Riforma della Giustizia: via libera dal Consiglio dei Ministri
Riforma della Giustizia: Il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario.
Tra i punti della riforma un nuovo sistema elettorale per il Csm e lo stop alle cosiddette “porte girevoli: i magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo o incarichi di governo (nazionale, regionale o locale) al termine del mandato, non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale.“Quella riguardante il Consiglio Superiore della Magistratura è stata una discussione ricchissima e molto condivisa che ha raggiunto obiettivi importanti – ha spiegato il premier Mario Draghi -: la condivisione dell’impianto fondamentale della riforma, la delimitazione delle aree dove permangono differenze di opinioni, l’impegno ad adoperarsi con i capi gruppo a dare la priorità assoluta in Parlamento per l’approvazione della riforma in tempo utile per l’elezione del prossimo Consiglio Superiore della Magistratura.
La consapevolezza del pieno coinvolgimento delle forze politiche e il rispetto dei tempi sono state altre caratteristiche condivise. Ci vuole accordo e condivisione, è un provvedimento che necessita di apertura e rispetto del Parlamento. Inoltre, sottolineo l’impegno corale affermato di tutti i Ministri a sostenere con i loro partiti la riforma”.
“Non ci saranno tentativi di porre la fiducia. Ci vuole accordo, condivisione, è una riforma di portata tale che necessita di apertura e rispetto per il Parlamento”, ha chiarito il presidente del Consiglio.
“Ci sono ancora differenze su alcuni punti, ma c’è anche un impegno corale di tutti i partiti a superarle e a sostenere la riforma”, ha aggiunto.
“La riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario era ineludibile, anche per stare accanto alla magistratura nel percorso di rinnovamento e di recupero della fiducia, come ha ricordato il presidente della Repubblica. Norme più rigorose possono sostenere la magistratura in questo percorso”, ha detto la ministra della Giustizia, Marta Cartabia.
I magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo o incarichi di governo (nazionale, regionale o locale) al termine del mandato, non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale. E’ quanto prevede la riforma. I magistrati ordinari vengono collocati fuori ruolo presso il Ministero di appartenenza.
I magistrati amministrativi e contabili vengono collocati fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Avvocatura dello Stato. Resta la possibilità di assumere altri incarichi fuori ruolo presso altre amministrazioni e di assumere funzioni non giurisdizionali presso le sezioni consultive del Consiglio di Stato, le sezioni di controllo della Corte dei Conti e l’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione.
La bozza prevede, inoltre, che i magistrati che si sono candidati in competizioni elettorali e non sono stati eletti per tre anni non possono svolgere funzioni giurisdizionali. La stessa disciplina – divieto di svolgere funzioni giurisdizionali per tre anni – si applica ai capi di gabinetto, ai segretari generali presso i ministeri o ai capi dipartimento.
Il CSM sarà composto da 30 membri (3 di diritto: Presidente della Repubblica; Primo Presidente di Cassazione; procuratore generale Cassazione; 20 togati; 10 laici) 20 togati (2 legittimità; 5 pm; 13 giudicanti). Il sistema proposto è misto e si basa su collegi binominali che eleggono due componenti del CSM l’uno, ma prevede una distribuzione proporzionale di 5 seggi a livello nazionale.
Per quanto riguarda le candidature non sono previste liste. Il sistema di basa su candidature individuali, ciascun candidato presenta liberamente la sua candidatura individuale a livello di collegio binominale.
Devono esserci un minimo di 6 candidati in ogni collegio binominale, di cui almeno tre del genere meno rappresentato, se non arrivano candidature spontanee si integra con sorteggio per arrivare al minimo dei candidati previsti; sorteggio previsto anche per riequilibrare le candidature del genere meno rappresentate. Questo sistema, si legge ancora nella bozza, introduce degli elementi di imprevedibilità – chi si collega a chi; quanti voti prende ciascun candidato nei vari collegi binominali; quanti voti vengono scorporati – sicché si rende più difficile fare calcoli e quindi prevedere spartizioni, soprattutto per i posti proporzionali.
La riforma prevede anche il divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e di ricoprire incarichi elettivi e governativi come invece è possibile oggi. Questo divieto vale sia per le cariche elettive nazionali e locali, sia per gli incarichi di governo nazionali/regionali e locali. E’ previsto l’obbligo di collocarsi in aspettativa senza assegni per l’assunzione dell’incarico (oggi, almeno in alcuni casi, c’è cumulo di indennità con stipendio del magistrato). Si introducono, inoltre, divieti che impediscano il ripetersi di casi di magistrati che svolgano in contemporanea funzioni giurisdizionali e incarichi politici, anche se in altro territorio.
(ITALPRESS).