Sardegna Teatro porta nuovamente in scena la sua produzione L’avvoltoio, per la regia del maestro argentino César Brie, al Teatro Massimo da lunedì 15 a giovedì 18 novembre, sempre alle ore 20.30.
L’avvoltoio è uno spettacolo che nasce a partire dall’indagine drammaturgica di Anna Rita Signore – con cui ha vinto il «Premio speciale Claudia Poggiani alla Drammaturgia», all’interno del Premio Calcante 2014 – e parla del rapporto tra lavoro e salute in un territorio economicamente depresso, attraverso le vicende legate al più grande poligono militare d’Europa, presente in Sardegna.
Sinossi
L’avvoltoio si basa su una storia vera. Epicentro: Quirra, un piccolissimo villaggio della Sardegna sud-orientale, all’interno di un vastissimo territorio poco antropizzato e destinato al pascolo brado che ospita, dalla metà degli anni ’50, il più grande Poligono sperimentale d’Europa. Eserciti di tutto il mondo e aziende private vengono qui per testare nuovi sistemi d’arma, addestrare truppe, simulare guerre. Ma cosa si sperimenta in questo Poligono e cosa si è sperimentato in passato, non è dato saperlo. Troppi interessi sul tavolo, troppi segreti e omissioni. Troppe risposte, vaghe e contraddittorie. Una sola amara certezza: la sindrome di Quirra – sorella minore delle sindromi del Golfo, dei Balcani, di Mogadiscio – che colpisce civili e soldati, e alimenta il sospetto che all’interno della base, si siano usate munizioni all’uranio impoverito, con le esplosioni si siano prodotte nano-particelle di metalli pesanti e radioattivi, si siano smaltiti e stoccati rifiuti pericolosi, armi chimiche e batteriologiche.
È una storia coperta da segreti militari e industriali, scrupolosamente protetta dal silenzio di Stato. E dal silenzio – ben più drammatico perché dettato dalla disperazione – di quella parte della popolazione, socialmente più fragile, che non parla per paura. Ancora una volta, il ricatto si tinge di dramma sociale: «se accetto e sto zitto rischio di morire, ma ho un lavoro; se non accetto, muoio di fame».
Se lo scopo della medicina è la salute, lo scopo del teatro è la felicità – dice Aristotele – e César Brie, sovrappone un contenuto di denuncia, legato a fatti di un’attualità stringente a una regia puntuale, in cui le differenti personalità attorali compongono una polifonia corale. Il teatro come luogo di poesia e coscienza, lotta e incanto.
Lo spettacolo L’avvoltoio ha ricevuto il Premio Franco Enriquez 2018 per una comunicazione e un’arte di impegno sociale e civile” e ha superato le cento repliche in tutta Italia.
Note dell’autrice
“Ci troviamo nella sala prove di un teatro. Un gruppo di attori è alle prese con l’allestimento di uno spettacolo teatrale per denunciare quello che, da anni, sta accadendo all’interno e a ridosso del Poligono. Le vicende personali degli attori si intrecciano pian piano con quelle dei loro personaggi. Ricorrendo all’
espediente del «teatro nel teatro», L’Avvoltoio si serve degli attori e dei personaggi per dare fiato al dolore di padri e madri, figli e figlie, fratelli e sorelle, soldati: testimoni e vittime tutti della stessa tragedia.
La loro storia tocca da vicino Quirra e l’intera Sardegna, con il suo territorio occupato per il 60% da servitù militari; ma coinvolge tutta l’Italia, con i suoi Poligoni nel Triveneto, in Puglia, nel Lazio, in Toscana, su cui gravano forti sospetti di contaminazione. Per questo attori e personaggi non fanno mai nomi, né di luoghi, né di persone. L’Avvoltoio racconta la loro storia così com’è, cruda e ruvida. Vuole scuotere lo spettatore; farlo riflettere, arrabbiare; spingerlo a fare domande, e chiedere le risposte a chi quelle risposte deve darle. C’è una strage in corso. Silenziosa.
