«Il Teatro non è il paese della realtà: ci sono alberi di cartone, di tela, un cielo di cartapesta, diamanti di vetro, oro di carta stagnola il rosso sulla guancia, un sole che esce da sotto la terra. Ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco».
Victor Hugo
Ritratto di una gioventù disorientata in “Due Fratelli” di Fausto Paravidino (premio Pier Vittorio Tondelli – Riccione Teatro 1999 e Premio Ubu 2001 per la miglior novità italiana) nella mise en scène de L’Effimero Meraviglioso con la regia di Maria Assunta Calvisi, in prima nazionale domenica 28 novembre alle 19 al Teatro Civico di Sinnai (in replica il 29 e 30 novembre e dal 2 al 4 dicembre alle 21) per la Stagione Teatrale 2021-2022 “Il Paese del Vero”. Sotto i riflettori Noemi Medas, Federico Giaime Nonnis e Leonardo Tomasi danno vita a uno strano “triangolo” da cui emerge lo stretto e quasi simbiotico rapporto dei due protagonisti, complicato dalla presenza di una donna, dall’enigmatico passato, che suscita rivalità e contrasti.
Segreti e bugie, “lettere” alla famiglia lontana, fughe e ritorni affiorano in una scrittura ellittica fatta di brevi conversazioni, che mettono a nudo tensioni e ambivalenze tra affetto e amicizia, gelosia, rispetto e bisogno di protezione: diario di una convivenza, attraverso ventitré brevi sequenze che raccontano cinquantatré giorni, in una cronaca attenta e ben calibrata sui meccanismi, spesso “perversi”, della “normalità” nella vita quotidiana.
Una “tragedia da camera” immersa in una atmosfera claustrofobica, che fotografa il malessere di una generazione smarrita e priva di ideali e prospettive: l’azione si svolge nella cucina di un appartamento in una città, dove i due fratelli Boris e Lev e la loro coinquilina Erica vivono, o meglio si lasciano vivere, in un tempo sospeso, tra i riti del quotidiano e le questioni domestiche, in una sorta di stato di quiete attraversato da tensioni sotterranee, quasi preludio di una catastrofe.
Dialoghi serrati su temi come l’amore e il disamore, l’odio e la violenza, l’ordine e il disordine, i diritti e i doveri, fanno emergere segrete pulsioni, insieme alla consapevolezza che i tre stiano come sull’orlo di un baratro, che dietro quella calma apparente quei giovani cinici e disincantati, con la loro nonchalance, siano davvero capaci di tutto.
“Due Fratelli” racconta una storia, vera o inventata, sulla perdita di significato dei valori e della famiglia tradizionale, dove paradossalmente i legami di sangue assumono un ruolo preponderante nel definire lo spazio e i confini delle relazioni: la lontananza dai genitori e dalla sorella, cui indirizzano missive piene di particolari fittizi, rassicuranti quanto ingannevoli, la mancanza di impegni di studio o di lavoro, mantiene i due ragazzi quasi fuori dalla realtà. La casa in cui abitano è una sorta di porto sicuro rispetto al caos del mondo esterno e la presenza di Erica diventa un elemento conturbante oltre che disturbante, in quel microcosmo, suscita un’altalena di sentimenti contrastanti, stravolge gli equilibri, provoca inattese fratture e ansie di fuga.
In un meccanismo grottesco e quasi pinteriano si assiste ad una sorta di ribaltamento, assenze e presenze si compensano, ma la figura femminile, con il suo vissuto, il suo temperamento indipendente e insofferente alle regole, la sua libertà, infrange quel cerchio magico in cui i due fratelli potevano trovare rifugio, nel disperato per quanto inconsapevole tentativo di non diventare adulti. Sul filo delle suspense Fausto Paravidino pone i suoi personaggi di fronte a delle scelte ardue ma decisive, inserisce in quella parvenza di normalità il seme di una ipotetica follia, ricostruisce in quell’idea di famiglia, condensata in quel nucleo disperso e sradicato, proiettato nell’anonimato di una moderna città, insieme alla solidarietà e alla comprensione, l’ombra di un sentimento possessivo e esclusivo, un nodo difficile da sciogliere.
