L’esperimento produttivo di Sardegna Teatro AMISTADE – ibridazione fra l’immaginario surreale/provocatorio di RezzaMastrella a partire da FRATTO_X con la poetica di Fabrizio De André – dopo alcune anteprime presso il Teatro Massimo di Cagliari, il Teatro Eliseo di Nuoro e il Teatro Grazia Deledda di Paulilatino, ha debuttato in anteprima nazionale a Tempio Pausania proprio in questi giorni.
Contaminatori per eccellenza, geni del teatro indipendente e Leone d’Oro alla Carriera alla Biennale Teatro di Venezia, Antonio Rezza e Flavia Mastrella sono arte performativa e drammaturgia, sovversione di qualsivoglia schema di pensiero, linguistico e mediale.
La manipolazione al centro dello spettacolo
Voce e movimento sulla scena, incarnati da Antonio Rezza (con la partecipazione di Ivan Bellavista), si alternano ai proclami di Fabrizio De André. La voce dal passato apre la continuità con un presente in cui la veicolazione di massa si configura come abuso.
FRATTO_X è oggi – come nello spettacolo originario e seminale di dieci anni fa – nel playback, nella voce imposta, nelle labbra che parlano con voce altra. La voce tiranna rende evidente lo sganciamento dell’identità e l’illusione del paradosso fra commedia e tragedia, tra intenzione soggettiva e consapevole o agire telecomandato.
“Si può parlare con qualcuno che ti dà la voce? Si può rispondere con la stessa voce di chi fa la domanda? Due persone discorrono sull’esistenza. Una delle due, quando l’altra parla, ha tempo per pensare” – scriveva Rezza nelle note di regia. “La manipolazione è alla base di un corretto stile di vita. Per l’ennesima volta si cambia forma attraverso la violenza espressiva. Mai come in questo caso o, per meglio dire, ancora come in questo caso, l’odio verso la mistificazione del teatro, del cinema, della letteratura, è implacabile. Il potere sta nel sopravvivere a chi muore. Noi siamo pronti a regnare. Bisognerebbe morire appena un po’ di più”.
Tutto ciò dialoga qui e ora – ma parrebbe da sempre, su un livello ulteriore – con le riflessioni così lontane e così vicine di Fabrizio De André, impresso su video e nelle coscienze.
Libertà totale e annullamento delle distanze fra cultura alta e cultura bassa, somiglianza che non si esaurisce in coincidenza esatta e prende le mosse dall’iniziativa spontanea di Dori Ghezzi, che nel riconoscere questa estrema affinità afferma “Più vicini che lontani. Fabrizio osava e non amava tutto ciò che è scontato. Cercheremo di far qualcosa che possa essere compreso e abbracciato dalla maggior parte delle persone, senza mai risultare elitario. Questo si collega direttamente all’eredità di De André, che è riuscito a essere davvero popolare, grazie alla capacità di attraversare diversi registri e raggiungere le persone e questo lo accomuna nel profondo anche a RezzaMastrella“.
L’habitat di AMISTADE è dunque quello di FRATTO_X in cui si materializzano scie luminose e al centro della scena catalizza l’attenzione l’ideogramma X, che è il divieto dal quale si affacciano personaggi compressi da un senso di inutilità e frustrazione, ma al contempo rappresenta una distesa di pelle che “organizza figure antropomorfe, sommerse dalla carnalità, vittime disponibili alla persuasione di massa”.
L’architettura scenica e l’astrazione delle sue forme sono contaminate da frammenti di video-proiezioni e mapping, in una sinergia sapientemente concepita e riattualizzata da Flavia Mastrella.
L’intervista a Flavia Mastrella e Antonio Rezza
Abbiamo raggiunto telefonicamente gli artisti – ospiti della storica residenza gallurese di De André a L’Agnata – in due conversazioni distinte, a pochi minuti l’una dall’altra. Proponiamo i loro contributi in forma integrata, al fine di agevolare il percorso di lettura.
Come si coniugano l’Habitat di FRATTO_X, i suoi simboli e la sua dimensione materiale con l’elemento immateriale costituito dagli interventi di Fabrizio De André?
Flavia Mastrella – Io mi occupo anche di testo e regia insieme ad Antonio, in genere i giornali mi relegano a un settore ma in realtà li abbraccio tutti. L’unica cosa che non faccio è recitare. Noi facciamo contaminazione già fra di noi, sia io che Antonio ci esprimiamo liberamente, poi insieme andiamo a mettere a posto le cose. Il lavoro di Fabrizio è entrato nel discorso sia a livello drammaturgico che visivo. Ognuno di noi ha inserito dentro la sua disciplina qualcosa di Fabrizio e si è andata a creare una buona amalgama. Abbiamo preso dei testi dalle parole dei concerti e abbiamo preso alcuni concetti anche dalle interviste, perciò ne esce un quadro di De André impegnato politicamente, per la libertà e soprattutto che detesta ogni forma di abuso, come noi.
Com’è avvenuta la selezione dei testi? Dori Ghezzi ha operato a monte una qualche scelta tematica?
