In Ucraina l’omosessualità è legale, tuttavia permangono discriminazioni sul lavoro e le terapie di conversione non sono totalmente proibita. L’adozione per le coppie dello stesso sesso è vietata, e il matrimonio egualitario non è stato riconosciuto. Le statistiche del Pew Research Center mostrano inoltre come, a livello di opinione pubblica, anche a causa della forte influenza ortodossa, le esistenze Lgbtq+ non sono ben accette, se non in misura trascurabile. In questo scenario, un’eventuale presa dell’Ucraina da parte russa significherebbe un ritorno al passato e la cancellazione dei pochi diritti di recente acquisiti.
Di conseguenza la popolazione queer ucraina si è organizzata, anche militarmente. Come riporta il Daily Beast, attivisti e attiviste hanno messo su campi di addestramento ben prima dell’aggressione.
A partire dal 2018 è attiva l’Associazione dei militari e veterani Lgbt, fondata da Viktor Pylypenko dopo aver combattuto in Donbass. L’associazione ha partecipato, sempre nel 2018, alla Marcia per l’uguaglianza, organizzata dalla Kyiv Pride. Quest’ultima è una organizzazione non governativa, tra le più importanti in Ucraina. Il suo impegno sul fronte è eccezionale. Tre le direzioni seguite: militare, umanitaria, informativa. Raccoglie proiettili e protezioni, ma è anche un centro attivo per le donazioni di sangue e dei beni di prima necessità per gli sfollati.
La comunità si organizza non solo territorialmente ma anche online, sui social media come Twitter, Instagram e Tik Tok. I volontari si arruolano nella Difesa territoriale, e lo comunicano sui social, come ha fatto il ballerino del Versace Club di Kiev, Bodya Zolotun.
https://twitter.com/Mortis_Banned/status/1499417305037643783
In questi spazi condividono e documentano l’attività e la vita da combattenti. Tra slanci resistenziali e richieste di aiuto, non dimenticano le istanze d’inclusione e uguaglianza: “vogliamo mostrare che facciamo parte della società ucraina, come tutti gli altri”.
Claudia Palmas