Dopo il grande successo de Il rosa nudo, Bullied to Death, Xavier e Histore d’Une Larme il regista cagliaritano Giovanni Coda ritorna nei prossimi giorni sul set per le riprese in Sardegna del suo nuovo film La sposa nel vento.
La violenza, il sopruso e l’assassinio delle donne è esistito sempre e ovunque. Le donne martirizzate, torturate e assassinate nel corso della storia, streghe o sante, sono persone accusate di colpe che non hanno commesso: il loro unico torto è voler riconosciuta una propria dignità, umana.
Donne abusate, annientate quotidianamente, sottomesse, controllate, isolate, uccise. La violenza di genere che si manifesta in forme diverse, in contesti geografici, culturali ed economici differenti, ma è animata sempre dal mantenimento dello squilibrio di potere tra i generi nella società, e dal rifiuto delle donne a una cieca subordinazione: un affronto da punire, una condanna all’oblio, alla morte.
Il regista Giovanni Coda, da trent’anni attivo sul fronte del cinema e della fotografia sperimentale e di una militanza di genere attraverso cui porta avanti storie e temi difficili dalla forte connotazione sociale, affronta stavolta nella sua nuova opera cinematografica “La sposa nel vento” il tema morale del femminicidio e della violenza sulle donne.
Un nuovo film che vedrà le riprese tra novembre e dicembre 2021 incentrato sul dramma dei femminicidi e che chiude la trilogia che l’autore ha dedicato alla violenza di genere, dopo “Il rosa nudo” (2013) e “Bullied to death” (2015), opere che hanno ottenuto tantissimi premi e un grande successo di critica e pubblico internazionale. Un nuovo racconto di discriminazione e violenza scritto e diretto dal regista cagliaritano, prodotto da Movie Factorycon il contributo della Regione Autonoma della Sardegna e il sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission, costruito con un linguaggio più diretto e con la poetica che da semprecontraddistingue Coda, autore sardo tra i più premiati per i suoi film nei festival più prestigiosi del mondo.
“La sposa nel vento” è una storia dura, potente, attuale e trasversale, che si ispira a tante storie di donne di culture e origini diverse unite da un messaggio di denuncia e allo stesso tempo di speranza. Tra loro sarà rappresentata anche la figura di Antonia Mesina, la giovane orgolese vittima dell’efferato omicidio avvenuto nel 1935 e beatificata nel 1987 da Giovanni Paolo II.
Nevina Satta Direttrice Fondazione Sardegna Film Commission
“Coda è un vero intellettuale militante, un artista visuale, dalla grande capacità generativa. Da un tema come la violenza è riuscito a creare un messaggio di inclusione, aggregazione e speranza. Questo film, che abbiamo seguito nella sua genesi dalle sue primissime battute, nasce tra l’altro da incontri molto drammatici con donne che hanno subito episodi di violenza e di sopruso.
Il cinema che ritrova il suo valore di spazio di incontro e denuncia sociale. Per Giovanni questa non è una novità, è la sua vocazione, ci ha portato attraverso il Rosa nudo attraverso tutte le sfumature e le contraddizioni di un mondo che è sempre più patinato, più tecnologizzato, perfetto. Una “perfezione” messa in crisi dal Covid dove è stato fondamentale ripensare il nostro ruolo, e quello degli intellettuali”.
Sinossi
Il 25 novembre 2022 (giornata mondiale contro la violenza sulle donne e quella di genere)un gruppo di donne di diversa età e estrazione sociale si riunisce in una casa di campagna per dare vita ad un racconto collettivo sulle proprie vite, tra passato, presente e futuro. Un futuro che andrà costruito con pazienza, con le preghiere e l’aiuto di Dio, forse, ma anche con il sacrificio e l’abbandono di una strada che ormai non le porterà da nessuna parte.
Il Progetto
Racconti di vita vissuta che intrecciandosi ad alcuni brani tratti dai testi di grandi donne, forti e indipendenti, tenaci e orgogliose, fulcro e cuore di ogni comunità come Tina Modotti, Gerda Taro, Diane Arbus, Francesca Woodman e Frida Khalo, onoreranno le vittime di una guerra che si combatte ogni giorno fin dalla notte dei tempi, e che vede come vittime sacrificali centinaia di migliaia di donne che non sono riuscite a sopravvivere in un mondo di regole scritte da soli uomini.
Fra una citazione, un dato statistico e le testimonianze “reali” di alcune donne che sono sopravvissute alla cieca violenza omicida, la giornata si conclude all’alba di un nuovo giorno.
<<Sono storie italiane e sarde al contempo. Storie raccontate con parole crude e taglienti, o con accenti che raggiungono vette di poesia, toccando tutte le corde dell’odio cieco al perdono totale – spiega Giovanni Coda – Storie di donne ferite, schiavizzate, torturate, violentate, uccise – fisicamente, mediaticamente, socialmente – da uomini ma anche e soprattutto da una società cieca, chiusa in schematismi di potere. In Italia ogni 48 ore, una donna viene uccisa>>.
“La sposa nel vento” sarà un lungometraggio di 80 minuti, girato fra esterni e interni, il cui arco temporale si sviluppa in un periodo che copre tutto il Novecento, per provare a raccontare in che modo, soprattutto nell’ultimo secolo, questa piaga sociale violenta sia uscita dalle tenebre e dai silenzi delle vittime, trovando oggi, finalmente, una voce e una risonanza mediatica, che però non sembrano poterne fermare l’intensità e la frequenza.
Tra fiction, animazione, interviste, testimonianze, linguaggi diversi, le donne protagoniste de “La sposa nel vento” si incontreranno per ridare vita, ma soprattutto voce e corpo, alla lotta per l’affermazione, per il diritto di espressione, per la loro vita stessa. Soprattutto all’interno di una comunità simbolica come quella sarda, dove la donna è il fulcro della società, ma anche la vittima di stragi indicibili consumate tra le mura domestiche, impotenti di fronte alla sopraffazione e all’ignoranza nel senso più lato. Storie di donne che restituiscono insieme una storia emblematica sulla “violenza di genere”.
Grazie al potere del cinema e della sua dirompente forza comunicativa attraverso quest’opera sul grande schermo Giovanni Coda vuole combattere, nel modo che gli è più consono, contro le discriminazioni e le violenze per ogni tipologia e provenienza, perché, aggiunge:
<<La prassi della violenza di genere si vede meglio se la si osserva da vicino, scrutandone gli ingranaggi perversi delle costruzioni sociali e gli stereotipi rassicuranti che regolano i rapporti. Tutti i tipi di rapporto. Assistiamo ancora oggi all’annientamento fisico e simbolico dell’Essere Femminile, con una frequenza e brutalità che ha oltrepassato il livello dell’emergenza. La storia, la letteratura e la cronaca ci mostrano donne che in gran parte sono state massacrate all’interno delle mura domestiche dai loro mariti, dai loro fidanzati, dai loro compagni, dai loro fratelli, dai loro padri, dai loro spasimanti, e, solo in pochi casi, da sconosciuti. Sono storie che non dovrebbero ripetersi, storie che vanno raccontate sin nelle loro cause più profonde, versate come sangue fresco e vivo sul telo bianco dell’indifferenza che ci accomuna>>.