F.M. – Dori ci ha dato dei documenti rari della Fondazione De André e delle interviste; le abbiamo ascoltate centomila volte e siamo riusciti ad integrare il tutto. Noi le abbiamo detto che avevamo bisogno dei concerti per estrapolare tutto. Forse lei ha preso delle cose che le piacevano di più, questo non glie lo abbiamo mai chiesto. Lui non ha mai fatto tantissimi interventi televisivi, si concedeva il giusto.
Antonio Rezza – Dori ha visto due nostri spettacoli e ci ha detto vi do dei materiali che sono inediti o pseudo-inediti della poetica di Fabrizio – non collegata direttamente con le canzoni, perchè sarebbe stato un esperimento molto didascalico, perchè le canzoni sono talmente popolari che non avremmo aggiunto niente. Invece la sua parte filosofica, quello che dice durante i concerti, quando fa delle riflessioni fra una canzone e un’altra, riflessioni sue più letterarie che musicali, si collegavano perfettamente alla nostra poetica sicuramente anarchica, che non riconosce la gerarchia, che non riconosce il potere, che non riconosce il comando e mai come in questo momento mi sembra uno spettacolo di avversione verso il potere centrale.
Io so che ci ha dato tantissimo materiale, che però secondo lei non era mai stato utilizzato, infatti sono riflessioni che io non avevo mai sentito. Noi abbiamo dovuto fare un lavoro di selezione – di setaccio fra tutte le cose che diceva – estenuante. Non è facile, è un’operazione molto delicata perchè Fabrizio De André non c’è più, non poteva neanche ribellarsi, quindi bisognava avere il massimo rispetto. Dori Ghezzi ci ha dato carta bianca e noi ce la siamo presa, le abbiamo poi mostrato il nostro lavoro e a lei è piaciuto.
In che modo e con quale nodo intervengono le proiezioni e i video-mapping nei rimandi fra identità, fra due voci che in momenti e luoghi diversi parlano dell’esistere riconducendo il tutto a questo tema universale che annienta le distanze tra tempi e spazi, eco e materia nel momento presente?
F.M. – Noi abbiamo usato il virtuale per rappresentare Fabrizio. Succedono tante cose allo stesso momento. C’è un attimo in cui ci sono due proiezioni e ciascuna racconta una storia; una racconta una storia di strumenti e una racconta una storia di Fabrizio. Sono più argomenti e poi c’è Antonio che parla e anche la forma che si illumina. Sono quattro o cinque argomenti che parlano linguaggi diversi, espressi nello stesso istante.
Com’è stato accolto lo spettacolo, considerato che il teatro sperimentale in Sardegna non è ancora largamente diffuso? È stato complesso rispetto ad altre location?
F.M. – È stato un po’ faticoso. Trascinare le persone non è stato facile ma, ad esempio, siccome adesso si è preparati a questa sovrapposizione di messaggi, il lavoro è piaciuto molto anche ai giovani perchè parla il loro linguaggio.
Questo gioco dei livelli, in forme e modalità diverse, ha sempre caratterizzato i vostri testi. Farlo in questo modo è un potenziamento dal punto di vista dell’intervento di immagini altre.
F.M. – Certo, queste noi le chiamiamo contaminazioni, ne abbiamo fatte parecchie nella storia. Abbiamo anche fatto dei lavori con un gruppo jazz nel 2004 a Villa Mercede a Milano, abbiamo fatto questo inquinamento di musica in FOTOFINISH. E’ una disciplina che portiamo avanti per toglierci quella che poi nel teatro diventa una staticità espressiva.
Antonio, riguardo la contaminazione fra la tua estrema fisicità sul palco e la ricostruzione dell’immagine di De André, come ti sei rapportato a questa dimensione di presenza smaterializzata?
A.R. – FRATTO_ X è un continuo, un vortice, basta rallentare in certi momenti, dar modo alla voce di Fabrizio di entrare all’interno delle vicende che lo spettacolo tratta e ripartire con la stessa velocità. E’ addirittura meno faticoso che fare FRATTO_X tutto intero, perché quando parla Fabrizio – oltre che ascoltare – mi riposo anche.
Cosa avete lasciato fuori dello spettacolo originale, lo avete ridimensionato in qualche sua parte?
A.R. – Abbiamo bilanciato. Abbiamo cercato di alleggerire FRATTO_X affinché lo spazio fra le riflessioni di Fabrizio e il nostro spettacolo fosse diviso il più equamente possibile. Abbiamo fatto un lavoro di bilanciamento, accorpato certe parti, tagliato altre parti e rimontato altri pezzi di FRATTO_X affinché andasse anche bene quello che dico io sul palco con quello che dice Fabrizio fuoricampo. E poi ci sono anche le proiezioni sulle fasce di FRATTO_X, che sono state un’idea di Flavia. Da lì parte il progetto, a lei è venuto in mente che le fasce di FRATTO_X potevano essere gli schermi sui quali proiettare le immagini di Fabrizio De André. Senza questa illuminazione non lo avremmo potuto fare.
Flavia, in passato hai affermato che sentite che ogni vostro spettacolo debba esaurire gli strascichi del precedente. Nasce da questo presupposto la rielaborazione posta in atto in AMISTADE?
