In scena lo spettacolo drammaturgico: “la notte finisce all’alba”
libero adattamento e riscrittura da Spettri di H. Ibsen. Prima assoluta drammaturgia e regia di Giancarlo Moretti con:
Alessandro Calamunci Manitta, Giovanna Cappuccio, Ilaria Fantozzi, Vincenzo Longobardi, Mauro Toscanelli e con la partecipazione di Ornella Lorenzano, scene e costumi: Paola Salomon. Foto di scena: Luciano Risa, produzione: Associazione culturale ExtravagarteIl progetto drammaturgico
Spettri è uno dei capolavori della drammaturgia di Ibsen e di tutta la letteratura teatrale della fine del XIX secolo; in esso l’autore ha tessuto una rete di relazioni tra personaggi così fitta e profonda, che dà al testo sempre ricchezza di originali spunti di riflessione e di lavoro attoriale, registico, ed in questo caso anche autoriale.
La notte finisce all’alba prende il filo delle “paure” conosciute ed inconsce di Helene, Osvald (suo figlio), Regine (figlia illegittima di Alving), Manders (amico di famiglia), i protagonisti della vicenda narrata da Ibsen, tutti segnati dal passaggio nella loro vita del malefico Alving.
Ora però, a differenza del testo di Ibsen, tutti avranno la possibilità di tornare indietro nel loro tempo, di trovarsi dinanzi all’origine delle loro sofferenze, perché quel personaggio, Alving, che nel testo originale non appare perché già morto da anni, in questa riscrittura si materializza e prende parte al dramma che poi diverrà tragedia. Gli “spettri” ora diventano “realtà” e le “paure” divengono odio, amore, violenza, pietà, innocenza, disperazione, coraggio. Ora i personaggi possono affrontarle e non rimanerne vittime anche se il loro destino rimarrà comunque segnato dalla tragedia della ferita morale e fisica.
La notte finisce all’alba entra dunque all’interno del testo di Ibsen per un suo significativo libero adattamento e riscrittura attraverso tagli ed inserimento di nuove scene, per una messa in scena indirizzata a coglierne questo aspetto così “perturbativo” e rivelatore dell’essenza fragile vitalistica e tragica dell’animo umano.
La cifra registica è in una ricerca di naturalezza onirica che conduca lo spettatore dalla realtà al sogno passando attraverso il perturbante. Parola, azione, gesto, musica in un’ambientazione che sposta la vicenda dagli anni a cavallo tra 1800 e 1900 agli anni ’60 del XX secolo, entrambi visti come momenti di “transizione” morale nella società occidentale.