Sullo sfondo della vicenda emblematica dei “Due Fratelli”, sintesi estrema di una confusione comune in una gioventù improvvisamente costretta a badare a se stessa, sottratta allo sguardo vigile per quanto affettuoso dei genitori e della comunità di appartenenza, apparentemente padrona del tempo e obbligata a fissare regole e calendari da rispettare, vittima in questo caso di una sorta di involuzione, quasi una regressione nell’infanzia.
Boris e Lev appaiono come due “cuccioli” con una sorta di primitiva innocenza, o incoscienza, che li pone al di là del bene e del male: i loro piccoli sotterfugi, il tentativo di nascondere il loro fallimento, la loro inanità e inadeguatezza a chi probabilmente ancora provvede al loro sostentamento, confidando nel loro talento e nella loro intelligenza suscitano insieme fastidio e commiserazione. La volontà di non tradire le aspettative di chi nutre sogni e speranze, nella certezza di una loro felice riuscita nella vita, non basta a sottrarli al limbo; come se smarrita “la diritta via” essi non riuscissero più a reinserirsi nel mondo, continuassero a rimanere nella dimensione allucinata di un sogno, limitandosi a sbrigare le faccende di casa, a occuparsi della spesa e delle pulizie, della preparazione dei pasti, accudendosi l’un l’altro, imprigionati in un eterno presente, senza un pensiero al futuro.
Erica come una novella Lilith possiede la forza catartica di sottrarli a quell’incantamento, è la creatura eretica, lo spirito libero e non addomesticabile: una donna pensante che sembra interrogarsi, senza preoccuparsi troppo di ferire o destabilizzare gli altri, sui propri sentimenti e desideri, concentrata sul suo universo interiore, si muove in quel microcosmo vuoto di emozioni con la disinvoltura di una fiera metropolitana e una certa curiosità. In un’anima femminile e ribelle, ma anche intransigente è il segreto di una rivoluzione, o l’origine di una reazione. Imprevedibile.
“Due Fratelli” descrive il dramma di una gioventù perduta, dopo il miraggio della rinascita e la parentesi del boom economico: figli del benessere, privi di speranze e di illusioni i protagonisti trascorrono le loro giornate in una spaventosa immobilità, quasi un presagio di morte, tra sottili inquietudini e una infantile crudeltà, in un microcosmo privo di passioni, dove non esiste empatia né pietà.
L’autore Tra i più interessanti artisti della scena italiana contemporanea, attore, drammaturgo e regista Fausto Paravidino ha all’attivo un’intensa carriera fra il palcoscenico e il grande schermo. Autore di varie pièces teatrali rappresentate con successo da lui stesso e da altri registi in Italia e all’estero, ha ottenuto importanti riconoscimenti come il Premio Tondelli – Riccione Teatro 199 e il Premio Ubu 2001 per “Due Fratelli”. Tra i titoli “Natura Morta in un Fosso”, “La Malattia della Famiglia M”, “Peanuts”, “Genova 01”, “Morbid”, “Exit”, “Il Diario di Mariapia” e “I Vicini”. Ha collaborato con il Royal Court Theatre di Londra, il National Theatre, la Comèdie Française e in Italia in particolare con il Teatro Stabile di Bolzano.
Ha scritto e diretto il film “Texas” (2005), presentato alla Mostra del Cinema di Venezia. Il suo teatro, edito da Ubulibri, è appena stato ripubblicato da Einaudi in Italia e in Francia da l’Arche. I suoi ultimi lavori sono “Il Macello di Giobbe”, per il Teatro Valle Occupato, “La Ballata di Johnny e Gill”, per il Théâtre Liberté di Toulon assieme ad altri teatri, “Il Senso della Vita di Emma”, per il Teatro Stabile di Bolzano.
Ha insegnato recitazione in varie scuole in Francia (tra cui il Conservatorie) e in Italia alla scuole di recitazione del Piccolo Teatro di Milano e del Teatro Stabile di Torino. Ha coordinato i progetti di ricerca sulla scrittura teatrale “Crisi” per il Teatro Valle Occupato e “Playstorm” per lo Stabile di Torino. È presidente della giuria del Premio Riccione per il teatro. Traduce teatro dal Francese e dall’Inglese. È Dramaturg presso il Teatro Stabile di Torino / Teatro Nazionale.