F.M. – Sì, ma AMISTADE fa parte di un altro discorso. Non è un atto creativo nuovo completamente, si tratta proprio di un gioco di scambio, è come una chiacchiera con un’altra persona. Facciamo di FRATTO_X un essere che dialoga con un altro essere che ha un altro bagaglio culturale, che somiglia ma non è uguale, se no diventerebbe noioso.
Cosa puoi dirci riguardo al “gesto violento” cui fate riferimento, legato alla violenza della persuasione di massa?
F.M. – FRATTO_X è un lavoro del 2010 e in questo periodo stiamo vivendo quello che noi avevamo già presentito. C’è poco da dire; la realtà ha superato la fantasia, come al solito. Il condizionamento è stato molto forte, le armi di persuasione di massa che hanno usato in questi ultimi due anni sono notevoli. FRATTO_X è stata una grossa intuizione per il futuro, ha guardato avanti. Inascoltato.
Cos’è cambiato a livello di consapevolezza, nello spirito con cui avete affrontato questo spettacolo ora, a proposito delle pressioni che tutti sperimentiamo?
F.M. – Abbiamo rimarcato, perchè Fabrizio dice delle cose riguardo quella che io chiamo Cultura Cazzocentrica (Fallocentrica), parla di supremazia della religione; quello che noi diciamo non chiaramente e fra le righe, Fabrizio lo dice chiaramente. Lui che parla nell’80 usa parole che sono ancora di attualità, anzi adesso si capiscono ancora meglio, come tutti i nostri lavori, come ANELANTE – uno spettacolo sul delirio del potere che adesso capiscono tutti molto bene.
A.R. – Ora è bellissimo capire, in un momento in cui la libertà è stata sottratta agli esseri umani in vari modi, attraverso la contraddizione, la coercizione e questo assurdo dispositivo di controllo che è quella carta per entrare nei posti – e io non sono certo un fascista e non conosco fascisti, perchè qui adesso chi si ribella contro queste regole profondamente naziste e razziste, passa per fascista, invece io sono una persona che non concepisce la prevaricazione – chiaramente, vedendo come vengono trattate le persone, vivere nell’assoluta libertà come viviamo noi è da una parte un piacere immenso, perchè dici guarda l’essere umano come deve assoggettarsi alle regole del padrone, dall’altra mi mette una profonda tristezza perchè dico ma possibile? Possibile che nessuno riesca a capire che la libertà di pensiero sia l’unica risorsa che abbiamo? Ecco, questa è la sensazione che provo io e FRATTO_X, come tutte le opere che facciamo, e anche il contatto con Fabrizio De André mi fa pensare che siamo dei privilegiati, noi e chiunque pensi col suo cervello, però siamo dei privilegiati che navigano in un mare di tristezza e rassegnazione.
Individualisti di talento
Siamo sotto un fratto che uccide – si leggeva fra le note di regia. AMISTADE si arricchisce di stimoli, suscita nei più motivati riflessioni profonde circa le dinamiche del pensiero e tratta di inquietudini sociali. Contemporaneamente, trasmette una formidabile leggerezza – tratto tipico del duo RezzaMastrella.
“Sono sicuramente accomunati a Fabrizio da un incedere poetico, una ricerca anche tagliente e a tratti surreale – osserva Dori Ghezzi, che prosegue – La canzone che avvicinerei loro è DON RAFFAE’, che racconta di una tragedia italiana in un modo quasi leggero, riuscendo così a essere ancora più penetrante e incisiva. Antonio e Flavia condividono con Fabrizio una capacità quasi sardonica di far ridere, toccando temi tragici e scottanti. Si tratta di una vera forza, senza aggiungere un’enfasi che porterebbe al patetico“.
Antonio Rezza ci saluta con una riflessione sul ruolo del talento individuale in una prospettiva di evoluzione collettiva: “FRATTO_X di per se è una rivoluzione continua, ma questa è un’altra cosa. AMISTADE è un’interazione, lui si contamina di noi e noi ci contaminiamo di lui, pur non essendoci mai conosciuti c’è una contaminazione.
Quest’esperienza per me è stata di entrare in contatto con una persona libera come noi. Tante libertà che si uniscono danno vita a una forma di libertà, volendo, ancora più grande. Nessuno però ha portato più libertà all’altro, io penso che una società evoluta si regge su individui individualisti di talento, come nelle squadre di calcio che vincono, dove quelle più forti sono quelle che hanno i giocatori individualmente più forti e se noi pensiamo a una collettività evoluta dobbiamo cominciare a pensare a una collettività fatta di individui che sono individualmente di talento, e non collettivamente, perché nella retorica della collettività va perduta la virtù, ecco quello che penso io, oggi“.
AMISTADE è “Una contaminazione di Flavia Mastrella e Antonio Rezza, sfuggita dalle labbra di Dori Ghezzi”, in collaborazione con Fondazione Fabrizio De André, Teatro Vascello di Roma, Fondazione Sardegna Film Commission, Fondazione di Sardegna.
A cura di Tiziana Elena Fresi.
Si ringrazia Sardegna Teatro e l’Uff. Stampa G. Muroni