Sulle tracce degli antichi miti con “Omero Odissea / Canto per oggetti e voce” con figure e macchine di Antonio Panzuto e la voce recitante di Giancarlo Previati, disegno luci di Paolo Rodighero e suoni e regia di Alessandro Tognon (produzione TAM Teatromusica) in cartellone lunedì 21 e martedì 22 marzo alle 10.30 al Teatro Massimo di Cagliari, mercoledì 23 marzo alle 11.30 al Padiglione Tamuli delle ex Caserme Mura di Macomer e infine giovedì 24 marzo alle 18 all’Auditorium Comunale “Nelson Mandela” di Santa Teresa Gallura in un nuovo appuntamento con il Teatro per le Famiglie, sotto le insegne della Stagione di Teatro Ragazzi 2021-2022 del CeDAC Sardegna.
Uno spettacolo immaginifico e poetico in cui il racconto del lungo e avventuroso viaggio di Ulisse, di ritorno ad Itaca alla fine della guerra di Troia, si arricchisce di misteriose apparizioni di guerrieri, ciclopi e sirene, dee, ninfe e principesse, mari in tempesta e città sconosciute: un’occasione per riscoprire attraverso la forza evocativa del teatro le antiche storie narrate dagli aedi.
Viaggio verso Itaca, tra mille peripezie e incontri straordinari, con “Omero Odissea / Canto per oggetti e voce”: uno spettacolo immaginifico con figure e macchine di Antonio Panzuto e la voce recitante di Giancarlo Previati, disegno luci di Paolo Rodighero e suoni e regia di Alessandro Tognon (produzione TAM Teatromusica) in cartellone lunedì 21 e martedì 22 marzo alle 10.30 al Teatro Massimo di Cagliari, mercoledì 23 marzo alle 11.30 al Padiglione Tamuli delle ex Caserme Mura di Macomer e infine giovedì 24 marzo alle 18 all’Auditorium Comunale “Nelson Mandela” di Santa Teresa Gallura in un nuovo appuntamento con il Teatro per le Famiglie, sotto le insegne della Stagione di Teatro Ragazzi 2021-2022 del CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Sardegna e dei Comuni aderenti al Circuito e con il contributo della Fondazione di Sardegna.
Sulla falsariga del celebre poema, rivivono sulla scena le storie di dèi ed eroi, tra il ricordo della Guerra di Troia, con il clangore delle armi e i duelli dei guerrieri, lo stratagemma del cavallo e la presa della città dopo dieci anni di assedio, poi la partenza delle navi e il desiderio di Ulisse e dei suoi compagni di far ritorno in patria, tra mille ostacoli: il condottiero greco giunto nella terra dei Feaci narra le sue disavventure e persuade il re Alcinoo a riportarlo sulla sua isola. Il racconto inizia in medias res quando Ulisse è “prigioniero” dell’amore di Calipso e si strugge di nostalgia per la sua terra lontana, mentre ad Itaca durante la sua assenza i Proci, rampolli dell’aristocrazia locale, hanno invaso la sua casa e trascorrono il tempo tra feste e banchetti, contendendosi la mano di Penelope, sua sposa, e insidiando il trono (e forse la vita) del figlio Telemaco.
La dea Atena, protettrice dell’eroe greco, intercede presso Zeus, signore dell’Olimpo, affinché lo liberi dall'”incantesimo” della ninfa e gli conceda di toccare finalmente il suolo natìo, per riprendere il suo posto nel mondo: vent’anni dopo la spedizione militare contro Troia – secondo la leggenda a causa di un adulterio, ovvero alla fuga della bella e fatale Elena con Paride – Ulisse ritorna a Itaca e qui, compiuta la sua vendetta, ritrova la moglie fedele e il figlio cresciuto durante la sua assenza. Nel breve soggiorno nella terra dei Feaci, dove è approdato in seguito all’ennesimo naufragio, il protagonista ripercorre i momenti più significativi e drammatici del suo (quasi) interminabile viaggio: spazio a creature mitologiche come i ciclopi e le sirene, Scilla e Cariddi, la maga Circe e la ninfa Calipso, ma anche alle debolezze e fragilità umane, le intemperanze che hanno perduto i suoi compagni, vittime forse più della propria arroganza e follia che dell’ira delle divinità.
Dopo tanti lutti e tragedie che si aggiungono all’orrore della guerra, Ulisse, unico superstite, rimette piede in patria e qui assiste suo malgrado a uno degli effetti collaterali del conflitto, ovvero il caos e la desolazione di una terra un tempo feconda: la sua tempra di re e guerriero e il favore di Atena gli permetteranno di scacciare gli usurpatori e riprendersi il trono, quasi lasciandosi alle spalle quella vittoriosa ma pur sempre disastrosa parentesi militare. Tuttavia a voler ben guardare nella strage dei Proci si prefigura l’idea di una lotta fratricida, una vera guerra civile..
Il talento e l’arte degli antichi aedi ha ammantato di fascino quelle epiche gesta, trasfigurando in poesia i sanguinosi scontri tra eserciti e i feroci duelli, dando risalto a una delle imprese cui il genere umano sembra più portato, tanto da non volervi rinunciare neppure alle soglie del Terzo Millennio: il gioco delle armi. “Omero Odissea / Canto per oggetti e voce” riprende la storia del più celebre dei “nostoi”, i “ritorni” degli eroi dopo la vittoria, nel perdersi e ritrovarsi di Ulisse (in greco Odisseo) lungo la rotta, che sembra rimandare all’atmosfera onirica degli incubi, quando un obiettivo a portata di mano inspiegabilmente diventa irraggiungibile – e qui la ragione sta invece nei capricci degli dei. Tra elementi fantastici e magici, il viaggio di Ulisse è diventato il simbolo, per antonomasia, di ogni percorso difficile e faticoso verso una meta – non ultimi quelli dei migranti e dei profughi che cercano di raggiungere le nostre coste in cerca di un avvenire migliore.
“Omero Odissea / Canto per oggetti e voce” conduce gli spettatori “dentro” il racconto, li fa testimoni e partecipi delle insidie e delle tentazioni, delle tempeste e delle sciagure, della paura e delle speranze, finché per il condottiero famoso per la sua astuzia, grazie alla quale riuscì a superare le alte mura di Troia, conducendo un esercito nemico nel cuore di una città inerme, giunge il tempo della pace e del riposo – seppure il mito lasci intuire la possibilità di nuove avventure per quello spirito irrequieto.
Tra lunghi flashback e un montaggio alternato quasi cinematografico, Omero, il leggendario poeta cieco che ha raccolto e tramandato quelle storie, restituisce ai personaggi un carattere ben definito, una personalità ricca di sfaccettature, un umore mutevole rendendoli – come è giusto che sia – profondamente umani, perfino troppo umani. Nello spettacolo prevale l’elemento favolistico, la scoperta di popoli e civiltà e l’incontro con esseri sovrannaturali, insieme al pathos di una vicenda che mostra i protagonisti in balìa del destino e di forze superiori, fino all’atteso lieto fine.