Festa dei lavoratori: riflessione di Miuccio Demontis
Ancora una volta questa giornata, con molta preoccupazione, è segnata dagli strascichi della pandemia e dalla guerra alle porte dell’Europa.
In occasione della Festa dei lavoratori vediamo come il mondo del lavoro è ancora segnato da infortuni mortali sul luogo di lavoro. La Chiesa non può distogliere il pensiero da quanto succede quasi ogni giorno in ambito lavorativo e sociale. Papa Francesco, a più riprese, ce lo ha ricordato “La vera ricchezza sono le persone: senza di esse non c’è comunità di lavoro, non c’è impresa, non c’è economia. La sicurezza dei luoghi di lavoro significa custodia delle risorse umane, che hanno valore inestimabile agli occhi di Dio e anche agli occhi del vero imprenditore” Udienza Associazione nazionale dei costruttori edili, (20 gennaio 2022).Il datore di lavoro, chiunque esso sia, pubblico o privato, deve interrogarsi, ogni giorno, se il proprio luogo di lavoro è sicuro, è in regola con la nostra legislazione, a mio modesto parere, la migliore in Europa. Interrogarsi vuol dire dare le migliori condizioni di vita lavorativa, vuol dire rilevare ed eliminare tutti i rischi presenti nell’ambito lavorativo, dall’organizzazione del lavoro all’utilizzo delle attrezzature. Vuol dire eliminare totalmente la “piaga del lavoro in nero”, deleteria per il datore di lavoro ma anche e sopratutto per il lavoratore che un domani non potrà contare su di una pensione adeguata.
E qui entra in scena la Cultura della sicurezza (con la C maiuscola). In Italia, purtroppo, non si è ancora sviluppata, non è resa ancora obbligatoria, come materia di insegnamento almeno nelle scuole che preparano a una professione. Cultura della sicurezza, vuol dire corsi di aggiornamento seri, dove tutte le figure professionali coinvolte nella prevenzione degli infortuni, quindi tutti, dal datore di lavoro ai dirigenti ai lavoratori, vengano adeguatamente formati e sensibilizzati alla prevenzione. Il legislatore dovrebbe puntare più sulla Cultura della sicurezza che nella repressione fine a se stessa. Certo in alcuni casi è necessario l’intervento repressivo, ma se la prevenzione fosse adeguata, il datore di lavoro potrebbe investire i soldi spesi nelle sanzioni, per migliorare la prevenzione nella sua azienda. Con una sensibile diminuzione dei morti e degli infortuni sul lavoro potremmo anche festeggiare un primo maggio sereno.
Come Ufficio Diocesano di Pastorale Sociale e del Lavoro, per due anni siamo stati fermi, immobilizzati dalla pandemia, ora però vogliamo riprendere il lavoro, cercando con il nostro contributo di sensibilizzare tutti gli attori del mondo del lavoro ad una maggiore prevenzione nei luoghi di lavoro, organizzando incontri mirati proprio sulla Cultura della sicurezza e sulla prevenzione. Perché, sono certo, che solo se ogni attore della prevenzione, partendo dalle istituzioni e dalle parti sociali, contribuisce alla costruzione della Cultura della sicurezza, si avrà finalmente una svolta. Per questo è necessario risvegliare le coscienze. Grazie a un’assunzione di responsabilità collettiva si può attuare quel cambiamento capace di riportare al centro del lavoro la persona, in ogni contesto produttivo.