Oltre a “Texas”, da lui diretto, ha preso parte come attore a numerose produzioni tra cui, per la televisione italiana “San Francesco”, “L’Ultima Pallottola”, “Cefalonia”, “Romanzo Criminale”, “Moana” per il cinema, “Vuoti a perdere”, “La Via degli Angeli”, “Il Partigiano Johnny”, “La signorina Effe”, “Amore che vieni amore che vai”.
IN SCENARiflettori puntati STASERA – venerdì 26 novembre alle 21 su Gaia De Laurentiis, Gino Auriuso e Riccardo Bàrbera, protagonisti di “S/coppia – d/istruzioni per l’uso” (Artenova) per un’indagine divertita e divertente sulle origini e i destini (incerti) della forma più misteriosa, potente, instabile e duratura di rapporto umano: la coppia. Sul palcoscenico si analizzano le relazioni sentimentali, le unioni civili o incivili, i triangoli o meglio i poligoni, le intermittenze del cuore e le regole dell’attrazione, soffermandosi su temi come la fedeltà e l’infedeltà, per riscoprire in tutte le sue varianti, semplici o poligamiche, la forma-coppia in una trasvolata lungo i secoli, dalle basi biologiche e animali fino alle nuove declinazioni nell’era della realtà virtuale. Tra echi letterari, dal “Decameron” di Giovanni Boccaccio a “Il diario di Eva” di Mark Twain, fino alle opere di Pirandello e Svevo, storie di coppie celebri come George Sand e Fryderyk Chopin e sketches radiofonici e televisivi.
I PROSSIMI APPUNTAMENTI
La Stagione Teatrale 2021-2022 “Il Paese del Vero” organizzata da L’Effimero Meraviglioso al Teatro Civico di Sinnai – con la direzione artistica di Maria Assunta Calvisi prosegue fino al 20 marzo tra prosa, musica, danza e nouveau cirque tra opere barocche e pièces di autori contemporanei, trasposizioni letterarie e coreografie originali per un vivido affresco della società.
Tra i protagonisti Gaia De Laurentiis con Gino Auriuso e Riccardo Barbera, l’attore e regista Fabrizio Coniglio, l’attrice e conduttrice Federica Cifola, Carla Baffi e ancora gli attori Valentina Valsania, Roberto Turchetta, Laura Nardi e Luchino Giordana, Elena Pau, Carla Orrù con Fabrizio Congia, Marco Secchi e Andrea Vargiu, Anna Lisa Mameli, Eleonora Giua e Marta Proietti Orzella con l’ensemble OfficinAcustica, Stefano Ledda, Virginia Viviano e il Teatro Circo Maccus, la Compagnia Teatro Sassari diretta da Mario Lubino, giovani talenti dell’Isola come Noemi Medas, Federico Giaime Nonnis e Leonardo Tomasi. Il fascino del teatro d’opera con i soprani Federica Cubeddu e Alice Madeddu, il basso Manuel Cossu e il cembalista Fabrizio Marchionni, con l’ensemble strumentale diretto da Giacomo Medas (Incontri Musicali) e suggestive geometrie di corpi in movimento con i danzatori della compagnia americana Alessandra Corona Performing Works.
L’Effimero Meraviglioso celebra i suoi (primi) trent’anni di storia con una Stagione Teatrale che tocca differenti registri, tra ironia e dramma, per affrontare temi attuali e importanti, raccontare storie vere o inventate, offrire divertimento e emozioni attraverso la potenza espressiva del teatro – “Il Paese del Vero” secondo la definizione di Victor Hugo scelta come titolo e tema di questa edizione – con interessanti spunti di riflessione sul presente e il futuro. Focus sulla nuova drammaturgia con autori come Giuseppe Manfridi, Laura Wade, Fausto Paravidino, lo scrittore Salvatore Niffoi accanto alle note incantevoli – e maliziose – degli Intermezzi settecenteschi del compositore Giovanni Battista Pergolesi e alle produzioni originali di compagnie sarde e d’oltre Tirreno (e perfino d’oltre oceano) su alcuni dei nodi crociali della contemporaneità.
