La commedia di Nathalie Sarraute, una delle più importanti scrittrici francesi della seconda metà del Novecento e che ha occupato un posto importante nell’alchimia tra teatro dell’assurdo e teatro del quotidiano, mette al centro della scena la forza delle parole in una ragnatela di incomparabile abilità.
Due amici che si ritrovano dopo un non motivato distacco si interrogano sulle ragioni della loro separazione e scoprono che sono stati i silenzi tra le parole dette e soprattutto le ambiguità delle “intonazioni” a deformare la loro comunicazione aprendola a significati multipli e variati. Ogni “intonazione” può essere variamente interpretata dalla disposizione d’animo di chi l’ascolta. Questo è il tema centrale di “Pour un oui ou pour un non”, titolo che si può semplicemente tradurre con “Per un sì o per un no” ma che in realtà significa molto di più e che nella nostra lingua ha solo un’apparente valenza speculare.
“Per un sì o per un no” è quel nulla che può cambiare tutto, quel nonnulla che provoca lacerazioni profonde, ferite insanabili. La prosa della Sarraute, nella sua complessità, è un banco di prova per due manipolatori della parola quali Franco Branciaroli e Umberto Orsini che si ritrovano sulla scena dopo tanti anni per dare vita con la loro abilità al terribile gioco al massacro che la commedia prevede. A guidare questo gioco sarà uno dei maestri indiscussi dello spettacolo, Pier Luigi Pizzi, che ritorna al suo antico amore per la prosa ben noto a chi lo ricorda tra i collaboratori più assidui della Compagnia dei Giovani fin dai sui inizi.
L’autrice
Nathalie Sarraute (nata Černjak). – Scrittrice francese (Ivanovo 1900 – Parigi 1999). Stabilitasi in Francia a otto anni, esordì con le brevi prose di Tropismes (1938; trad. it. 1959), cui sono seguiti i romanzi Portrait d’un inconnu (1948; trad. it. 1959), Martereau (1953; trad. it. 1966), Le planétarium (1959; trad. it. 1964), Les fruits d’or (1963; trad. it. 1964), Entre la vie et la mort (1968; trad. it. 1988), Vous les entendez (1972), Disent les imbéciles (1976), L’usage de la parole (1980; trad. it. 1990), Enfance (1983; trad. it. 1983), Tu ne t’aimes pas (1989; trad. it. 1996). La sua opera narrativa, per la quale Sartre coniò (1957) la definizione di “antiromanzo”, ha precorso il rifiuto del romanzo e del personaggio tradizionale proprio del nouveau roman avvalendosi spesso della tecnica della “sottoconversazione”, sorta di informe flusso verbale nel quale si fondono dialoghi, pensieri, notazioni del narratore; importanti sotto questo profilo sono le riflessioni teoriche sulla narrativa apparse tra il 1947 e il 1955 e raccolte in L’ère du soupçon (1956; trad. it. 1959). La S. fu anche autrice di testi teatrali (Le silence, 1964, trad. it. 1971; Le mensonge, 1967; Isma, ou celle qui s’appelle rien, 1970, trad. it. 1975; C’est beau, 1973, trad. it. 1975; Pour un oui ou pour un non, 1982); della sua produzione saggistica è da ricordare Paul Valéry et l’enfant d’éléphant. Flaubert le précurseur (1986; trad. it. 1992). Per la sua molteplice attività di romanziera, drammaturga e saggista le furono conferiti numerosi riconoscimenti in Francia e all’estero. Nel 1996 con l’edizione delle CEuvres complètes, a cura di J.-Y. Tadié, la sua opera fu accolta nella Bibliothèque de la Pléiade dall’editore Gallimard. Fra i suoi ultimi lavori, il romanzo Ici (1995) e il dramma Ouvrez (1997). (fonte Enciclopedia Treccani)