Lazzari: “In pandemia è cresciuto il disagio psicologico. Cosa fare”
L’intervista al professor David Lazzari, Presidente del Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi (CNOP), sui disagi psicologici provocati dalla pandemia
In pandemia è infatti cresciuto il disagio psicologico delle persone, con depressione, senso di solitudine, ansia, stress, isolamento e paura. Un problema trasversale che colpisce uomini e donne, anziani e bambini, seppur in misura diversa. Un problema da affrontare con strumenti nuovi come nuovo è l’impatto che può avere una pandemia sulla psiche delle persone.
L’intervista a David Lazzari
Professor Lazzari, come Presidente del Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi, le risulta un aumento delle richieste di aiuto a causa della pandemia di Covid?“Assolutamente sì. Secondo l’indagine recentemente pubblicata da CNOP risulta un aumento del 39% delle richieste di aiuto nell’ultimo anno; quindi, un dato oggettivo rilevante”.
I dati evidenziano un diffuso malessere psicologico tra la popolazione. Possiamo parlare di “allarme psicologico” causato dal coronavirus?
“Il termine esatto è ‘psicopandemia’ e descrive bene la situazione attuale. Come esiste il problema sanitario, esiste altresì un problema psicologico dovuto al Covid che ha aumentato in maniera molto importante il disagio psicologico che già esisteva nella popolazione italiana precedentemente l’avvento della pandemia”.
In percentuale, questo aumento a quanto ammonta?
“Secondo uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) in Italia la depressione è aumentata del 18%.
Secondo l’Ocse, l’aumento delle depressioni è dovuta all’impatto che il Covid ha avuto sull’economia?
“Sì ma non solo. Le ricadute economiche con la pandemia sono state pesanti. Quando, come Ordine degli Psicologi abbiamo prodotto lo ‘stressometro‘ – che misura il livello di stress negli italiani – tra le cause principali dello stress, il lavoro e i problemi economici erano al primo posto tra le risposte ricevute. Ma non erano le uniche”.
Quali altri fattori – oltre a quelli economici – hanno procurato stress nella popolazione?
“Hanno procurato molto stress i cambiamenti di vita che la pandemia ha portato nella quotidianità delle persone: dal lockdown allo smartworking, dalla dad alle restrizioni varie. Un secondo elemento di stress è legato alla paura di prendere la malattia, dunque alle preoccupazioni per la propria e altrui salute. Tutti questi elementi sono presenti insieme in misure diverse a seconda delle persone. Inoltre, l’Ocse ricorda che la depressione innesca tutta una serie di problematiche complesse: il disagio psicologico non impatta solo sulla psiche del singolo, ma anche sulla società e sull’economia”.
In che maniera il disagio psicologico impatta sulla società?
“Per esempio, con l’aumento dell’assenteismo sul lavoro. La depressione, così come la paura di contrarre il virus, è una delle principali cause delle assenze sul lavoro. Sempre lo studio Ocse evidenzia come in media le persone siano assenti dal lavoro per 18 giorni all’anno per problemi legati ad ansia e depressione. In questo senso, il disagio psicologico ha un impatto importante anche sulla società e sull’economia”.
Quale professione ha subito il maggior livello di stress in pandemia?
“Coloro che lavorano in ambito sanitario. Tra questi, il problema più diffuso è lo stress e il burn out che ha raggiunto livelli importanti: si calcola che almeno un terzo degli operatori sanitari in Italia abbiano sofferto e stiano soffrendo di stress o peggio di burn out, vale a dire di esaurimento sul piano emotivo, fisico e mentale”.
Quali sono le categorie (uomini/donne, anziani/giovani) che maggiormente hanno chiesto aiuto e perché?
“Sono le donne e i più giovani. Nello specifico: in maniera più rilevante nella popolazione femminile; in seconda istanza, nella popolazione più giovane: nei minorenni (under 18) e nella fascia 18 – 30 anni”.
Per quali motivi le donne?
“In tutti gli studi le donne hanno un indice di disagio psicologico superiore agli uomini. Questo, viene imputato a due cause. La prima: le donne tendono a manifestare più degli uomini il proprio disagio e vissuto interiore. La seconda causa è legata probabilmente al fatto che le donne hanno un impegno plurimo nella società, avendo sia il ruolo di lavoratrici, sia quello familiare di gestione della casa e dei figli. Ciò crea una pressione che pesa in particolare sulla popolazione femminile”.
E i giovani? Il dato sembra sorprendente: ci si aspetterebbe un maggior timore del Covid da parte degli anziani…
“Sì, i giovani stanno vivendo con forte stress questo periodo pandemico. La pandemia ha come cancellato la visione del futuro dei ragazzi e quindi vivono questa fase con grande disorientamento legato anche alla DAD e all’assenza della scuola in presenza. Il disagio dei giovani comunque viene da lontano: sono una quindicina d’anni che si registra un sempre maggior disagio giovanile; in pandemia questi dati sono schizzati in alto, la situazione è fortemente peggiorata. Unicef, nel rapporto ‘La Condizione dell’infanzia nel mondo – Nella mia mente: promuovere, tutelare e sostenere la salute mentale dei bambini e dei giovani’ ha calcolato che più di un minore su 3 vive un disagio psicologico. E un adolescente su 7 tra i 10 e i 19 anni convive con un disturbo mentale diagnosticato. L’ansia e la depressione rappresentano il 40% dei disturbi mentali diagnosticati”.