Ironia in scena domenica 12 dicembre alle 19 con “La Sorpresa” di Cosimo Filigheddu nella versione della Compagnia Teatro Sassari con la regia di Mario Lubino, anche protagonista insieme con Alessandra Spiga, Michelangelo Ghisu, Sabrina Commissario, Paolo Colorito e Pasquale Poddighe: una commedia brillante e ricca di colpi di scena in cui l’inatteso ritorno a casa di un uomo d’affari mette in subbuglio l’intera famiglia. A dieci anni dalla sua misteriosa scomparsa durante un viaggio di lavoro in Africa, presumibilmente rapito da una tribù locale, Lullo si annuncia con una telefonata prima di presentarsi a casa, dove sono avvenuti molti cambiamenti: la “vedova” ha trovato forse consolazione dopo la “perdita”, la figlia ha intrapreso una carriera molto particolare e il figlio ha avuto un’esistenza alquanto disordinata; ma anche il capofamiglia in fondo ha in serbo qualche rivelazione, o “confessione”, forse non meno sconvolgente, per i suoi cari.
Si ispira all’omonimo romanzo di Salvatore Niffoi (Premio Campiello 2006) “La vedova scalza” di Theandric Teatro nonviolento con Carla Orrù, Fabrizio Congia, Marco Secchi e Andrea Vargiu per la regia di Maria Virginia Siriu – in programma sabato 18 dicembre alle 21: la pièce, impreziosita dalle musiche dei Menhir e le evocative e enigmatiche maschere, racconta la storia di Mintonia, vittima di un tragico destino, nella Sardegna degli Anni Trenta. Una donna ribelle alle convenzioni e alle regole della società patriarcale, che sceglie di sposare l’uomo che ama e dopo il suo assassinio immagina una vendetta non meno feroce: una moderna eroina, coraggiosa se non temeraria, capace di sfidare il giudizio altrui, pronta a lottare per ciò in cui crede, che finisce quasi suo malgrado per spezzare il cerchio di morte e interrompere la spirale d’odio della faida, per riconciliare due universi opposti attraverso la forza salvifica dell’amore.
Il fascino del nouveau cirque giovedì 6 gennaio alle 19 con il travolgente “Circus Maccus Show!” diretto e interpretato dall’attrice e regista Virginia Viviano, fondatrice della compagnia Teatro Circo Maccus, insieme con i performers Susanna Defraia, Cristina Coltelli, Andrés Gutiérrez, Luca Massidda, Sara Perra e Gianluca Tronci per un avvincente viaggio sotto il tendone, tra fantastiche visioni, ironia e poesia. «“Circus Maccus Show!” è un varietà circense con numeri e attrazioni divertenti, spettacolari e magici, per una rivisitazione del circo tradizionale in chiave comica con un tocco di glamour e romanticismo» – spiega Virginia Viviano -. «Gli artisti si alternano nei ruoli “classici”, dal domatore di pulci alla ballerina sul filo, dal lanciatore di coltelli all’uomo cannone, dai giocolieri del fuoco ai pagliacci burloni, dalle acrobate dell’aria alle contorsioniste, con piccoli inserti di metateatro che lasciano intravedere le vite reali degli artisti, fuori dal palco, prima del gran finale».
Arie e duetti d’opera venerdì 14 gennaio alle 21 con “La Contadina Astuta” di Giovan Battista Pergolesi (1710-1736) proposta da Incontri Musicali con Federica Cubeddu (soprano) e Manuel Cossu (basso), Alice Ruggeri e Davide Pillai (mimi), Fabrizio Marchionni (cembalo) e l’orchestra diretta dal maestro Giacomo Medas, per un raffinato divertissement teatral musicale con la regia di Senio Giovanni Barbaro Dattena. L’Intermezzo su libretto di Tommaso Mariani, eseguito per la prima volta nel 1734 a Napoli, tra gli atti dell'”Adriano in Siria”, è ricco di spunti comici e travestimenti e sposa canto e pantomima: la vicenda è incentrata sulle maldestre imprese di Tracollo che, da pessimo ladro qual è, tenta invano di imbrogliare Livietta. Egli si presenta sotto falsa identità, travestito dapprima da “polacca” e quindi da astrologo, ma viene puntualmente smascherato dall’intelligente e arguta fanciulla, tra ritmi vivaci che sottolineano il tono farsesco.
