La compagnia Anfiteatro Sud porta sul palco del Teatro Eliseo di Nuoro due dei suoi spettacoli di maggior successo.
Il primo appuntamento è per giovedì 9 dicembre alle 20.30 con “A quel paese”, una brillante commedia che gioca con diverse situazioni e temi universali come il viaggio, l’amore, la paura ed il coraggio, farcendoci sorridere e riflettere sulle contraddizioni della vita quotidiana. Lo spettacolo, di e con Francesco Civile e Daniel Dwerryhouse, ha già riscosso un discreto successo e riconoscimento della critica teatrale vincendo il premio “La città infinita” e “Spirito Fringe” al Roma Fringe Festival 2020.
Protagonista dello spettacolo Bruno Silenti, un uomo schivo, riservato e abitudinario che vive in una grande e caotica città. Bruno è la tipica persona con cui tutti inventano sempre una scusa per non berci un caffè, insomma non è il massimo dell’esuberanza e della simpatia, tanto che ripete quotidianamente le sue solite attività̀, stando sempre attento ai rischi per paura di esserne scottato.
Nella sua vita le persone più importanti sono la mamma, molto briosa ma decisamente invadente ed ossessiva, ed una ragazza di cui è innamorato ma con la quale non riesce a dichiararsi. A cambiare la vita di Bruno sarà un incontro casuale con Felice Speranza, il nome è tutto un programma, un personaggio socievole, estroverso ed anche un po’ sbadato, praticamente l’opposto di Bruno, ma che ha con lui una cosa in comune: è innamorato e non riesce a dichiararsi.
Nella storia sarà coinvolto anche Sasà, fratello gemello di Felice, da tutti considerato il matto del villaggio. Inizierà̀ così sua tragicomica avventura, alla fine della quale però ciascuno troverà̀ molte più̀ cose di quelle che stava cercando.
Venerdì 10 dicembre, sempre alle 20.30, sul palco del TEN sarà la volta dello spettacolo “S’Accabadora”, che racconta una delle figure più affascinanti e misteriose della tradizione sarda attraverso la regia di Susanna Mameli. La regista, che ha anche curato la drammaturgia, si è liberamente ispirata a “Le serve” di Jean Genet.
In scena Elisa Pistis (Speranzedda – la serva) e Marta Proietti Orzella (Antonia s’accabadora), accompagnate dalle musiche di Paolo Fresu e dalla produzione videomapping e di realtà aumentata di Michele Pusceddu e Francesco Diana.
La storia ha inizio nella tana de s’accabadora, dove la sua serva, mentre sistema e rassetta la stanza, racconta i fatti della padrona. Attraverso il filtro dei pettegolezzi e dell’amore-odio della serva verso la sua padrona, ecco levarsi l’immagine castigata di Antonia, ora come levadora, ora come incantadora e infine Accabàdora (dalla lingua sarda accabare = finire, terminare, dare fine).
Levatrice, donna delle medicine, donna che pone fine alle sofferenze dei moribondi, ma anche figura crepuscolare solitaria, sfuggente e schiva.
Antonia si fa serva e missionaria degli uomini in terra, affaticandosi a fare quello che nessuno vuole o ha il coraggio e la forza di fare: aiutare a nascere e morire. La “serva” e la “padrona” si cavano i peccati dall’anima con crudele affetto, uno ad uno, fino a che la serva rivela il gioco orrendo e chiede la pietà che Antonia ha sempre reso altrove. Ma per Antonia, questa volta, sarà diverso.
In questo lavoro l’autrice Susanna Mameli ha cercato di mettere a fuoco proprio il lato umano e personale di una figura cosi crepuscolare e sfuggente, ma storicamente reale, come quella di “sa femmina Accabadora”. Fautrice tollerata di eutanasia nel passato, nello spettacolo di Anfiteatro Sud l’accabadora diventa un personaggio di straordinaria attualità per i legami con i dilemmi etici del presente.
Lo spettacolo è riuscito a guadagnarsi il consenso della critica arrivando ad essere finalista e vincendo il premio migliore drammaturgia al Roma Fringe festival 2020; finalista al concorso Nuove Sensibilità del Festival Teatro Italia di Napoli e vincitore del premio nazionale di teatro “Lauretta Masiero” per la drammaturgia.
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