CARO MATERIE PRIME – In Sardegna esplodono i costi per le imprese 20mila realtà interessate con 54mila addetti. Lai e Serra (Confartigianato Sardegna): “Prodotti e forniture care e introvabili: rallentano le produzioni e le aziende rinunciano alle commesse. Il Governo deve intervenire”.
L’aumento dei prezzi delle materie prime rischia di costare oltre 557milioni di euro alle piccole e medie imprese sarde.
I conti sono stati fatti, prima del conflitto Ucraina-Russia,
dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna che,
analizzando i dati BCE e Istat, evidenzia come le realtà
manifatturiere e delle costruzioni siano le più esposte all’incremento
dei prezzi delle commodities a livello globale.
Sembra una tempesta perfetta quella che si sta abbattendo anche sulle
imprese sarde, con l’Italia che, purtroppo, dovrà prepararsi a un anno
assai complesso. Situazione che andrà ad aggravandosi dopo l’invasione
russa nel centro dell’Europa.
Infatti, il costo delle materie prime è ulteriormente schizzato alle
stelle, la loro reperibilità è complessa, la bolletta propone cifre
fuori controllo e gli imprenditori si trovano nella difficoltà di
aggiornare i listini senza perdere ordini. I durissimi danni di questa
situazione potrebbero essere difficili da sopportare soprattutto per
le piccole e medie imprese.
Le analisi dell’Associazione Artigiana stimano come nell’Isola siano
quasi 20mila micro e piccole imprese produttrici e dell’edilizia, che
impiegano quasi 54mila addetti, interessate da uno shock sui maggiori
costi delle materie prime che, su base annua, vale quasi oltre mezzo
miliardo di euro, pari all’1,7% del Pil regionale in linea con il
valore del Mezzogiorno e inferiore (1,8%) a quello nazionale (2,6%).
Valore, quest’ultimo, che ne misura l’impatto e che posizione la
nostra regione in 16° posizione nella classifica nazionale.
A livello provinciale i maggiori costi delle materie prime, su base
annua, valgono 194 milioni di euro nel Nord Sardegna, interessando
6.923 MPI manifatturiere e delle costruzioni e i loro 18.124 addetti;
150 milioni di euro a Cagliari, interessando 4.476 MPI e i loro 13.967
addetti, 109 milioni di euro nella provincia del Sud Sardegna,
interessando 3.500 MPI e i loro 10.155 addetti, 76 milioni di euro a
Nuoro, interessando 2.971 MPI e i loro 7.113 addetti e 48 milioni di
euro a Oristano, interessando 1.829 MPI e 4.483 addetti.
“Queste solo stime che, purtroppo, dobbiamo rivedere quotidianamente
al rialzo, soprattutto dopo il conflitto russo-ucraino – commenta
Maria Amelia Lai, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – e
la cosa più preoccupante è che una così elevata pressione sui costi
viene traslata solo in parte sui prezzi di vendita, determinando una
riduzione del valore aggiunto. Questo va comprimere la crescita
economica, ridurre la propensione a investire delle imprese
compromettere i processi di innovazione e la domanda di lavoro”.
Nuove Pandemie Economiche, fra aumento costi e mancanza di materie prime
“All’aumento dei costi si unisce anche la mancanza di materie
prime, con il conseguente rallentamento delle produzioni con le
imprese che tornano a utilizzare gli ammortizzatori sociali nonostante
la ripresa degli ordinativi – spiega la Presidente Lai – accade così
che le aziende debbano rinunciare alle commesse, non solo per il
prezzo troppo elevato delle materie prime, ma anche per la difficoltà
a reperirle sul mercato. È ciò che si verifica, in particolare, nella
filiera delle costruzioni, in cui la domanda accompagnata
dall’incentivo fiscale del superbonus 110% rappresenta un ulteriore
fattore di spinta sui prezzi dei materiali edili”.