Invito all’opera anche sabato 15 gennaio alle 21 con “La Serva Padrona”, il più celebre Intermezzo buffo di Giovan Battista Pergolesi su libretto di Gennaro Antonio Federico, nella versione di Incontri Musicali con Alice Madeddu (soprano) e Manuel Cossu (basso), Ivano Cugia (mimo) che firma anche la regia, sulle note di Fabrizio Marchionni al cembalo e dell’ensemble diretto da Giacomo Medas, in cui l’ambiziosa protagonista riesce a realizzare il suo sogno. Spazio alle famose arie di Uberto (“Aspettare e non venire” e “Sempre in contrasti”, e infine “Son imbrogliato io già”) e di Serpina (“Stizzoso, mio stizzoso” e “A Serpina penserete”) e ai brillanti duetti, “Lo conosco a quegli occhietti” e il finale “Contento tu sarai”, che si alternano ai recitativi, tra i continui battibecchi tra il signore e la cameriera impertinente e autoritaria, di cui egli vorrebbe, a suo dire, liberarsi e che finirà invece per sposare, segnando un trionfo dell’astuzia femminile.
Uno sguardo sul teatro contemporaneo d’oltre Manica domenica 30 gennaio alle 19 con “Home, I’m Darling” della drammaturga britannica Laura Wade (testo vincitore del Laurence Olivier Award 2019), nella traduzione di Andrea Peghinelli, con Valentina Valsania, Roberto Turchetta, Laura Nardi e Luchino Giordana (che firma anche la regia insieme con Ester Tatangelo) e con Elena Callegari e Roberta Mattei (compagnia PupiLunari / produzione Hermit Crab – spettacolo organizzato in collaborazione con CeDAC): quasi una moderna “favola” per un affresco di varia umanità. Una giovane coppia sceglie di adottare uno stile di vita vagamente Anni Cinquanta, quindi lei rinuncia alla sua carriera per trasformarsi in dolce mogliettina, un angelo del focolare, mentre lui continua ad andare al lavoro: un anacronistico per quanto idilliaco train de vie, visto con diffidenza da amici e parenti, che finirà per infrangersi come un sogno ad occhi aperti di fronte alla dura realtà e finalmente la protagonista, Judy, si ritroverà in solitudine, costretta a fare i conti con se stessa.
Storia di una metamorfosi sabato 5 febbraio alle 21 con “Carla o dell’essere se stessi” dei Barbariciridicoli, scritto insieme con Tino Belloni (che firma anche la regia) e interpretato da Carla Baffi: una pièce autobiografica, che in cui la protagonista si racconta, dagli anni vissuti come Enzo Giagoni, ormai ex poliziotto con trent’anni di servizio alle spalle, alla tragedia della morte della compagna Patrizia e della figlia Morgana, di appena due anni, travolte dalla furia del ciclone Cleopatra, alla difficile rinascita. La scoperta della propria femminilità, la decisione di tenere nascosta la propria vera natura e le proprie inclinazioni per non ferire le persone care, per non suscitare sconcerto e imbarazzo, per non stravolgere la propria e le altrui esistenze; poi un dolore terribile, un dramma inenarrabile, il tentativo di sopravvivere e infine la scelta di mettere a nudo la propria anima. Carla Baffi è una donna transgender, finalmente se stessa, che ha deciso di raccontare la propria vicenda, di confrontarsi con la sua vera identità.
Focus sul tema delicato e complesso della maternità alle soglie del terzo millennio sabato 19 febbraio alle 21 con “Mamma…zzo e ritorno” di e con l’attrice e conduttrice radiofonica Federica Cifola, per la regia di Marco Terenzi (produzione MenteComica): uno scoppiettante one woman show in cui l’artista racconta l’esperienza della nascita ma il prendersi cura di una creatura attraverso le molteplici voci di donne come Rossella, mamma di Cecilia, costantemente impegnata a controllare le notifiche su whatsapp e Stefania, madre di Lorenzo, alle prese con il dilemma del “cosa avrà mangiato il mio bambino a pranzo?”. Tra inserti video e divertenti sketches anche note satiriche, come l’apparizione della giornalista Barbara Palombelli, divenuta conduttrice di «Chi l’ha visto», che lancia un appello per la scomparsa del piccolo Pd oltre alle riflessioni sul ruolo e la condizione femminile e sulle difficoltà di deve crescere un figlio conciliando lavoro e impegni familiari: davvero un’impresa da moderne “funambole” dell’esistenza.
