Istituita con risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite n. 54/134 del 17 dicembre 1999, la ricorrenza costituisce occasione per invitare tutti i cittadini e le istituzioni a riflettere ed agire per arginare la violenza sulle donne.
La violenza contro le donne corrisponde a qualsiasi atto di violenza di genere che provoca, o è probabile che provochi, violenza fisica, sessuale o danno psicologico o sofferenza alle donne, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà.
Essa può assumere infinite sfaccettature e manifestarsi in ogni contesto sociale attraverso la violenza psicologica (controllo, isolamento, gelosia patologica, molestia assillante, critiche avvilenti, umiliazioni, intimidazioni, indifferenza alle richieste emotive, minacce, etc.); la violenza economica (esclusione dalle finanze familiari e dalla gestione del patrimonio, costrizione o induzione alla sottoscrizione di atti dispositivi del patrimonio …); la violenza fisica (spintoni, strette, schiaffi, pizzicotti, calci, tiraggio dei capelli, morsi, strette al collo, etc.); la violenza sessuale (stupro, palpeggiamenti, etc.) e lo stalking (molestie, persecuzioni, pedinamenti, ossessivo controllo sui social, etc.). Il peggior epilogo possibile degli atti che precedono è il femminicidio ossia l’uccisione della donna come ultima ferocia annientativa della violenza.
Nelle nostre classi siedono i figli delle famiglie di oggi e gli uomini e le donne di domani. Come docenti, quindi, abbiamo la possibilità di incidere efficacemente sulle violenze del presente e del futuro attraverso l’educazione alle relazioni inclusive e non violente tra i generi, attraverso l’istruzione al riconoscimento delle manifestazioni della violenza nonché attraverso l’orientamento tra le istituzioni atte alla prevenzione e tutela dalle violenze.
Abbiamo più volte sollecitato l’attivazione di percorsi di educazione all’affettività e siamo a conoscenza di alcune esperienze scolastiche di successo. Tuttavia, un’azione educativa di tale importanza non può rimanere affidata alla volontà di qualche docente o dirigente, occorre che diventi un’azione capillare!
L’Italia è uno degli ultimi paesi europei ancora privo di una legge sull’educazione all’affettività nonostante l’art. 14 della Convenzione di Istanbul preveda che gli Stati aderenti intraprendono “le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità̀ tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità̀ personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi”.
Qualcuno potrebbe pensare che l’educazione civica possa considerarsi uno strumento utile a tale scopo, ma non è affatto così sia perché non è obbligatorio trattare il tema, sia perché rappresenta solo uno dei 17 argomenti (goal 5 dell’agenda 2030) che possono essere inclusi in una delle 3 parti di cui si compone la programmazione.
Diffondere le informazioni necessarie per reagire correttamente e tempestivamente alle violenze, inoltre, significa diffondere semi di vita e libertà.
Con questo auspicio, invitiamo tutti i colleghi di ogni ordine e grado a potenziare le azioni educative sulla parità tra i generi e mantenere una didattica permanente contro la violenza sulle ragazze e sulle donne.
In occasione della giornata, lanciamo la proposta educativa “violenza e poi?”, da svolgere con la metodologia didattica del role playing nelle scuole secondarie di secondo grado. Gli alunni potranno simulare un caso e poi individuare il percorso di uscita dalla violenza. I soggetti da simulare dovranno essere vari: la vittima, la famiglia, gli amici, i colleghi, un medico di pronto soccorso, un poliziotto, un volontario del centro antiviolenza, un avvocato, un giudice, uno psicologo, un funzionario dell’INPS, ecc. Ogni ruolo professionale dovrà illustrare tutte le tutele che è in grado di fornire alla vittima in modo da far emergere la consapevolezza che esiste una rete nazionale di sicurezza in grado di accogliere, proteggere le vittime e di accompagnarle nella fase di ripartenza.
Ogni ruolo affettivo, non di meno, dovrà far emergere quanto sia importante il suo contributo a sostegno della vittima. La didattica per ruoli consentirà agli studenti di trasformare le conoscenze in vere competenze e li renderà in grado di aiutare ed aiutarsi, aumenterà il livello di consapevolezza sul fenomeno e sulle sue conseguenze. Nel percorso didattico i docenti potranno avvalersi del supporto della Polizia di Stato, delle ASL, dei centri antiviolenza, degli uffici istituzionali per le pari opportunità, consultori, servizi sociali, tutti sempre ben disposti a sostenere le azioni educative.
Il tema di quest’anno per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è Orange the World: End Violence against Women Now! (Coloriamo il mondo di arancione: mettiamo fine alla violenza contro le donne, adesso!). In segno di speranza le nostre città verranno colorate di arancione, per diffondere la luce che dissolve il buio lasciato dalla violenza ed un monito ad agire con urgenza.
Non possiamo non dedicare, infine, un pensiero alle donne afgane che da troppo tempo stanno vivendo violenze indicibili. Quella che è diventata una vera e propria caccia alle donne viene contrastata dal sindaco di Kabul con un lockdown, anche per le lavoratrici. La totale privazione di tutte le libertà e finanche del diritto di andare a lavorare è stata motivata con la “necessità di tutelare la loro vita finché la situazione non si normalizzerà”. Con questo ulteriore provvedimento, le donne afgane vengono private di ogni ruolo sociale venendo internate nelle loro abitazioni con ulteriore aggravamento delle condizioni di vita inumane e degradanti, come fantasmi in una civiltà anacronistica.
In occasione della giornata lanciamo l’hashtag “facciamo scudo” per evidenziare l’importanza della rete e della solidarietà tra tutti i cittadini per assicurare il rispetto tra i generi come arma di difesa: uno scudo, appunto, contro ogni violenza, sia attiva che passiva.
#facciamoscudo