall’alba al tramonto, incontri fortuiti e pedinamenti ossessivi, con passo felpato e scatti discreti il fotografo continua a raccontare il mondo dove vive e abita, tra figli che crescono e nuovi arrivati che sgomitano, sempre a kilometro zero. Lo spartito è di rigoroso bianconero e il racconto comincia a fare incetta di frutti: è notizia recente il primo premio al Festival di Corigliano Calabro Fotografia 2021”.
“Questa seconda tappa editoriale – conclude Ligios – solleva senza tentennamenti l’asticella della maturità acquisita da Pia e la smania dell’apparire dentro il frame tipica dei neofiti scompare abilmente nelle storie proposte, nella strategia di lasciare che i soggetti ripresi e le azioni fissate nel fotogramma si offrano naturalmente allo sguardo dello spettatore, mentre il regista nell’ombra tesse la trama che la strada mette a disposizione. Il risultato è un’originale storia locale che parla a un pubblico universale”.