La vita “esplosa” di un giocatore di videopoker domenica 27 febbraio alle 19 con “GAP / Gioco d’Azzardo Patologico – rovinarsi è un gioco” del Teatro del Segno: lo spettacolo scritto diretto e interpretato da Stefano Ledda «nasce dall’intenzione di mettere una lente di ingrandimento sul fenomeno del gioco d’azzardo tecnologico, mostrando come il “passatempo innocuo” del videopoker possa diventare con facilità dipendenza patologica “sulla pelle della percentuale difettosa”». Una discesa agli inferi per il protagonista, che vittima suo malgrado del demone del gioco, rimane imprigionato in una tragica spirale, in cui il brivido del rischio lascia il posto alla necessità, quasi un’ossessione di “dover giocare”, secondo il meccanismo perverso che obbliga a “rilanciare”, con una posta sempre più alta, fino a indebitarsi, mentire a se stesso e agli altri, finché come un eroe in negativo di un romanzo o di un film, trascina nella sua rovina la sua famiglia e i suoi cari.
Ritorna a Sinnai sabato 5 marzo alle 21 Fabrizio Coniglio con la prima nazionale di “Tutti a casa mia” (Tangram Teatro): «questo mio nuovo spettacolo si nutre di decine di mail ricevute da ragazzi delle scuole medie superiori, da genitori, da nonni e da operatori sanitari durante il terribile momento di lockdown che abbiamo vissuto» racconta l’artista. «È la prima volta che scrivo un monologo, ho infatti sempre privilegiato una drammaturgia a più personaggi, ma trovo necessario farlo proprio per descrivere la sensazione di apparente solitudine che ho vissuto: nella mia condizione, che è stata di molti, di isolamento solitario, ho sentito la necessità di mettermi in contatto con altre vite. Tra le tante testimonianze, ho privilegiato quelle dei giovani: grazie all’aiuto di alcuni insegnanti mi sono arrivate decine di mail, in cui i ragazzi delle scuole medie superiori mi scrivevano le proprie giornate, i propri sogni, le più intime emozioni. Ne è venuto fuori un ritratto collettivo sui sentimenti più viscerali della giovinezza, che è poi il futuro del nostro paese».
La Stagione Teatrale 2021-2022 al Teatro Civico di Sinnai si chiude in bellezza domenica 20 marzo alle 19 nel segno della danza contemporanea con “Labyrinth – Breaking Through the Generational Curse” – nuova produzione firmata Alessandra Corona Performing Works (appuntamento realizzato in collaborazione con il CeDAC). In scena “Labyrinth”, una creazione della danzatrice e coreografa cagliaritana Alessandra Corona, che da diversi anni vive e lavora a New York (per quindici anni prima ballerina del Ballet Hispanico, ha collaborato con l’ASMED / Balletto di Sardegna e con la Compagnia di Renato Greco) e “Breaking Through the Generational Curse” di Maiya Redding. Sotto i riflettori Maria Vittoria Villa, Brian Castillo, Melissa Anderson, Lili Aronoff, Emily Paige Anderson, Andy Santana e Zackary Anderson sulla colonna sonora che accosta le musiche originali di Thomas Lentakis a brani di Philip Glass e Ravi Shakar per un duplice, intrigante racconto per quadri sul filo delle emozioni.
La Stagione Teatrale 2021-2022 “Il Paese del Vero” al Teatro Civico di Sinnai è organizzata da L’Effimero Meraviglioso con la direzione artistica di Maria Assunta Calvisi, con il patrocinio e il sostegno dell’Assessorato alla Cultura e Spettacoli e al Turismo del Comune di Sinnai, dell’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna e del MiC / Ministero della Cultura e in collaborazione con il CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna – e inserito nel progetto Intersezioni / rete di festival senza rete a cura di Fed.It.Art. Sardegna.
Info e prenotazioni
070/765831 – 377/7080898 – [email protected]
www.teatrocivicosinnai – effimeromeraviglioso.it