“L’aumento dei
costi per le materie prime e per l’energia, sono le nuove “pandemie
economiche” a cui si deve dare una risposta – rimarca Lai – c’è il
serio rischio che i costi impazziti, si traducano in saracinesche
abbassate o, in un futuro prossimo, in un rincaro sul prezzo al
cliente (già vittima di un impoverimento del suo potere d’acquisto)
che non fa altro che spaventare ulteriormente e rendere il futuro più
nero”.
“Serve un’iniziativa rapida per tentare di contenere i prezzi,
infatti le nostre imprese vivono una situazione grave e paradossale –
continua il Segretario regionale, Daniele Serra – proprio mentre
cercano di riagganciare la ripresa, le attività produttive devono fare
i conti con materie prime carissime e introvabili, forniture negate
dai grossisti, esaurimento delle scorte, tempi di consegna
lunghissimi. Tutto questo, oltre a provocare un incremento dei prezzi
al consumo, rischia di compromettere la ripresa”.
La crescita dei costi si riflette anche sui contratti pubblici.
“Questi ultimi, cosi come quelli privati, rischiano di non risultare
più economicamente sostenibili da parte delle imprese perché i
capitolati sono stati sottoscritti tempo fa con prezzi ormai non
adeguati e, quindi, non più competitivi – sottolinea Serra –
nonostante gli sforzi per far fronte agli impegni assunti, nonostante
il Governo abbia riveduto il Codice degli Appalti proprio sulla
revisione dei prezzi”. “Per quanto concerne invece i lavori privati –
conclude il Segretario – è auspicabile una revisione rapida e univoca
dei prezzari regionali, con un adeguamento che possa tutelare imprese
e committenza già legate a preventivi e/o a contratti stipulati. È
importante che la Politica intervenga in tempi brevi e faccia la sua
parte, così come fanno le aziende. Le nostre imprese mettono coraggio
e dedizione nella loro attività: a seguito dello scoppio della crisi
il 55% delle MPI ha messo in campo azioni di sviluppo. È tipico
dell’imprenditore: davanti alle difficoltà si rimbocca le maniche,
cerca nuove strade, risponde alle esigenze nuove del mercato
affrontando il cambiamento. Quindi, ci appelliamo al Governo e alle
Istituzioni preposte affinché mettano in campo misure urgenti ed
efficaci”.
L’analisi a livello nazionale
L’Italia è, infatti, particolarmente esposta all’aumento dei prezzi
delle materie prime, essendo la seconda economia dell’UE per
produzione manifatturiera, con una alta dipendenza dall’estero di
commodities. Inoltre, ai segnali di prezzo si associano quelli di una
rarefazione delle materie prime. Il caro-commodities odierno ha
effetti sul bilancio 2021 delle MPI. Gli acquisti di materie prime
delle micro e piccole imprese della manifattura e delle costruzioni
nel 2020 sono calcolati pari a 156.096 milioni di euro, costituti per
il 75% da acquisti delle MPI manifatturiere e per il rimanente 25% da
input acquistati dalle MPI delle costruzioni. In questi due comparti
l’incidenza sul fatturato degli acquisti di materie prime è del 42,5%,
più elevato nella manifattura (46,6%) rispetto alle costruzioni
(33,1%).
Se la spinta dei prezzi non fosse dovuta a fattori solo temporanei –
come viene sottolineato dalle autorità monetarie – si determinerà un
rafforzamento della crescita dei prezzi alla produzione e del tasso di
inflazione dei prezzi al consumo, con effetti recessivi conseguenti
alla riduzione della domanda di consumi. Un aumento persistente del
tasso di inflazione potrebbe innescare un cambio di direzione della
politica monetaria delle banche centrali, con rialzi dei tassi di
interesse che rallenterebbero gli investimenti, ribaltandosi
pericolosamente sulle imprese, ancora soggette a tensioni di
liquidità, e sui bilanci dei paesi con elevato debito pubblico, come
l’Italia, in cui un aumento della spesa pubblica per interessi
verrebbe finanziato con incrementi di imposte, generando ulteriori
effetti recessivi. In tale contesto, per allentare la pressione sui
prezzi degli input produttivi, diventano prioritari gli interventi per
ridurre il costo del lavoro delle micro e piccole imprese.
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