De Palma commenta lo scabroso caso di Torre del Greco: Pugni e calci, veri e propri raid punitivi ogni giorno trasformano in vittime sacrificali gli infermieri italiani. E’ ora di dire basta. Il 78% delle violenze viene perpetrato ai danni delle nostre infermiere»
Sanità, Nursing Up De Palma: «Ancora brutali violenze sugli operatori sanitari. A Torre del Greco, una infermiera, una donna, una ragazza di 27 anni, ha vissuto momenti da incubo che non dimenticherà mai.
Pugni e calci, veri e propri raid punitivi ogni giorno trasformano in vittime sacrificali gli infermieri italiani. Di fronte a tutto questo non basta la mera indignazione, perché siamo tutti parte in causa. Le istituzioni garantiscano una adeguata protezione».
30 MAR 2022 – «Martina è una di noi, potrebbe essere nostra figlia, nostra sorella. Martina ha solo 27 anni, ama il suo lavoro, si comprende dalle prime parole con cui ha espresso il suo dolore e la sua paura, ma soprattutto indossa con orgoglio, da anni, la divisa da infermiera e da anni, non senza difficoltà, è in prima linea in quello che da sempre è il punto nevralgico di ogni ospedale, il reparto più importante, quello che per ogni paziente rappresenta il luogo di primo approccio con il personale sanitario. E’ infatti nei pronto soccorsi degli ospedali italiani, “palcoscenico” dell’ultimo e triste episodio di violenza ai danni di una giovane collega, che in molti casi, grazie alla nostra tempestività, alla nostra professionalità e alla nostra umanità, si possono porre le basi per salvare, ogni giorno, le vite dei nostri malati.
Eppure, con sentimenti di indignazione e vergogna, nonché di giustificata angoscia per la brutalità di quanto accaduto, ci ritroviamo a commentare quello che è un drammatico bollettino di guerra, e ogni volta credetemi, prima da infermiere e poi da Presidente di un sindacato delle professioni sanitarie, faccio una fatica enorme a mettere giù i miei pensieri.
E’ incredibile quanto è accaduto: apprendiamo che all’ospedale Maresca di Torre del Greco erano in quattro, tre donne e un uomo. Era lo scorso 28 marzo. Martina era al box del pronto soccorso e per banali motivi, prima l’hanno colpita con un ombrello, poi l’hanno picchiata, tutti insieme. Come in una spedizione punitiva, come nel far west.
Calci e pugni: attimi di violenza senza fine, che potevano anche finire per peggio per una ragazza, per una infermiera, che ora, oltre alle conseguenze fisiche, dovrà combattere a lungo, come accade a tanti operatori sanitari, con le traumatiche “cicatrici” psicologiche di quanto accaduto».
Così Antonio De Palma, Presidente del Nursing Up, commenta i tragici fatti di Torre del Greco, che hanno visto consumarsi l’ennesima brutale aggressione nei confronti di un infermiere.
«Proprio in questi giorni stiamo discutendo, in sede di trattativa contrattuale con le pubbliche amministrazioni sanitarie, di alcuni interventi sul versante della formazione, che dovrebbero aiutare ad affrontare il fenomeno della violenza negli ospedali. Formazione sì , per quanto ci riguarda, ma non solo.
Abbiamo comunicato che questo non basterà di certo, senza ripristinare i posti di pubblica sicurezza negli ospedali, se vogliamo davvero provvedimenti in grado di garantire a noi infermieri quella sicurezza sul lavoro che oggi rappresenta ancora una chimera. Del resto uno dei motivi principali delle manifestazioni che teniamo in tutta Italia da due mesi ormai, e che culmineranno con lo sciopero del prossimo 8 aprile rimane questo: la totale mancanza di interventi, di un piano sinergico, che possa estirpare alla radice il fenomeno delle aggressioni ai danni degli infermieri.
La Campania poi, rimane in assoluto tra le Regioni che fanno registrare il maggior numero di episodi di violenza, oltre 60 solo quelli ufficiali denunciati nel 2021, ma sopratutto le donne, le nostre infermiere, sono le vittime sacrificali, con il 78% delle aggressioni fisiche e psicologiche che si concentrano sul personale femminile.
Insomma, i dati sulle violenze ai danni degli operatori sanitari sono, più che mai, una triste realtà dei giorni nostri e aprono uno squarcio incredibile, un mondo dai contorni a dir poco drammatici. I casi di violenze, fisiche e psicologiche, nell’arco di 12 mesi, sono stati, secondo l’Inail, nel 2020, in media 2500, da Nord a Sud. Qui però ragioniamo solo sui casi denunciati. La nostra Federazione, invece, intervenuta in merito, nel corso della recente giornata, 12 marzo, la prima mai indetta, contro la violenza degli operatori sanitari, ha fornito stime ben peggiori rispetto all’Inail. Secondo la Fnopi, nove infermieri su dieci sono state vittime di violenza sul luogo di lavoro. Praticamente tutti. Gli infermieri sono i professionisti della Sanità in assoluto più colpiti dagli atti di violenza sugli operatori sanitari. In particolare, sempre secondo le stime della FNOPI, l’89% degli infermieri è stato vittima di violenza sul lavoro e di questi casi nel 58% (oltre uno su due) si è trattato di violenza fisica. Tra aggressioni fisiche e psicologiche, spesso non denunciate si arriva addirittura a 5mila all’anno.
E a cosa servono, allora, ci chiediamo, interventi “tampone” come quelli dell’ospedale di Bologna, dove l’ormai celebre gilet-anti aggressione emette un allarme sonoro che in caso di violenza avvertirà le forze dell’ordine, segnalando anche la posizione gps dell’operatore sanitario?
A cosa serve formare il personale a difendersi contro le aggressioni quando, come è accaduto a Martina, ci si ritrova di fronte a 4 loschi individui che ti aggrediscono contemporaneamente?
Le aziende sanitarie hanno il dovere di garantire la sicurezza e l’ incolumità psico fisica dei dipendenti durante lo svolgimento delle funzioni istituzionali alle quali sono chiamati. Lo prevede il Codice Civile, e chi viene danneggiato ha il sacrosanto diritto di ricorrere in giudizio.
Senza un massiccio ritorno dei presidi di pubblica sicurezza nei pronto soccorsi degli ospedali italiani, da Nord a Sud, almeno di quelli che hanno coprono una vasta portata di pazienti, continueremo a limitarci a commentare quanto accade, con un profondo e drammatico senso di impotenza.
Occorre oltre tutto anche una rivoluzione culturale, occorrono, lo invochiamo da tempo, campagne di comunicazione e di informazione che coinvolgano non solo operatori sanitari ma soprattutto pazienti e cittadini, che sono i primi a doversi rendere conto che l’infermiere, o il medico, non sono i nemici contro cui scagliare la propria rabbia incontrollata quando qualcosa non funziona, o quando l’angoscia per un nostro parente prende il sopravvento su tutto», chiosa De Palma.