Celebrare la nascita del Partito Comunista non è una vuota ricorrenza, ma è un momento importante della battaglia politica per la sua ricostruzione. Richiamarsi alla sua fondazione significa difendere le radici teoriche che stanno alla base del pensiero rivoluzionario, una necessità oggi più che mai imprescindibile di fronte alla fase di dispersione e sbandamento ideologico della classe e dei comunisti.
La scissione dal PSI, infatti, mise nero su bianco dei principi basilari, che la società capitalista non si può riformare, tanto meno si può attendere l’“ora X” in cui il proletariato sarà pronto per essere guidato alla rivoluzione. Queste sono posizioni contro cui si coagulò la frazione comunista: riformismo parlamentare e massimalismo parolaio.
Il PSI era caratterizzato da un gruppo dirigente che si nascondeva dietro roboanti annunci sull’insurrezione proletaria, ma senza alcuna reale volontà di assumerne la direzione.
Questo, quanto emerso dal ciclo straordinario delle lotte del Bienno Rosso (1919-1920), quando mancò la guida alla classe per la presa del potere. Fu questa esperienza che spinse i rivoluzionari ad avere coscienza della necessità di formare un partito autenticamente bolscevico in opposizione a ogni forma di opportunismo.
Tale profondità di visione 101 anni fa fece uscire i comunisti dal Teatro Goldoni, dove era in corso il XVII congresso del PSI, e spostarsi al Teatro San Marco, per fondare il Partito Comunista d’Italia al canto dell’Internazionale.
Ma non si deve guardare solo al passato, ricordare il PCd’I non può divenire una rituale celebrazione. Bisogna far tesoro degli insegnamenti che ha tramandato, fare un bilancio definito dell’esperienza, capaci di guardare al presente, all’epoca della sconfitta, seppur temporanea, del socialismo.
Oggi giorno il capitalismo produce sempre più sfruttamento, rapina, sopraffazione, devastazione ambientale. Le disuguaglianze sociali si acuiscono, come è emerso nelle recenti crisi economiche, sociali e sanitarie. La competizione tra imperialismi spinge alla militarizzazione crescente, venti di guerra si fanno sempre più forti, mentre l’estrazione di materie prime e nuove forme di colonizzazione si intensificano.
Di fronte a questo scenario è fondata l’esigenza di rovesciare il sistema capitalistico, ma è una prospettiva faticosa da recuperare. Questa è la sfida che impone il nostro tempo, in cui calarsi.
L’avanguardia politica del proletariato non potrà nascere per scissione, come avvenne nel 1921. Come Unione di lotta riteniamo che bisogna assumere 101 anni di storia, collegarsi allo spirito e alla coerenza che vi hanno dato vita, intraprendendo un paziente, laborioso e metodico, processo di ricomposizione politica dei comunisti, in grado di orientare gli organismi o i singoli, coscienti che il Partito non lo si inventa dall’oggi al domani, non lo si autoproclama, anzi dovrà essere il punto di arrivo di un percorso, attraverso la costituzione di un’Organizzazione intermedia capace di assolvere questo compito storico.
Vi è un unico modo per uscire dalla barbarie capitalistica: con la forza e la volontà degli operai coscienti e organizzati; potrà così nascere una nuova fase di sviluppo della lotta rivoluzionaria per l’emancipazione del proletariato e la costruzione di una società libera dallo sfruttamento e dall’oppressione.
Unione di lotta per il Partito comunista
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