Appello contro l’alternanza scuola lavoro, contro gli omicidi in alternanza e contro la repressione
Appello delle madri contro l’alternanza scuola lavoroAppello delle Madri contro la repressione – contro l’operazione lince, esprimono dolore e collera alla notizia della morte degli studenti Lorenzo Parelli, di 18 anni, ucciso durante l’alternanza scuola lavoro in un’impresa metalmeccanica in provincia di Udine e Giuseppe Lenoci ucciso durante l’alternanza scuola lavoro a Serra de’ Conti in provincia di Ancona.
Abbiamo visto varie piazze d’Italia percorse da studenti che gridavano la loro sofferenza e rabbia per lo stesso motivo: la morte di un compagno, la denuncia dell’alternanza scuola lavoro, che porta gli studenti alle stesse conseguenze tragiche subite dai lavoratori per la mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro, la richiesta che la politica adotti dei cambiamenti significativi rispetto a tale quadro.
Ma constatiamo che la reazione del governo è stata reiteratamente l’uso del manganello, della violenza e della repressione; la negazione del dialogo e dell’assunzione di responsabilità davanti a fatti di tanta gravità. Usare i manganelli delle forze dell’ordine, come è accaduto a Roma, Milano,Torino, Napoli dove gli studenti sono stati pestati a sangue è ormai l’unica risposta di governo e istituzioni davanti alla protesta legittima dei nostri giovani, accompagnata troppo spesso da denunce e processi degni di un paese incivile e di un potere autoritario e violento.
Alle condizioni di disagio, di impoverimento, di sfruttamento, alla mancanza di prospettive e di lavoro, alla tragica condizione esistenziale di isolamento e colpevolizzazione creata con la pandemia, partiti e sindacati padronali ormai decomposti e governo, da noi ritenuto illegittimo basato sull’alleanza fra forze militari e finanziarie, oppone la brutalità del suo braccio armato e giudiziario.
Al diritto di espressione e contestazione lo stato contrappone l’uso della forza, alla richiesta di motivazioni si oppongono risposte elusive come quella della ministra Lamorgese.
Ricordiamo che l’alternanza scuola lavoro, riproposta in forma edulcorata come PCTO dal primo governo Conte, comporta un carico di ore, particolarmente gravoso negli istituti tecnici e ancor peggio nei professionali, da svolgere per lo più in aziende private a titolo di “formazione”, e che comporta la prestazione di lavoro a titolo completamente gratuito senza neanche rimborsi spesa.
Gli studenti delle scuole pubbliche hanno l’obbligo di svolgere le ore di alternanza (obbligo non richiesto agli studenti delle scuole private) per potersi presentare all’esame di stato.
Ricordiamo che, a partire da anni recenti, quelli di Lorenzo e di Giuseppe non siano certo i primi incidenti nel contesto di alternanza scuola lavoro: un muletto schiaccia la gamba di un ragazzo a La Spezia, una gru precipita causando la morte di un operaio e fratture multiple a uno studente a Faenza; una fresa amputa la mano di uno studente, Udine, a Prato un trapano trancia la falange di un dito a un ragazzo, a Brescia un furgone urta un camion dove si trova un ragazzo che cade da un’altezza di cinque metri riuscendo a salvarsi malgrado le ferite riportate.
L’elenco potrebbe continuare, ma la politica governativa sembra non volerne prendere atto. Spetta quindi a chi la scuola la vive denunciare con la massima energia uno stato di cose intollerabile, e questo diritto di parola e denuncia va assolutamente rispettato, non schiacciato in tenuta antisommossa.
Ribadiamo inoltre che la scuola non può legittimare sfruttamento e insicurezza anziché trasmettere consapevolezza di diritti.
Come Madri contro la repressione ci uniamo agli studenti per chiedere rispetto del diritto all’istruzione scippato dall’alternanza scuola lavoro / PCTO secondo la fame di lavoro non pagato e non sicuro che viene dal mondo neoliberista dell’impresa privata, e intendiamo partecipare alle mobilitazioni che certamente seguiranno.
Urliamo a gran voce: BASTA REPRESSIONE BASTA OMICIDI IN ALTERNANZA SCUOLA LAVORO
Rivendichiamo le lotte dei nostri figli e le facciamo nostre.