I reparti di neuropsichiatria infantile sono in forte sofferenza. Manca personale, mancano posti letto. Manca un’organizzazione che prenda in carico globalmente il paziente dall’adolescenza all’età adulta. L’abbandono di chi soffre di disagio mentale nella fase di transizione dai 16 ai 20 anni, è alla base dell’aggravamento del disturbo in età adulta. E’ quindi necessaria un’organizzazione del servizio tale da consentire una stretta collaborazione di neuropsichiatri infantili con neuropsichiatri dell’età adulta. La mancata continuità delle cure, non garantita dalla Sanità sarda, aggrava le condizioni dei pazienti e crea forti disagi anche alle famiglie.
Non curare il disagio mentale in età pediatrica, significa creare il paziente psichiatrico di domani.
Nonostante il forte aggravamento delle patologie psichiatriche per la pandemia e le misure adottate, non è stato effettuato alcun intervento per migliorare l’assistenza, né c’è certezza sui tempi di ricovero.
I pazienti psichiatrici non possono essere abbandonati a se stessi. Le istituzioni di competenza devono adottare ogni misura per agevolare anche le associazioni di volontariato che interagiscono con il pubblico, ancor più laddove le istituzioni sono inadempienti.
Preoccupa il destino dell’ASARP. L’associazione di volontariato da 36 anni in prima fila per la tutela dei diritti del paziente psichiatrico, rischia di chiudere la propria sede. La sede, divenuta punto di riferimento per i pazienti e le famiglie, fu messa a disposizione dall’Azienda Sanitaria nel 2007, in occasione dell’inaugurazione del Centro di Salute Mentale all’interno della Cittadella della Salute.
Di fronte all’incomprensibile richiesta di disdetta del contratto di comodato d’uso della sede ASARP da parte di Ares Sardegna, in un momento fra l’altro assai delicato per la Sanità, la Rete Sarda si appella agli organi istituzionali di competenza per far sì che l’ASARP possa continuare a garantire il proprio supporto a chi soffre di disagio mentale, nella sede all’interno della Cittadella della Salute. La richiesta della disdetta del contratto, quanto mai inopportuna in questo momento, sarebbe un ennesimo taglio ad un servizio di pubblica utilità ed una discriminazione per malati particolarmente fragili e per le loro famiglie.
Claudia Zuncheddu – Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica