La sua musica inebria e travolge di emozioni il pubblico presente in qualsiasi teatro del mondo dove lei si esibisce con il suo violino. Eppure, da bambina sognava di diventare ballerina. È stato il papà, suonatore dello stesso strumento, a determinare la scelta del suo percorso di vita.
Oggi, Anna Tifu è considerata dalla critica internazionale tra le interpreti più apprezzate della sua generazione. Un talento naturale che impressiona in particolar modo per la maturità del suono, la capacità d’intendimento e la velocità d’apprendimento che sono, a detta degli intenditori, assolutamente al di fuori dell’ordinario.
Nata a Cagliari il 1° gennaio 1986, di mamma sarda, ha iniziato lo studio del violino all’età di sei anni sotto la guida del padre Mircea di origine rumena, già violinista nell’orchestra del Teatro Lirico di Cagliari e ha iniziato a suonare il violino in pubblico a 8 anni con il maestro Salvatore Accardo che l’ha sempre definita “una dei talenti più straordinari che mi sia mai capitato di incontrare” seguendola anche all’Accademia ‘Walter Stauffer’ di Cremona e all’Accademia Chigiana di Siena.
“Papà mi ha messo il primo violino in mano, da Accardo ho studiato per dieci anni dagli 8 ai 18 e ho appreso tutto il repertorio violinistico, è un insegnante che mi ha preparata a stare sul palco e a gestire l’ansia da palcoscenico. Ma un pensiero lo voglio dedicare anche a Ezio Bosso: con lui si è sviluppato un profondo rapporto umano, prima di ogni concerto mi diceva andiamo a divertirci, una gioia unica e speciale condividere il palco con lui.”
Impossibile citare tutte le prestigiose accademie internazionali in cui si è perfezionata e ancor meno i numerosissimi concorsi in cui ha primeggiato. Ma ci proviamo a rammentarne alcuni: dopo essersi aggiudicata, nel 1994, il primo premio alla Rassegna di Vittorio Veneto, con la menzione speciale di merito, nel 1996 vince il Concorso indetto dalla Società Umanitaria di Milano, con menzione speciale della giuria e, nel 1997, il premio per la più giovane vincitrice e quello per la migliore esecuzione di Bach al Concorso Internazionale di Kloster Schöntal (Germania).
A undici anni debutta come solista dell’Orchestra National des Pays de la Loire per una serie di concerti in Francia. Successivamente viene invitata al X Festival Internazionale ‘Wolfgang Amadeus Mozart’ a Rovereto in qualità di solista dell’Orchestra Sinfonica ‘Haydn’ di Bolzano e Trento, e si esibisce al Festival Internazionale ‘Gustav Mahler’. Nello stesso anno, al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma, vince con menzione speciale il concorso indetto dalla SIAE per i migliori allievi dei Conservatori italiani.
Considerata da tutti un ‘enfant prodige’, per la tecnica straordinaria e il fraseggio da vera musicista, nel 1998, a dodici anni, debutta al Teatro alla Scala di Milano con l’esecuzione del Concerto n. 1 di Max Bruch. Nel 2000, a 14 anni, vince il primo premio al Concorso Internazionale ‘Viotti-Valsesia’ e il primo premio al Concorso Internazionale per Violinisti ‘Michelangelo Abbado’.
Si diploma all’età di 15 anni al Conservatorio di Musica ‘Giovanni Pierluigi da Palestrina’ di Cagliari con il massimo dei voti, la lode e la menzione speciale. Nel 2002 vince il Premio Internazionale ‘Giovanni Pressenda’ e il Concorso Nazionale di Violino di Carpi, dove le viene attribuito anche il premio per la migliore esecuzione dei ‘Capricci ‘ di Paganini.
La sua stella diventa mondiale quando nel 2007 vinse il prestigioso Concorso ‘George Enescu’ di Bucarest, che lanciò la sua carriera internazionale, e tra i numerosi concerti a cui ha partecipato le piace rammentare “il debutto con Gustavo Dudamel a Caracas, con l’orchestra ‘Simon Bolivar’ nel 2015, e il primo concerto a Santa Cecilia, dove approdai nel 2016 suonando Sostakovic con Jurij Chatuevič Temirkanov sul podio”.
Dichiara una profonda sintonia con Brahms, Cajkowskij e Sibelius, e spiega di avere “una chimera particolare” con il suo violino Stradivari, “divenuto il mio irrinunciabile compagno di vita”.
