Eneri, all’anagrafe Maria Musarra Pizzo, ha sangue siciliano nelle vene, ma da cinque anni vive a Rimini. Il suo volto è diventato familiare nei locali della movida riminese, ma delle sue doti canore – almeno fino a poche settimane fa – si sapeva poco o nulla. Perché, in fondo, una carriera nasce in pubblico, ma il talento sboccia nel privato. E non sempre serve la benedizione di un talent per poter dire “ce l’ho fatta”.
“In tanti mi hanno sempre spronata a partecipare a programmi come ‘Amici’ o ‘X-Factor’, ma io ho sempre pensato che la mia strada fosse un’altra. La musica è, da sempre, la mia compagna di vita, una parte di me troppo intima e preziosa per spiattellarla sotto i riflettori di un programma televisivo. Non è snobismo, piuttosto paura di sentirmi dire ‘no’, visto che di porte in facce nella mia vita ne ho prese tante. Ho un’anima fragile e fatico terribilmente a metabolizzare le delusioni. Come quella volta che, a 6 anni, al festival canoro del paese, arrivai seconda. Ci rimasi male, troppo male…”.
Eneri è il classico “poker-face”, sul volto non tradisce emozioni, ma dentro – sotto la buccia – è un turbinio di sentimenti e un brulicare di tormentati stati d’animo: “Piacere agli altri – dice – non è mai stata una mia priorità. Preferisco, più banalmente, essere me stessa. Ecco perché ho scelto di incidere una canzone con il Cartello, l’unico artista che, fino ad oggi, ha saputo accogliermi per ciò che sono senza impormi filtri né etichette. Quando, per la prima volta, abbiamo cantato assieme ho avvertito una sintonia speciale, come se io e lui ci fossimo già incontrati in una vita passata. Gli devo tanto, senza Diego oggi starei ancora cantando sotto la doccia…”.
Talento selvaggio anche se prigioniera delle sue stesse paure, artista quasi auto-didatta (“Ho studiato qualche mese lirica, ma ho interrotto non appena mi sono accorta che stavo snaturando la mia voce…”), per Eneri la musica è una “terapia” contro ogni forma di sofferenza, anche quelle sentimentali che, negli ultimi tempi, l’hanno scorticata nel profondo: “La mia creatività – rivela – si sprigiona solo quando sono triste e malinconica”.
Se l’ascolti e chiudi gli occhi pensi subito ad Amy Winehouse (“il mio primo idolo”), ma il suo percorso artistico è stato contaminato, negli anni, da tanti generi: “Musicalmente ho un animo ‘vecchio’ – dice – perché ho sempre ascoltato black & soul degli anni ’60, da Ray Charles ad Arita Franklin. Ho scoperto invece la musica italiana solo di recente proprio grazie a Diego”.
Il suo ultimo brano (che segna anche il suo debutto) è “Cosa importa a noi”, interpretato come detto assieme a Il Cartello. A corredo del pezzo c’è anche un video girato in Spagna in cui Eneri ha dato un importante contributo: “La scena finale del falò – dice – è frutto della mia mente bizzarra. In quella pila di fuoco volevo bruciare la parte più orrenda di me, quella che m’impedisce di esprimere le mie emozioni più autentiche, che mi cuce la bocca quando dovrei parlare, che mi spegne il sorriso e soffoca la mia libertà. Quella parte che mi regala tante ispirazioni, ma che mi lascia nell’anima anche tante cicatrici”.