Pasqualino Rivieccio detto “Squarciò” – Una leggenda maddalenina
La vera storia di Pasqualino Rivieccio, detto “Squarciò”: una vera leggenda di La Maddalena, che i maddalenini ricordano con orgoglio.
Squarciò è protagonista, inoltre, di uno dei migliori film di Gillo Pontecorvo: “La grande strada azzurra“, dove ad interpretarlo fu Yves Montand.
Squarciò nacque a La Maddalena, nel 1904, insieme ai suoi fratelli e sorelle, in una famiglia numerosa. Squarciò durante la Guerra si rifugiò a Coissone, dove lavorò in un caseificio. Una vota finita, tornò all’isola e dovette ricominciare da zero, come pescatore.E’ in questo periodo che conobbe Franco Solinas, autore di “Squarciò“, il romanzo che parla di lui, e successivamente sceneggiatore del film sulla sua vita: “La grande strada azzurra“. La storia raccontata nel film è molto più romanzata, e lo stesso Franco ha più volte detto alla famiglia di Squarciò che se non l’avesse romanzata, Gillo Pontecorvo (il regista del film) non l’avrebbe potuta girare.
Squarciò ricevette una medaglia d’argento per l’aiuto che diede per salvare i naufraghi a seguito dell’affondamento di un bastimento a La Maddalena. Squarciò era una persona molto religiosa e devota, partecipava attivamente alle manifestazioni religiose isolane e Santa Maria Maddalena, la festa per la santa dell’isola. Era però, anche una persona allegra e festaiola, sempre pronto a fare baldoria e ballare.
Arrivò la mattina del 24 Giugno 1951. Partirono per la pesca Squarciò, il fratello Cosimino, Giuseppe (figlio di Squarciò) e Gavino Pittalis, un ragazzo che viveva con loro. Da Cala Gavetta, dove lo ‘Spalviero’ era ormeggiato si diressero alla pesca. A Razzoli, nei pressi di una spiaggia, trovarono un bossolo tedesco. Cosimino prese il bossolo, se lo mise tra le gambe e provò ad aprirlo. A fianco a lui vi era Squarciò, Giuseppe, era distante, mentre Gavino era in barca. Cosimino non riuscì ad aprirlo. E poi, improvvisamente, ci fu l’esplosione. Nell’esplosione Squarciò e Cosimino finirono a brandelli. Gavino, in barca, rimase illeso, e si vide costretto a ricomporre i due corpi. Giuseppe, poco distante, era stato sbalzato all’indietro, e non riportò gravi ferite.
La gente dell’isola, come vide la barca rientrare presto, portata da Gavino, capì che successe qualcosa di grave. La barca passò davanti a Cala Gavetta e puntò dritta per l’Ospedale Militare. Si sparse la voce.
A casa Squarciò, la notizia arrivò alle 7 del mattino. Don Capula, storico parroco isolano, fu il messaggero. I corpi di Squarciò e Cosimino, rimasti a Razzoli, dopo il sopralluogo per le indagini, furono recuperati da una zattera della Marina Militare e riportati all’isola.
Ai funerali delle vittime, si presentò tutta l’isola. Nel registro del Civico Cimitero fu trascritto che entrambi, Squarciò e Cosimino, morirono nell’isola di Razzoli il 24 giugno del 1951.
La causa della morte fu: esplosione ordigno bellico per pesca di frodo. Cosimo Carta, nativo di Giave, aveva 53 anni. Pasquale Rivieccio, detto Squarciò, di anni ne aveva 47. Squarciò negli anni divenne una vera leggenda e un vero personaggio storico di La Maddalena, che la gente del luogo ricorda con orgoglio e rispetto.
Come accennato prima, Squarciò è il protagonista del film “La grande strada azzurra“, che racconta proprio, in maniera romanzata, la sua storia da pescatore.
Il film, è tratto dal romanzo “Squarciò”, dello sceneggiatore e scrittore Franco Solinas, nativo di Cagliari.
La pellicola è un viaggio nel cuore della vita maddalenina del secondo dopoguerra, descritta minuziosamente da Pontecorvo, tramite una regia attenta e cauta, capace di mostrare ogni piccolo dettaglio dell’arcipelago e dei suoi abitanti, con una scrittura coinvolgente e precisa. Ne “La grande strada azzurra” infatti, sono descritte molte scene di vita quotidiana, tra cui i lavori nelle cave di granito, punto saldo della storia dell’isola.
Pontecorvo riesce a teletrasportarci con le sue inquadrature direttamente a La Maddalena, esaltandone ogni scorcio, ogni scoglio, ogni sfumatura del mare e ogni suono ambientale, che rendono magico ogni secondo di pellicola.
Se si è nati o si ha vissuto in un luogo come quello che descrive il lungometraggio non si può che non venire trasportati dalle immagini del film: il sale sul legno caldo dei gozzi, i suoni dei motori, il sole che picchia sul mare, che lo fa apparire come un manto di cristallo, gli scogli bagnati, e i piedi nudi su di essi.
Immagini che aiutano lo spettatore a immergersi nella storia. In supporto della regia abbiamo la fotografia di Carlo Montuori, pulita e naturale, capace di esaltare ogni paesaggio e stato d’animo dei personaggi. Le musiche di Carlo Franci, ci coccolano con note dolci nel viaggio di Squarciò.
“La grande strada azzurra” è una storia di lotta e di sopravvivenza, filtrata da un tono drammatico ma poetico, che esalta i temi affrontati. Squarciò è un uomo solo contro un’intera comunità, che trova sempre il coraggio e la forza di reagire, come nella famosa scena del recupero del motore, dove Squarciò affonda la sua stessa barca per fuggire della Finanza, e dopo si immerge per recuperarne il motore, sotto gli occhi spaventati dei suoi figli, Tonino e Bore, e noi spettatori come loro, rimaniamo con il fiato sospeso.
Le tensioni tra Squarciò e i compaesani si manifestano a tal punto da sfociare in violenza fisica, come nella scena dove Squarciò viene picchiato in gruppo sugli scogli, davanti ai suoi figli.
Il retaggio di Squarciò si mostrerà poi nel finale, quando ormai è solo contro il mondo, e salpa per l’ultima battuta di pesca con i suoi figli. Il finale del film è quindi un tragico, ma paradossalmente poetico, epilogo di un viaggio di lotta e di rivalsa.
“S’è messo il vento. Maestrale. Peccato, era una grande giornata per pescare. Come pescavo io…”
Il film è tra i più belli di Pontecorvo e Solinas, coppia storica del cinema italiano.
Nel 1958 ha vinto il Premio “Giovani Registi” al Festival Internazionale Del Cinema Karlovy Vary. “La grande strada azzurra” inoltre risulta fondamentale per l’eredità di Solinas, poiché con Squarciò ha raccontato una realtà che probabilmente nessuno avrebbe mai raccontato. Lo scrittore ha messo così nel suo Squarciò tutto l’amore e la devozione verso l’isola di La Maddalena, terra che lo ha accolto e amato. Squarciò è un viaggio di sola andata per amare l’arcipelago e la sua storia.
Questo amore tra Solinas e La Maddalena è da sempre corrisposto, ed è proprio a La Maddalena che verrà istituito il Premio Solinas, nel 1985.
Articolo di Michael Bonannini