Si concluderà tra due settimane la terza campagna di ricerche archeologiche dell’Università di Tübingen (Institut für Klassische Archäologie) al Tofet dell’antica Sulki/Sulci (S.Antioco), dopo le precedenti svolte nel 2018 e 2019, all’interno di una concessione di scavo del Ministero della Cultura (Soprintendenza ABAP per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna).
Le indagini si pongono in continuità con i lavori già svolti nell’area dalla Soprintendenza archeologica di Cagliari. Ai lavori sul campo partecipa un’équipe internazionale che vede impegnati archeologi provenienti da Italia (soprattutto Sardegna e Sicilia), Spagna, Tunisia e Germania, con un largo raggio di collaborazioni specialistiche ed interdisciplinari.
Il Tofet è un particolare Santuario tipico degli insediamenti fenici del Mediterraneo centro-occidentale: un fenomeno testimoniato in Sardegna, Nord-Africa e Sicilia. Elementi caratterizzanti sono le urne, contenenti resti cremati di bambini in tenera età e di animali (soprattutto ovicaprini), e le stele votive erette nel Santuario dai fedeli per chiedere una grazia alla divinità o rendere omaggio per la grazia ricevuta.
Il Tofet di S.Antioco è uno dei più antichi tra quelli conosciuti. Fondato in corrispondenza di un affioramento di tufo trachitico, particolarmente imponente e suggestivo, il Santuario sorge sulla sommità della collina denominata “Sa Guardia de is Pingiadas”, “la Guardia delle Pignatte”. Il nome nasce dal fatto che le pentole antiche, proprio quelle utilizzate per contenere le ceneri e testimonianza tangibile del rituale, erano ben visibili anche prima dell’inizio degli scavi archeologici, svoltisi a più riprese durante il secolo scorso.
Gli ultimi scavi promossi dall’Università di Tübingen avevano come principale obiettivo quello di gettare nuova luce sulla più antica frequentazione del Santuario e, in particolare, sulle modalità di deposizione delle urne e quindi sul rituale caratteristico del Tofet, ancora oggetto di vivo dibattito tra gli studiosi.
Le scoperte finora effettuate hanno superato le aspettative: numerosi infatti sono i contesti ancora integri e di grande interesse scientifico, messi in luce attraverso un metodo di scavo rigoroso e documentati utilizzando le più moderne tecnologie digitali.
Al termine dei lavori di scavo proseguirà lo studio di dettaglio e la pubblicazione dei reperti rinvenuti: le urne insieme al loro contenuto di ossa incinerate, che verranno sottoposte ad analisi antropologica e paleo-faunistica, ma anche i tanti reperti venuti alla luce nel corso delle tre campagne di scavo effettuate a partire dal 2018.