Aou Sassari: Nel periodo della pandemia i pazienti hanno avuto una immediata risposta di cura
Nel periodo della pandemia i pazienti che si sono rivolti alla Stroke unit dell’Aou di Sassari hanno avuto una immediata risposta di cura, come nel periodo pre-Covid.Nel confronto con il 2019, emerge che per tutto l’anno 2020 non si sono registrate riduzioni né al numero di trombolisi né a quello delle trombectomie meccaniche, cioè i trattamenti salvavita e tempo dipendenti per il trattamento degli ictus ischemici. E così, se nel 2020 i primi trattamenti sono stati 111 (109 nel 2019), i secondi sono stati 29 (20 nel 2019).
I dati sono emersi ieri, 28 ottobre, in occasione del 13esimo congresso mondiale delle Stroke unit, organizzato dalla World Stroke Organization, società scientifica internazionale che si occupa esclusivamente di ictus e rappresenta oltre 55 mila specialisti dell’ictus in contesti clinici e di ricerca, con società e associati sparsi in numerosi Paesi del globo.
Il convegno che si è aperto ieri (il 29 ottobre sarà la giornata conclusiva) si è svolto in modalità virtuale, con gli iscritti che da 108 Paesi diversi, dall’America del Nord al Sud America, dall’Europa al Continente africano, dall’Asia all’Australia, hanno portato i loro contributi e le loro esperienze.
L’Aou di Sassari lo ha fatto con la Stroke unit diretta dal dottor Riccardo Boccaletti. La struttura, attraverso due poster, ha presentato il suo studio – realizzato da Alessandra Sanna, Bastianina Zanda, Maria Anna Pes, Claudio Fabio, Francesco Pintus e Riccardo Boccalettii– che sarà pubblicato sia negli atti congressuali sia nell’International Journal of Stroke abstract book.
«A livello mondiale c’è stata una riduzione dei trattamenti – afferma Alessandra Sanna, dirigente medico della Stroke unit – probabilmente perché alcune di queste strutture sono state convertite in reparti Covid. Questo, invece, non è successo a Sassari e ha consentito alla struttura di garantire la migliore cura ai pazienti. E sebbene da noi si siano ridotti i ricoveri, passati dai 535 del 2019 ai 475 del 2020, i trattamenti non sono calati. Questo anche a significare che, nonostante la pandemia, il paziente con patologia tempo dipendente ha ricevuto dalla struttura una immediata risposta».
Un’attività quella portata avanti dalla struttura mirata a ridurre la mortalità e la disabilità da ictus.
«L’ictus ischemico, infatti – spiega ancora Alessandra Sanna –, è la prima causa di disabilità e la terza causa di morte. Per questo motivo, il trattamento deve essere appropriato e, quando attivato in maniera precoce, è in grado di ridurre notevolmente gli effetti negativi dell’ictus».
Il secondo poster presentato dalla Stroke unit – realizzato da Alessandra Sanna, Bastianina Zanda, Leslie Dianne Parish e Riccardo Boccaletti – era relativo al caso clinico di una paziente di 85 anni. Lo studio ha evidenziato come il trattamento trombolitico sia da applicare anche solo davanti a una valutazione clinica su pazienti che presentano un deficit neurologico moderatamente grave e di esordio sconosciuto, a prescindere dal riscontro radiologico che dia esito negativo.
Nel caso specifico, infatti, una prima risonanza magnetica negativa non aveva evidenziato la lesione da ictus. Il quadro clinico, però, ha spinto i medici ha effettuare ugualmente la trombolisi, garantendo così la cura migliore alla paziente.