Il successivo esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda di quell’area ai nostri confini con l’ex Iugoslavia costituiscono una delle pagine più dolorose e misconosciute del nostro passato.
In una lettera testimonianza di Giuseppe Comand, pubblicata dall’Avvenire il 6 gennaio del 2018, ritroviamo tutta la crudezza e la violenza della bestialità umana: “L’odore dei corpi in decomposizione era pestilenziale, l’aria irrespirabile fino a chilometri di distanza. I miei compagni coraggiosi, Vigili del Fuoco di stanza a Pola, buttavano giù cognac prima di calarsi nella foiba: scendevano per centinaia di metri con due corde e una specie di seggiolino, mettevano il cadavere nella cassa e davano quattro colpi di corda, il segnale per dire tiratemi su”.
Furono commesse atrocità inenarrabili e crimini di guerra contro cittadini, bambini, anziani e donne inermi, colpevoli solo di essere italiani, a prescindere da qualsiasi ideologia.
I sopravvissuti diventarono profughi non sempre benvoluti nella loro stessa patria. Il clima non era dei migliori e l’integrazione fu difficile da realizzarsi nei centri urbani individuati per l’accoglienza, in quanto i nuovi arrivati spesso furono discriminati e colpevolizzati per un presunto orientamento politico al quale spesso erano estranei e che comunque non avrebbe dovuto contare in un momento di palese indigenza da parte di tante famiglie in uno stato di profonda difficoltà.
Il CNDDU propone alle scuole secondarie di secondo e primo grado con il progetto “Una lettera a ricordo” di elaborare brevi contributi di classe sotto forma di epistola scritte dagli studenti come contributo intergenerazionale di solidarietà a un ipotetico coetaneo protagonista vittima dei fatti dell’epoca. Gli elaborati possono essere raccolti in un e-book e inviati alla nostra email per essere condivisi sui nostri canali social ([email protected]).
“In ogni epoca, la pace è insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso. C’è, infatti, una “architettura” della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un “artigianato” della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona. [3] Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati.” (Papa Francesco, messaggio in occasione 55° Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace).
prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU