Il fascino e l’attualità delle parole e del pensiero di Primo Levi ne “Il Sistema Periodico” nella nuova mise en scène del Teatro del Segno con drammaturgia e regia di Stefano Ledda in cartellone sabato 19 marzo alle 21 e domenica 20 marzo alle 19.30 (e poi in replica lunedì 21 e martedì 22 marzo alle 9.30 e alle 11.30 per le scuole) al TsE di Is Mirrionis in via Quintino Sella a Cagliari per la seconda tranche della Stagione 2021-2022 di Teatro Senza Quartiere. Una pièce intrigante e avvincente costruita sulla falsariga della celebre raccolta di racconti dello scrittore e chimico piemontese, in cui gli elementi della Tavola di Mendeleev offrono lo spunto per note autobiografiche e trame fantastiche tra l’entusiasmo del futuro scienziato per le “reazioni” della materia e l’approvazione delle “leggi razziali”, gli incontri e le amicizie nate nell’ambiente ostile del lager e impreziosita da frammenti di interviste e riflessioni tratte da saggi e romanzi.
Sotto i riflettori Stefano Ledda, sulle note del sax di Juri Deidda, per un viaggio nella Storia del Novecento e un’indagine sulla natura umana oltre la tragedia della Shoah: «nel rileggere gli scritti e le interviste di Primo Levi, ho trovato parole che sembrano scritte oggi» – sottolinea l’attore e regista cagliaritano – «come il suo ribadire che il fascismo attuale ha la sola mancanza del potere assoluto per divenire ancora quello che era». E aggiunge «Mi ha affascinato anche il suo definirsi “anfibio”, chimico di giorno e scrittore la notte o per le ferie».
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Focus sugli intrecci fra arte e vita ne “Il Sistema Periodico”, la pièce originale liberamente ispirata all’omonima raccolta di racconti di Primo Levi, con drammaturgia e regia di Stefano Ledda, anche protagonista sulla scena sulle note del sax di Juri Deidda, in cartellone sabato 19 marzo alle 21 e domenica 20 marzo alle 19.30 (e in replica lunedì 21 e martedì 22 marzo alle 9.30 e alle 11.30 per le scuole) al TsE in via Quintino Sella nel cuore di Is Mirrionis a Cagliari sotto le insegne della Stagione 2021-2022 di Teatro Senza Quartiere organizzata dal Teatro del Segno nello spazio “ritrovato” nello storico rione del capoluogo.
La pièce, presentata in anteprima a Santu Lussurgiu nell’ambito dell’XI Festival Percorsi Teatrali nel 2019, in occasione del centenario dalla nascita dello scrittore, con alcune repliche nell’Isola, verrà riproposta in un nuovo curatissimo allestimento: “Il Sistema Periodico” riparte dalla Sardegna (dopo la “sospensione” degli spettacoli e la chiusura dei teatri), per una tournée regionale e nazionale per rendere omaggio allo scrittore piemontese, riscoprire il pensiero e le opere e confrontarsi con una delle coscienze più lucide del Novecento.
Viaggio tra storie ed emozioni sulla falsariga della curiosa antologia con puntuali rimandi alla “tavola periodica” di Dmitrij Ivanovič Mendeleev (a centocinquant’anni dalla illuminante relazione su “L’interdipendenza fra le proprietà dei pesi atomici degli elementi”) con la nuova produzione del Teatro del Segno. Un’opera “necessaria” come sottolinea l’attore e regista Stefano Ledda, in cui alla scelta di alcuni racconti emblematici – “Idrogeno”, “Cerio”, “Piombo”, “Carbonio”, “Zinco” e “Argon” – preziosi per delineare un ritratto dello scrittore divenuto suo malgrado uno dei testimoni della tragedia della Shoah, si aggiunge l’eco delle parole di Primo Levi in saggi, racconti, romanzi e interviste, rivelatesi amaramente “profetiche”: «Al fascismo di oggi manca soltanto il potere per ridiventare quello che era, e cioè la consacrazione del privilegio e della disuguaglianza».