Una percentuale molto alta. Quali risposte?
“Una presenza così forte di ragazzi con un disagio psicologico richiede risposte forti. A cominciare dalla scuola, come il poter disporre di competenze professionali all’interno degli istituti. In merito, come Ordine, abbiamo stilato un Protocollo per la consulenza psicologica nelle scuole”.
Che peso ha avuto la pandemia sui più piccoli?
“La pandemia è stata pesante anche per loro. Diversamente dai giovani, il disagio nei bambini è molto legato all’ambito familiare. I bimbi assorbono le paure e le ansie dei genitori. Per cui oggi assistiamo a una situazione importante di disagio anche nei soggetti più piccoli. Anche in questo caso, disporre di competenze psicologiche nelle scuole sarebbe un elemento importante di primo ascolto, di prevenzione e di applicazione di risorse psicologiche di supporto a bambini e ragazzi per affrontare le ansie e le paure legate al Covid”.
Come può un genitore riconoscere i segnali di disagio psicologico nei figli?
“I segnali possono essere molti ma non è facile per un genitore riconoscerli. E’ però sempre utile avere un dialogo e un confronto costante con i figli, sia bambini che ragazzi. Questo è un modo per creare un clima in cui, se ci sono problemi, possono emergere facilmente. Un altro consiglio, se i genitori notano dei disagi significativi, è quello chiedere aiuto ad un esperto, per affrontare al meglio il problema e senza forme di colpevolizzazione o di patologizzazione. E’ importante dire, infatti, che non si deve confondere il disagio con una patologia. Non sono necessariamente la stessa cosa”.
Cosa è il “bonus psicologo”?
“In pandemia è cresciuto il disagio psicologico delle persone, con depressione, senso di solitudine, ansia o paura di ammalarsi. Il ‘bonus psicologo’ è un provvedimento molto importante in questa fase, dopo quasi due anni di pandemia, per dare una risposta concreta al disagio psicologico così diffuso. Il bonus consente alle famiglie che non possono permettersi un consulto privato – perché hanno redditi bassi – di poter accedere in modo facile a un supporto psicologico. Nello specifico, senatrici di diversi schieramenti hanno presentato un emendamento per prevedere, all’interno della legge di bilancio, 50 milioni di euro per permettere a chi ne ha bisogno di chiedere aiuto ad un professionista. Se il bonus dovesse essere approvato così come scritto nell’emendamento, conterebbe due forme di supporto economico: un bonus avviamento, con 15 milioni di euro di finanziamento, e un bonus sostegno, con una dotazione finanziaria di 35 milioni di euro. Se tutto andrà bene, il ‘bonus psicologo’ potrebbe essere approvato entro fine dicembre”.
Le feste natalizie possono essere un momento di incontro ma anche di preoccupazioni e lontananza, specie se l’Italia dovesse chiudere ancora. Come viverle al meglio?
“Il periodo natalizio ha una valenza di tipo sia spirituale sia umano. E’ un momento in cui le famiglie e le persone care si ritrovano. L’elemento umano è quello consumistico, ed è giusto essere prudenti e proteggersi. Ciò che davvero conta è mantenere i rapporti con le persone che amiamo durante le festività. Non necessariamente in presenza. Il Covid ci ha insegnato che si può rimanere vicini, essere presenti, anche stando fisicamente lontani grazie alla tecnologia: grazie al telefono, a internet, alle videochiamate etc. La condivisione è importante indipendentemente dal mezzo che usiamo. Prima pensavamo che la vicinanza affettiva dovesse essere anche fisica. In questi due anni abbiamo capito che ci può essere una vicinanza affettiva senza quella fisica. Dinanzi al secondo Natale col Covid, credo sia sempre più importante puntare allo stare insieme e alla condivisione spirituale e col cuore, grazie – se dovesse servire – anche ai moderni mezzi di comunicazione che ci aiutano a non restare isolati”.
Vuole concludere con un suo pensiero?
“Sì. Voglio rivolgere un appello importante alle istituzioni: non dimenticatevi del disagio psicologico della popolazione! Non sottovalutate questo problema prodotto dal Covid. Le persone che hanno disagi psicologici prodotti dalla pandemia sono milioni. Non li vediamo perché non vanno in piazza a protestare, perché questo è un dolore silente. Il Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi dà voce a questa sofferenza nascosta così diffusa nel Paese. Per questo chiedo al Governo e alle Istituzioni che questo Natale le esigenze di tanti italiani non vengano dimenticate!”.
Milena Castiglioni
Fonte: www.interris.it