Notevole il programma della registrazione, assolutamente originale, frutto di una accurata ricerca scientifica, compiuta nelle principali biblioteche musicali storiche europee, per determinare la massima fedeltà possibile alle partiture originali.
L’impegno massiccio e costante che le richiedono le sue prestazioni artistiche non le pesa “perché non ho mai immaginato di fare altro se non questo”.
E, pur avendo l’indole di una ragazza tosta, si definisce “iper-emotiva: ho una paura tremenda del palco, anche se con il tempo ho imparato a gestirla”.
È convinta che la tecnica sia al servizio dell’espressione. “Bisogna comunque essere pazzeschi sul versante tecnico, sennò si rischiano il blocco e l’ansia, che sono ostacoli per la libertà di esprimersi. Persino chi è geniale esige moltissimo studio”.
La bambina che vinceva un concorso dietro l’altro, la ragazza un po’ (giustamente) intimidita nel rilasciare le prime interviste è diventata ormai una donna consapevole oltre del suo grande talento, riconosciuto da tempo dagli esperti, della sua bellezza fuori dal comune.
Mostra una cura per l’immagine che mette in risalto fascino e fisico da copertina. Si potrebbe quasi pensare di essere finiti nel sito di una modella o di un’attrice se non fosse per quel violino che l’accompagna anche nelle foto e ricorda che la sua specialità è la musica.
È una stella che brilla nel firmamento internazionale, con i suoi occhi verdi e i lunghi capelli biondi. “Mi chiedono sempre se il fatto di essere carina aiuta – sottolinea Anna Tifu –, ma la verità è che in questo mestiere non si può imbrogliare. Quando suoni all’orchestra, al direttore, al pubblico non interessa il tuo aspetto fisico”.
Quando dicono che sei la favola della classica sorridi, ti inorgoglisci? “Mi riempie di fierezza, ho fatto tanti sacrifici ed essere ripagata con un simile complimento è un traguardo importante. Lo studio costante ti ripaga. Sono molto pignola ed esigente con me stessa, a volte sono scontenta, ma salgo sul palco con coscienza a posto. Non bisogna mai sentirsi arrivati.”
Qual è il compositore che più ti mette ansia, che è più difficile da affrontare? “Qualsiasi tipo di repertorio mette ansia di responsabilità ma, se devo identificarne uno più difficile, dico Paganini dal punto di vista tecnico-violinistico. Se pensiamo ai ‘Capricci’ e ai ‘Concerti’ per violino le difficoltà sono alte. Sono complicati anche Mozart, Beethoven e Brahms”.
E qual è il tuo preferito? “Beethoven senza dubbio. Fu il primo concerto che ascoltai da bambina eseguito da Uto Ughi. Il Maestro Accardo, quando glielo proposi, mi disse che a dieci anni non ero matura. Quello di Beethoven è concerto straordinario. Fossimo a cena insieme porterei il violino, lo eseguirei e gli chiederei cosa ne pensa di come lo interpreto!”
Anna, che differenza c’è tra un Bergonzi e uno Stradivari? “Il Bergonzi è meraviglioso ma si sente la differenza con lo Stradivari, anche se non tutti suonano allo stesso modo. Il mio è stato creato nel suo periodo migliore, tra il 1715 e il 1716. La forza dello strumento la percepisci nelle grandi sale.”
Quando prepari un brano sei istintiva, intuitiva oppure ti affidi alla razionalità dello studio? “Sono metodica per come studio e per la serietà che ci metto, per l’interpretazione resto intuitiva, mi aiuta ascoltare le esecuzioni di altri violinisti”.
Quale luogo ti ha emozionato di più? “Certamente il Teatro alla Scala di Milano. Ma anche tutte le volte che suono nella mia città, a Cagliari”.
I tuoi concerti, Anna, lasciano il segno su chi ti ascolta. Quale segno lasciano invece su di te? “Dopo ogni concerto mi sento arricchita dall’allargarsi e dal diffondersi della suggestione che si produce intorno a me e che si incarna nella mia esistenza. Dopo ogni spettacolo avverto emozionanti e magiche atmosfere.
Mi sento educata dal pubblico che mi segue con amore; coccolata dall’affetto di molti giovanissimi per i quali mi accorgo di essere un esempio concreto da imitare; altresì mi sento fiera di veicolare la mia sardità nel mondo e testimoniare che il talento si coltiva e si rinnova meglio se accompagnato dalla bellezza dell’ambiente, del clima, dell’amicizia e della famiglia. Il ruolo della mia famiglia nel mio percorso è stato fondamentale.”
Massimiliano Perlato