L’idea di mettere in scena “Il Sistema Periodico” con i suoi sapienti ma anche sorprendenti accostamenti fra gli elementi autobiografici e la storia del Novecento nasce poco più di dieci anni fa, sull’onda delle suggestioni offerte da queste pagine che spaziano dai ricordi di un’infanzia in seno alla comunità ebraica piemontese ai primi esperimenti e alle scoperte di un giovane chimico, fino alla cattura e all’internamento ad Auschwitz, per culminare nell’immagine di un atomo di carbonio, che giunge attraverso una serie di metamorfosi a insediarsi e far parte del cervello dell’autore, in un circolo virtuoso che caratterizza il cosmo e la natura – nelle sue più intime trasformazioni. Tra le righe non manca un riferimento alla Sardegna, con la vicenda di un cavatore di piombo stabilitosi in un villaggio vicino a Bacu Abis – in cui è documentato lo sforzo titanico dell’uomo per sottrarre alla madre terra – e all’Isola di Ichnusa – i tesori nascosti.
La pièce teatrale scaturisce dalle trame dei racconti e insieme dalle intuizioni e riflessioni di una delle menti più attente e consapevoli del panorama culturale italiano – e non solo – nel secolo breve: una conoscenza raggiunta attraverso le ferite dell’anima e la sofferenza, in un transito attraverso l’orrore inimmaginabile – eppure reale – dei campi di sterminio nazisti. II pensiero di Primo Levi si rivela oggi più che mai attuale nell’evidenziare i pericoli di derive populiste e razziste – a cominciare dalla rinuncia alla propria umanità: «Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre» ricorda l’autore di “Se questo è un uomo” e “La tregua” – a fronte dei rischi del “revisionismo” e dell’oblio: «Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia».
“Il Sistema Periodico” è insieme un’ode al progresso e alla scienza, alle capacità umane e all’ingegno, ma anche un avvertimento, un invito a non abbassare mai la guardia: il riferimento all’incubo delle leggi razziali e al genocidio affiora come un monito perché, come rammenta Francisco Goya in uno dei suoi “Capricci”, “Il sonno della ragione genera mostri” e come sottolinea lo stesso Levi, «Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo».
Nel presente trovano una perfetta e inquietante rispondenza le riflessioni di “Se questo e un uomo”: «A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che “ogni straniero è nemico”. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il lager».
La storia è da sempre “magistra vitae”, ma quegli insegnamenti spesso restano inascoltati; tuttavia la conoscenza conoscenza degli eventi e delle cause, attraverso la testimonianza di coloro che ne furono protagonisti, e vittime, ancora oggi può fungere da antidoto affinché quel che è accaduto non si ripeta mai più – per prevenire il “contagio” di questa nuova “peste” – per rompere il silenzio sulle azioni efferate che si compiono in difesa della “civiltà”.
“Il Sistema Periodico” racconta in certo qual modo per metafore la “chimica” delle passioni umane – le fragilità e debolezze, i pregiudizi e le paure latenti, perfetta sintesi e specchio di quel «sentirsi anfibio, chimico di giorno e scrittore la notte o per le ferie» – ovvero la doppia vita di Primo Levi. Una “combinazione” fatale in cui il talento per la scrittura e la sensibilità d’artista si fondono al rigore e al metodo del ragionamento scientifico, a fronte dell’ordine della natura e del caos che governa l’esistenza degli esseri umani, l’amore per il sapere e la capacità di indagare e perfino mescolare gli elementi e l’abominio delle persecuzioni e delle deportazioni nei lager, il ricordo indelebile del genocidio e della follia nazista.
