Imprese strette morsa aumento energia e materie prime
Lievita il costo del pane. Anche le imprese sarde strette nella morsa dell’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime.
Ma i costi non si scaricano sul prodotto finale. Lai eSerra (Confartigianato Sardegna): “Ricavi azzerati: le attività
rischiano di chiudere. Il Governo intervenga per raffreddare i costi”.
In Sardegna 732 laboratori e 3mila addetti che sfornano 100mila
tonnellate di pane al giorno.
Il pane lievita ma questa volta, purtroppo, non si tratta solo
dell’infarinato che aumenta di volume e diventa croccante nel forno.
Questa volta si tratta della crescita del prezzo di produzione, dovuta
ai rincari generalizzati di materie prime, energia e gas. Per questo
se civraxiu, coccoi, moddizzosu ma anche rosette, schiacciatine,
baguette, bananine e lingue senza dimenticare il pane alla ricotta o
quello con le olive, costano sempre di più la colpa o la volontà non è
dei panificatori ma dell’esplosione dei costi.
L’allarme arriva dalle imprese dell’arte bianca di Confartigianato
Imprese Sardegna, un settore ormai da molti anni messo sotto pressione
dalla concorrenza dei semilavorati e dalle grandi produzioni per iper
e supermercati.
“Le nostre realtà della panificazione sono preoccupate per l’abnorme
crescita dei prezzi di gas, energia, materie prime e materiali di
imballaggio già in atto da alcuni mesi – spiega Maria Amelia Lai,
Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – dai calcoli
effettuati sempre dal nostro Ufficio Studi, su dati del GME, rispetto
al 2021 un molino che utilizza quasi 1,5 milioni di kWh/anno, potrebbe
subire un aumento anche del 220%, passando da 131 a 420 mila euro di
costi mentre un panificio, con un consumo medio di 150mila kwh,
potrebbe patire un aumento anche del 145%, passando da quasi 21mila a
oltre 51mila. Inoltre confrontando le fatture di acquisto di questo
inizio anno con quelle dell’anno scorso, si nota come in media le
farine di grano tenero per panificazione siano cresciute del 25%
mentre la semola di grano duro del 60%”.
Nell’Isola i panificatori artigiani sono 732 con oltre 3mila addetti
che quotidianamente fanno arrivare il prodotto fresco sulle tavole dei
sardi.
Divisi tra produzione e vendita, in ogni periodo dell’anno
rappresentano una importante figura di riferimento per tutti i
consumatori: la notte lavorando nei laboratori e la mattina vendendo
il pane nei punti vendita o distribuendolo casa per casa.
Quello della panificazione sarda è settore fondamentale per
l’alimentare isolano. Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi di
Confartigianato Imprese Sardegna, su dati Istat, ogni giorno si
sfornano oltre 100mila tonnellate di pane fresco per oltre 800 i tipi
di prodotto. Per ciò che riguarda i consumi, sono 730.510 famiglie
sarde che in media spendono ogni mese circa 21 euro per acquistare
civraxiu, moddizzosu, pane carasau, etc. Partendo da questo dato è
possibile stimare che in media la spesa annua sostenuta da tutte le
famiglie dell’Isola per l’acquisto di pane ammonta a 186 milioni di
euro.
Gli aumenti dei costi energetici aggiunti a quelli del grano e delle
materie prime, però, solo in minima parte hanno traslato la loro
azione sui prodotti al consumo che, quindi, hanno continuano a
registrare variazioni dei prezzi molto inferiori all’inflazione media
e in linea all’inflazione alimentare.
Per questo i panificatori denunciano una situazione di inflazione
anomala: crescono i prezzi di produzione ma l’economia è ferma e i
consumatori fanno fatica a comprare perché il lavoro si è ridotto o
c’è timore di spendere, con conseguente stagnazione dei consumi.
“Le imprese, quindi, non riuscendo ad assorbire i rincari, per
coprire almeno il costo di produzione, sono costrette a intervenire
sui prezzi del prodotto finito – continua la Presidente Lai –
praticamente non avendo nessun margine, queste realtà, che si sono
salvate dal Covid, rischiano di spegnersi definitivamente. Il Governo,
quindi, deve intervenire in modo deciso sia per raffreddare i costi
per le attività produttive, sia con misure a favore delle famiglie,
per sostenere il potere di spesa e garantire occupazione stabile”.
“Il settore non sa fin quando potrà resistere senza interventi di sostegno
– rimarca il Segretario Regionale, Daniele Serra – perché è
difficilissimo recuperare tali costi essendo talmente elevati e non
ristorati con validi effetti dai provvedimenti adottati dal Governo
dovrebbero intervenire sui costi di sistema. O le istituzioni danno un
segnale con interventi di calmierazione e sgravi o molte aziende della
panificazione rischiano di chiudere”.
Inoltre sul settore grava anche la concorrenza del semilavorato estero.
“C’è un divario di trattamento tra le nostre imprese e i paesi esteri
– conclude il Segretario – perché le straniere beneficiano spesso di
tariffe energetiche inferiori a quelle italiane, le nostre realtà
rispettano tutte le regole comunitarie, compresi i controlli che hanno
dei costi, a partire dalla materia prima fino al prodotto finito.
Dall’estero invece non è detto che attuino tutte le norme e non è
detto che rispettino i contratti di lavoro”.