Oggi è in corso il processo che vede, per la prima volta in Italia, dietro il banco degli imputati, otto alti ufficiali militari”. Anna Rita Signore
Note di regia
Nel 2015 Anna Rita Signore mi ha chiesto di mettere in scena il suo testo basato su un’indagine rigorosa da lei fatta sul poligono di Quirra. Risposi che doveva essere lei a farla. Nel testo c’era già una regia e io, invece, di solito scopro le chiavi della messa in scena nel lavoro con gli attori. Lei ha insistito e io ho accettato.
Diversi teatri hanno rifiutato l’opera fino a che Massimo Mancini, di Sardegna Teatro, ha deciso di produrla. Sono stato in Sardegna tre volte: la prima per un seminario, conoscerci con gli attori e sceglierci. La seconda, per lavorare sul testo e trovare gli elementi della scena. E adesso per finire l’opera e mostrarla.
Nel frattempo abbiamo ridotto il testo con Anna Rita, trasformando le parole sorte dall’indagine in dialoghi e poesia. Questo lavoro è proseguito fino a tre settimane dalla prima. É stato bello confrontare con l’autrice la voglia di dire tutto con l’esigenza di sintesi e metafora che la scena impone, che gli attori sentono e i personaggi esigono. Le parole in bocca agli attori sono il frutto finale di questo percorso.
Ho chiesto a Loïc François Hamelin ˗ un poeta delle luci ˗ di vedere una prova. Lui ha capito subito cosa serviva. Ha disegnato luci semplici, efficaci e suggestive.
Sabrina Cuccu ha realizzato uno spazio metaforico che diventa la scena che desideriamo: tombe, il perimetro di un poligono, l’uranio, la spiaggia, le case dei pastori, gli uffici della procura.
Adriana Geraldo ha pensato i costumi con l’idea metonimica di rendere, con segni e oggetti, i diversi personaggi: pastori, militari, tecnici, medici.
Il resto è stato lavorare con attori entusiasti e disponibili a lunghe giornate di prove e serate di memoria. Ho imparato tanto da questo lavoro, dagli attori, dal clima che si respira in questo teatro, dove ho incontrato persone disponibili, attente, curiose e umane.
César Brie
Bio
Anna Rita Signore nata a Lecce, vive a Milano. Dopo le prime esperienze come assistente alle scene e ai costumi, dal 1999 al 2015 è stata aiuto regista di Elio De Capitani presso il Teatro dell’Elfo di Milano. Da sempre sensibile alle tematiche ecologiche, ha scritto di ambiente e di bioarchitettura, ha realizzato reportage su temi ambientali e sociali. «L’avvoltoio» è il suo primo testo di scrittura teatrale.
César Brie nasce a Buenos Aires, Argentina. Arriva in Italia a 18 anni con la Comuna Baires, gruppo teatrale di cui è cofondatore, recitando in più produzioni, dirette da Renzo Casali e Liliana Duca. Con questo gruppo ha cominciato a sviluppare un’arte apolide, a stretto contatto con le molte realtà incontrate in una vita passata per scelta in esilio.
Dopo il 1975 crea a Milano il Collettivo teatrale Tupac Amaru e iniziano le colalborazioni con Danio Manfredini.
Dal 1981 al 1990 lavora insieme a Iben Nagel Rasmussen nel Gruppo Farfa e poi all’Odin Teatret come autore, regista e attore. Nel 1991, fonda in Bolivia il Teatro de los Andes. Con questo gruppo ha creato spettacoli che partono dalla storia o dai classici, ma calati profondamente nell’attualità: una serie di lavori esemplari destinati a girare il mondo (Romeo e Giulietta, Ubu in Bolivia, Solo gli ingenui muoiono d’amore, Dentro un sole giallo, Fragile, Otra vez Marcelo… l’Iliade, Odissea).
Cesar Brie vive in Italia e lavora come pedagogo e come autore/attore/regista. Il suo lavoro è stato raccolto in 4 libri:César Brie e il Teatro de los Andes, della UBU LIBRI) e Dentro un Sole Giallo, IL Cielo degli Altri e L’Iliade del Teatro de los Andes, editi da Titivillus, per la cura di Fernando Marchiori. E due documentari: Dalle Ande agli Appennini di Giancarlo Gentilucci e La Hacienda del Teatro di Reinhardt Manz.