«“Il Sistema Periodico” accade in uno spazio “abitato” da pochissimi elementi scenici, la cui “valenza” di volta in volta consente di legarsi ad un racconto, una poesia, un’intervista, un’esortazione, un monito» scrive nelle note il regista Stefano Ledda. Un flusso di coscienza, tra libere associazioni di pensieri, “azioni” fisiche che definiscono il tempo e lo spazio, sulla colonna sonora di Juri Deidda, in una geometria dei ricordi e delle emozioni, dove la verità della materia, pur con i suoi misteri, si contrappone all’orrore dell’indicibile. «Le parole di Primo Levi ci restituiscono una figura esemplare che, partendo dalla concretezza del mestiere di chimico, riflette, si educa e in qualche modo “ci” educa, a ricomprendere le cose e gli uomini, a prendere posizione, lontani dalla “grigia innocenza” a misurarci, a ritrovare un nostro esistere meno disumano, e riscoprire l’esigenza di testimoniare a favore della scintilla fondamentale della ragione e della imprescindibile difesa della dignità di ciascuno» conclude Stefano Ledda.
Sulla falsariga dei racconti, si parte dalla giovinezza dell’autore, dalla passione per la chimica, con lo svelarsi di una nascente “vocazione” per la scienza in “Idrogeno”, poi il parallelismo tra gli elementi e la natura umana, in cui un gas nobile come l’“Argon” rimanda a «un atteggiamento statico di dignitosa astensione, di relegazione al margine del gran fiume della vita», una condizione di aulica riservatezza che induce a sottrarsi al contatto con altre realtà differenti. Un’esercitazione nel laboratorio dell’università, la preparazione del solfato di “Zinco”, offre lo spunto per affrontare «l’incomprensibile universo femminile» e permette di soffermarsi su uno dei passaggi cruciali del libro: «l’elogio all’impurezza».
Diario dal lager e storia di un’amicizia in “Cerio”, con il ricordo di Alberto Dalla Volta, una delle vittime di Auschwitz, e degli espedienti che permisero ai due giovani di sopravvivere nel campo, prima della tragica “marcia della morte”. Infine un messaggio di speranza con il fantasioso itinerario nel tempo e nello spazio di una molecola, nell’incessante susseguirsi delle trasformazioni in un universo dove nulla si crea e nulla si distrugge, che termina nella testa dello scrittore, in “Carbonio”.
La pièce si conclude con i versi de “Le pratiche inevase”, una sorta di “lettera di dimissioni” in cui l’autore dichiara di aver lasciato «molto lavoro non compiuto», confessa le parole non dette, un dono, un bacio non dato, i progetti lasciati in sospeso, i viaggi mai compiuti in «città lontane, isole, terre deserte» e un libro non scritto, che avrebbe «donato a molta gente/ il beneficio del pianto e del riso»: un elegante, sottilmente ironico e quasi profetico addio alla vita e al mondo per un finale in poesia.
I PROSSIMI APPUNTAMENTI
La Stagione 2021-2022 di Teatro Senza Quartiere al TsE di Is Mirrionis a Cagliari prosegue fino al 9 aprile con un focus sulla nuova drammaturgia e protagonisti come Gianfranco Berardi (Premio Ubu 2019) in scena con Gabriella Casolari, l’attore e regista Salvatore Della Villa e l’istrionico Fabio Marceddu (Premio Ermo Colle 2021).
Ironia in scena sabato 26 marzo alle 21 e domenica 27 marzo alle 19.30 con “Il Grigio” di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, nella mise en scène di Salvatore Della Villa, con musiche originali di Gianluigi Antonaci, sonorizzazione di Rocco Angilè e video di Andrea Federico: storia di un uomo che sceglie la solitudine di una casa alla periferia della città, per riflettere e dimenticare la banalità del quotidiano, le delusioni e i fallimenti, e si ritrova a fare i conti con la presenza di un inquietante coinquilino.
Focus sul dramma dell’esistenza con la cifra grottesca e surreale, venata di umorismo, del teatro di Giorgio Gaber e Sandro Luporini con la celebre pièce in cui lo squallore e la noia di un’esistenza intrisa di ipocrisia e volgarità, tra la fine di un matrimonio, il rapporto irrisolto con un figlio e un’amante delusa, cui il protagonista cerca di sfuggire riemergono inesorabilmente nello scontro con una bestia maliziosa e crudele, tra trappole inganni, una sgradevole compagnia che infrange l’agognata pace rigeneratrice.
