A lanciare l’allarme è l’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, che si focalizza sulle “imprese in prima linea per l’impatto della guerra nel centro Europa”.
Le violente sollecitazioni dei costi delle commodities indotte dagli effetti del conflitto scoppiato lo scorso 24 febbraio nel cuore d’Europa, anche nell’Isola mettono sotto pressione una ampia platea di attività imprenditoriali.
Nelle prime linee della guerra dei prezzi e dei mercati sconvolti dal conflitto, sono compresi quasi due quinti (37,6%) degli occupati del sistema produttivo sardo: si tratta di 30.175 imprese, la quasi totalità con meno di 50 addetti (99,6%), con 94.920 dipendenti, oltre quattro quinti (83%) occupati in micro e piccole imprese (MPI).
A livello provinciale si osserva un più alto coinvolgimento del sistema produttivo nei settori maggiormente sotto stress a causa del conflitto in corso a Nuoro con il 42,0% di occupati coinvolti nelle imprese in prima linea, Sassari con il 41,0% e Sud Sardegna con il 40,4%.
Nel dettaglio si collocano nella trincea avanzata i settori con una maggiore intensità energetica: dalla metallurgia alla petrolchimica, dalla carta al vetro, dalla ceramica ai trasporti.
Nei comparti manifatturieri energy intensive sono sempre più numerosi i casi in cui il divario tra costi e ricavi diventa insostenibile, costringendo al fermo dell’attività: a due anni dal lockdown sanitario siamo arrivati al rischio di lockdown energetico per 762 MPI con 2.669 addetti.
Il caro-carburanti, come abbiamo visto in questi giorni, colpisce il trasporto merci e persone, comprimendo i margini per 2.989 MPI con 10.815 addetti. Le carenze di materie prime provenienti da Russia e Ucraina, associate a costi crescenti delle forniture, coinvolgono le imprese nei settori dell’alimentare, dei metalli e delle costruzioni, un perimetro in cui operano 15.477 MPI con 41.189 addetti.
Il conflitto ripresenta pesanti conseguenze anche sul turismo, già duramente colpito dalla recessione da Covid-19. Il blocco dei vacanzieri dalla Russia, inoltre, innesca effetti differenziati sul territorio. Tra le regioni in cui la spesa dei turisti russi, in rapporto all’economia del territorio, è più elevata, figura la Sardegna che conta 10.947 MPI nell’alloggio e ristorazione, che danno lavoro a 40.247 addetti.
“Le imprese sono al collasso perché non si aspettavano questo ulteriore aumento di costi fissi in tema di energia e di gas: alcune stanno valutando di interrompere le produzioni perché conviene fermarsi piuttosto che lavorare in perdita: il momento è difficilissimo – commenta Maria Amelia Lai, Presidente di Confartigianato Sardegna – al caro carburante, all’aumento dei costi in bolletta, alla difficoltà nel reperimento e all’aumento dei costi delle materie prime, agli effetti sulla nostra economia delle sanzioni imposte alla Russia, si aggiunge un elemento estremamente preoccupante: sta venendo meno quel clima di fiducia che, tra mille fatiche, gli imprenditori erano riusciti a recuperare, dopo due anni di pandemia in cui hanno fatto il possibile per reggere l’onda d’urto della crisi”. “Purtroppo – continua la Presidente – se da un lato stiamo uscendo dalla pandemia e dal virus, dall’altro stiamo entrando in una pandemia economica e di certo non ci voleva in questo momento. Proprio quando l’economia italiana si stava riprendendo, ora si crea un ulteriore deficit per il nostro Paese, per la Sardegna perché, non dobbiamo mai dimenticarlo, per effetto dell’economia globale, molte aziende lavorano, o sono direttamente collegate, con tanti Paesi dell’est”.
E la preoccupazione di un “crollo” dell’economia, italiana e sarda, è palese tra le imprese, soprattutto quelle piccole, da sempre più soggette alle fluttuazioni dei mercati e della propensione delle persone a spendere e consumare.
“Per questo, è assolutamente necessario che venga rifinanziato l’ammortizzatore straordinario per le imprese artigiane, quale è il Fondo Bilaterale di Solidarietà – aggiunge Daniele Serra, Segretario Regionale di Confartigianato Sardegna – prima che gli effetti della guerra in Ucraina si scarichino aziende”. “Il rischio che il combinato disposto dell’aumento dei costi energetici, di quello delle materie prime e della riduzione degli ordini da parte dei committenti dovuti alle crescenti tensioni internazionali, vada a impattare su tutto il sistema economico sardo, è veramente alto”.
“Non nascondiamo che i riflessi dell’invasione russa sul nostro sistema manifatturiero saranno molto più larghi e strutturali di quanto abbia causato il Covid anche nelle sue fasi più acute di blocco della mobilità – continua Serra – c’è da attendersi un accorciamento delle catene globali del valore, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento a monte, in particolare dell’energia, l’integrazione verticale del ciclo produttivo e la rivisitazione delle politiche delle scorte. Ma ci vorrà tempo affinché questi aggiustamenti si realizzino”.
“Noi siamo contro la guerra ovviamente e speriamo che questo si risolva nei migliori dei modi, nei tempi più brevi possibili – concludono Lai e Serra – certo che la preoccupazione è molta, perché dalla Russia noi importiamo gas, gas vuol dire energia. E noi non siamo produttori di energia. Tutto questo, due anni dopo l’inizio del covid, sta nuovamente modificando i rapporti economici, le esigenze, la domanda e l’offerta. Come avvenuto durante il periodo pandemico, alcune fasce di mercato si sono fermate e una volta ripartite hanno fatto fatica a trovare clienti”.