«Non sfuggirà al pubblico che ‘lui’ in scena non ha un nome, insomma, è un “Innominato” della postmoderna società urbanizzata, che probabilmente non ha nome dal momento che qualsiasi nome di uno di noi lo denominerebbe – si legge nella presentazione –. «E non sfuggirà neppure che lui non è affatto homo oeconomicus, piuttosto è homo agens, e nella vita si è sempre dato da fare per rimuovere le insoddisfazioni al meglio delle sue possibilità. Perfetto homo agens del suo tempo, agisce e subisce al contempo l’inesorabile frammentazione dei suoi giorni, dei nostri giorni; frammentazione che con l’ingresso nella nuova casa spera di risolvere, ricominciando un’altra vita e lasciandosi finalmente dietro i fallimenti e le macerie del passato. Ma a sua insaputa l’oasi felice, tinteggiata di nuovo, è subdolamente abitata. Un disturbatore è nell’oasi, è sleale e ingannatore, lo inquieta, gli toglie il sonno, lo assale… insinua il dubbio, provoca la lotta, rosicchia l’anima, rosicchia perfino le carte della sua migliore creatività. Ma tiene desta la mente».
Fotografia del reale tra echi shakespeariani – sabato 2 aprile alle 21 – con “Amleto Take Away”, uno spettacolo di e con Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari, con musiche di Davide Berardi e Bruno Galeone e disegno luci di Luca Diani (produzione Compagnia Berardi Casolari – Teatro della Tosse) sulle questioni cruciali e i nodi irrisolti del presente, tra le incongruenze e le ingiustizie, gli aspetti più assurdi e grotteschi della società contemporanea, “globalizzata” ma non includente, dove sembra essersi smarrito il senso più profondo dell’umanità.
«“Amleto Take Away” è un affresco tragicomico che gioca sui paradossi, gli ossimori e le contraddizioni del nostro tempo che, da sempre, sono fonte d’ispirazione per il nostro teatro ‘contro temporaneo’ – sottolineano Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari –. «Punto di partenza sono, ancora una volta, le parole, diventate simbolo più che significato, etichette più che spiegazioni, in un mondo dove «tutto è rovesciato, capovolto, dove l’etica è una banca, le missioni sono di pace e la guerra è preventiva».
La pièce – che è valsa a Gianfranco Berardi il Premio Ubu 2019 – rappresenta «una riflessione ironica e amara che nasce dall’osservazione e dall’ascolto della realtà circostante, che ci attrae e ci spaventa». Il confronto con un mondo dove «Tutto è schiacciato fra il dolore della gente e le temperature dell’ambiente, fra i barbari del nord e i nomadi del sud. Le generazioni sono schiacciate fra lo studio che non serve e il lavoro che non c’è, fra gli under 35 e gli over 63, fra avanguardie incomprensibili e tradizioni insopportabili…».
In questo percorso «s’inserisce, un po’ per provocazione, un po’ per gioco meta-teatrale, l’“Amleto” di Shakespeare, simbolo del dubbio e dell’insicurezza, icona del disagio e dell’inadeguatezza… è un Amleto che preferisce fallire piuttosto che rinunciare, che non si fa molte domande… È consapevole ma perdente, un numero nove ma con la maglia dell’Inter e di qualche anno fa, portato alla follia dalla velocità, dalla virtualità e dalla pornografia di questa realtà».
Infine – sabato 9 aprile alle 21 – spazio a “F.M. e il suo doppio” del Teatro dallarmadio, uno spettacolo scritto, diretto e interpretato da Fabio Marceddu, che firma la regia a quattro mani con Antonello Murgia mentre elementi scenici e costumi sono di Paoletta Dessì: un travolgente e sorprendente monologo per una riflessione sull’evoluzione culturale e sociale, vista «con lo sguardo di un adolescente inquieto, alla ricerca del suo “Ego stabile”».Vincitore del XX Palio Ermo Colle (2021) e del Premio del Pubblico alle Voci dell’anima (2016), lo spettacolo, presentato anche all’INSCENA Festival di New York (2018), rappresenta una sorta di “autobiografia” d’artista, con il racconto di una vita tra la passione teatrale e la ricerca di un’identità: un tragicomico one-man-show in cui il protagonista si mette a nudo svelando le molteplici sfaccettature della sua personalità, fra talento istrionico e vis comica, sfogliando l’album dei ricordi personali e familiari e ripercorrendo le tappe della sua carriera.
«Partire dal proprio vissuto, e ritrovarsi a leggere quel che si è fatto, per arrivare dove si è arrivati» in una sorta di viaggio a ritroso nel tempo, significa trasferire sulla scena una trasfigurazione del proprio vissuto, riscrivere la propria storia per guardarsi allo specchio e riconoscersi ma anche prendere le distanze da un’immagine che in realtà è una proiezione di sé.
«“F.M.” è il racconto di una vita, di una porzione di vita, dove il motore è il teatro. L’amore per il teatro, la necessità di fare teatro, la difficoltà di essere attori, alla periferia di un Paese dove è già difficile fare questo mestiere nella Capitale» – si legge nelle note -. «“F.M.” è Fabio Marceddu, ma è anche maschile e femminile, è anche Frequenze Medie, perché la verità sta nel mezzo, ed è anche fra Martino, il grido d’allarme intimato al frate che dorme invece di suonare le campane. E prima che la campana suoni, come recita l’incipit: “Visto che ci stanno togliendo il futuro volgo lo sguardo al passato”».
IL CONCORSO – Prosegue “Veni, Vidi… Scrissi”, il concorso per aspiranti critici teatrali indetto dal Teatro del Segno e inaugurato con l’anteprima dedicata agli “Amori da Palcoscenico”: in palio biglietti omaggio per gli spettacoli in cartellone oltre a un abbonamento (per due persone) alla prossima Stagione di Teatro Senza Quartiere 2022-2023 per il vincitore / la vincitrice designato/a a insindacabile giudizio della giuria presieduta dalla giornalista Maria Paola Masala (già firma del quotidiano “L’Unione Sarda”) mentre la migliore recensione sarà pubblicata sul portale SardegnaEventi24.it . «Un’idea nata» – spiega il direttore artistico Stefano Ledda – «con l’intento di avvicinare e coinvolgere il pubblico e in particolare i più giovani, ma non solo, nel meraviglioso gioco del teatro, sollecitando uno sguardo critico e uno studio attento sui contenuti e sull’estetica teatrale».
BIGLIETTO SOSPESO – Continua anche l’iniziativa del “biglietto sospeso”, ispirata alla tradizione partenopea del “caffè sospeso”, che permette a chi lo desideri di offrire la visione di uno spettacolo a chi non potrebbe permettersi il costo dell’ingresso e nel contempo sostenere il progetto “Teatro Senza Quartiere / per un quartiere senza teatro” 2017-2026, per un’idea di cultura sostenibile e di solidarietà nel segno della bellezza, nella convinzione che il teatro uno spezio fisico e metafisico di confronto fondamentale per lo sviluppo armonioso della comunità.
IL PROGETTO
Il TsE – spazio “ritrovato” e palcoscenico aperto alla città – è il fulcro di un progetto pluriennale di “teatro sociale”, nato con l’idea di offrire un’alternativa e un’opportunità agli abitanti del quartiere e in particolare alle giovani generazioni: un riuscito “esperimento” culturale, capace di intercettare e valorizzare risorse e talenti e insieme di rispondere a istanze e problemi, affrontando argomenti delicati e complessi come il gioco d’azzardo patologico e il fenomeno sempre più diffuso delle truffe ai danni degli anziani. L’arte della rappresentazione come sintesi del reale e proiezione dell’immaginario, capace di dar corpo ai sogni (e agli incubi) del mondo contemporaneo, con un palcoscenico “pulsante” di emozioni trasfigurate in parole, suoni e visioni e un luogo d’incontro e confronto parte integrante della vita culturale e sociale della comunità.
Tra le incertezze del presente, ma guardando al futuro: il progetto pluriennale “TEATRO SENZA QUARTIERE/ per un quartiere senza teatro” proseguirà per un altro quinquennio, in virtù della proroga della convenzione che affida lo storico cineteatro parrocchiale di Sant’Eusebio, ora divenuto TsE, al Teatro del Segno fino al 2026. Un teatro “abitato” che pure nei mesi scorsi, sempre nel rispetto delle regole e delle distanze, con uso di mascherine e sanificazioni, ha ospitato prove e allestimenti, rigorosamente “a porte chiuse”, e la nascita della nuova creazione del Teatro Tages.
La Stagione di “Teatro Senza Quartiere” 2021-2022 si inserisce nel progetto pluriennale “TEATRO SENZA QUARTIERE/ per un quartiere senza teatro” 2017-2026 a cura del Teatro del Segno con la direzione artistica di Stefano Ledda – in collaborazione con la Parrocchia di Sant’Eusebio di Cagliari e con il patrocinio e il sostegno dell’Assessorato alla Cultura, Spettacolo del Comune di Cagliari, dell’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna e del MiC / Ministero della Cultura e con il contributo della Fondazione di Sardegna.
Fondamentale l’apporto di partner e sponsor privati, a partire dal main sponsor TECNOCASA di Roberto Cabras che sostiene l’intero progetto quinquennale, come dell’azienda Fratelli Argiolas carpenteria metallica, grazie alla quale sono stati realizzati alcuni degli adeguamenti tecnici del palcoscenico e del teatro e il partner tecnico DUBS Organizzazione Tecnica per lo Spettacolo di Bruno Usai.
Il progetto “TEATRO SENZA QUARTIERE/ per un quartiere senza teatro” 2017-2026 vede in prima fila, accanto al Teatro del Segno, l’Accademia Internazionale della Luce, il Teatro Tages, il Comitato Casa del Quartiere, Teatro impossibile, la Compagnia Salvatore Della Villa, l’Associazione Culturale Musicale – Orchestra da Camera “Johann Nepomuk Wendt”, la Compagnia dei Ragazzini di Cagliari diretta da Monica Zuncheddu, l’Associazione Culturale CORDATA F.O.R. e il CeDAC (Centro Diffusione Attività Culturali) che organizza il Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.
La compagnia:
Fondato il 12 Gennaio 2009, il Teatro del Segno / Laboratorio di Produzione Teatrale nasce dall’esigenza dei suoi fondatori e del direttore artistico Stefano Ledda, di dirigere in maniera più spiccata la propria produzione artistica e la propria attività didattica verso il teatro sociale e verso interventi mirati alla diffusione della cultura teatrale.
Il Teatro del Segno è una compagnia professionale di produzione, un gruppo aperto ai diversi aspetti dell’espressività che ricerca attraverso la sperimentazione di percorsi creativi diversi, il segno scenico indispensabile alla comunicazione dell’emozione e del senso.
Il Teatro del Segno cura progetti come “Rovinarsi è un Gioco” e “Senza Fiato” e organizza, oltre alla Stagione di “Teatro Senza Quartiere” e alla rassegna “Teatro e Marmellata” al TsE, il Festival “Percorsi Teatrali” a Santu Lussurgiu e il Festival “Palcoscenici d’Estate” ad Allai, nell’ambito di Intersezioni / rete di festival senza rete a cura di Fed.It.Art. Sardegna.
INFO & PREZZI
biglietti: intero € 13,00 – ridotto* € 10,00 – ridotto studenti € 7,00
(*) riduzioni per residenti quartiere Is Mirrionis / under 25 / over 65 / abbonati CeDAC
Card x 3 spettacoli a scelta € 30,00
Card x 2: acquistando 2 abbonamenti a prezzo intero, si può richiedere 1 abbonamento omaggio alla Stagione di Teatro Ragazzi Teatro e Marmellata ’22
per informazioni: [email protected] – M. 392.9779211 (anche whatsapp)