Ambasciata del Kirghizistan
Vienna Cammarota all’Ambasciata del KirghizistanOra anche i Corpi Diplomatici internazionali!
Ricevuta a Roma dall’Ambasciatore Kirghizistan, Bazarbaev Taalay Cholponbekovich
Vienna Cammarota, anni 72, Ambasciatrice di Archeoclub D’Italia sarà la prima donna al mondo ad andare da Venezia a Pechino a piedi. Partenza dal Lazzaretto Nuovo di Venezia il 26 Aprile mattina!
Gerolamo Fazzini (Presidente Archeoclub D’Italia sede di Venezia) :
“Dopo il Covid riapre il Lazzaretto Nuovo di Venezia.
La stampa che verrà con Vienna Cammarota, potrà vedere, filmare e riprendere le pitture parietali risalenti al ‘500 che abbiamo scoperto, i graffiti spontanei dei marinai, entrare nelle casette poste a ridosso del muro di cinta, usate per ospitare equipaggi e passeggeri delle navi, tenuti in isolamento, in “contumacia”, ma anche lo scheletro di un trentenne, la documentazione originale legata ad eventi epidemiologici di allora ma anche vedere i numerosissimi reperti venuti alla luce da scavi archeologici importanti! Poi Vienna inizierà il suo cammino verso Pechino!”.
E Vienna Cammarota, anni 72, prima donna al Mondo che da Venezia andrà a Pechino a piedi per narrare la Via della Seta in epoca contemporanea, il 19 Aprile terrà una conferenza stampa a Napoli, alle ore 12, presso lo Yacht Club Canottieri Savoia per illustrare i dettagli della sua impresa.
“Oggi, in data 14 aprile 2022, Vienna Cammarota è stata ricevuta a Roma presso l’Ambasciata del Kirghizistan in Italia, dove è stata accolta dall’Ambasciatore straordinario e plenipotenziario Sig. Bazarbaev Taalay Cholponbekovich in persona, dal Console generale Sig. Barakanov Sultan Kanatovich e dal Consigliere diplomatico, il Sig. Isakov Ermet Bolotovich.
“Ho illustrato a Sua Eccellenza il cammino che inizierò il 26 Aprile dal Lazzaretto Nuovo di Venezia, per narrare la Via della Seta nel contesto contemporaneo. Arriverò a Pechino e conto di impiegarci da un minimo di 547 giorni ad un massimo di 1.400 giorni. Sono molto contenta di questo primo incontro con la diplomazia internazionale perché ho riscontrato notevole interesse. Io attraverserò : Slovenia, Croazia, Serbia, Bulgaria, poi scenderò verso la Turchia, Georgia, Iran. Turkimenistan, Azerbaigian, Uzbekistan, Kirghizistan, Kazakistan, Mongolia ed entrerò in Cina.
Un particolare interesse, ovviamente, ha suscitato il tratto che copre la zona dell’Asia Centrale. Sono stati toccati sia argomenti pratici, quali, ad esempio, la durata del visto necessario per attraversare alcuni territori, che quelli umani, come la volontà di conoscere a fondo le tradizioni culturali ed etniche locali e di portare la cultura italiana nel mondo. Infatti, dai presenti è stato riconosciuto il ruolo che aveva avuto Marco Polo nella storia comune dell’Europa e dell’Asia.
Da parte della rappresentanza diplomatica del Kirghizistan. tra l’altro, il primo Corpo Diplomatico a ricevermi, è stata mostrata un’ampia disponibilità ad offrire tutto l’appoggio e il sostegno necessari per garantire la sicurezza e agevolare al massimo il viaggio. Inoltre, ho ricevuto e ascoltato dei consigli di tipo pratico circa le condizioni climatiche invernali nella zona settentrionale che potrebbero ostacolare il passaggio nelle zone montuose.
In conclusione, è stata mostrata una presentazione video del Paese che ha messo in luce le particolarità e le bellezze paesaggistiche”. Lo ha affermato Vienna Cammarota, anni 72, Ambasciatrice di Archeoclub D’Italia, a margine dell’incontro avuto poco fa a Roma con l’Ambasciatore Kirghizistan, Bazarbaev Taalay Cholponbekovich
I funzionari si sono congedati rinnovando i migliori auguri per il viaggio e auspicando a Vienna di trovare l’accoglienza che caratterizza da sempre la cultura dell’ospitalità asiatica.
Ma cosa vedrà Vienna, all’età di 72 anni arrivando a piedi in Kirghizistan?
“C’è il Parco Naturale Nazionale Ala-Archa, parco alpino nelle montagne Tian Shan del Kirghizistan, situato a circa 35 km a sud della capitale Bishkek.
Ma vedrò anche la Torre di Burana, un minareto situato nella valle di Čuj, in Kirghizistan settentrionale, si trova a circa 80 km a est della capitale Biškek – ha continuato la Cammarota – e vicino a Tokmok. In questa torre vi sono alcune iscrizioni tombali, e nei pressi anche tre mausolei a testimonianza dell’antica città di Balasagun, un insediamento che era stato fondato dai karakhanidi alla fine del IX secolo. Poi c’è il Tash Rabat, un caravanserraglio in pietra del 15 ° secolo nel distretto di At Bashy situato ad un’altitudine di 3.200 metri”.
E Vienna Cammarota partirà il 26 Aprile dal Lazzaretto Nuovo di Venezia. La stampa potrà vedere i luoghi della Quarantena e soprattutto gli ambienti della Laguna come erano migliaia di anni fa!
Superate le quarantene del Covid ritorna ai visitatori l’Isola del Lazzaretto Nuovo, dove nacque la quarantena. La stampa potrà, il 26 Aprile, vederla con Vienna Cammarota.
“Superate le quarantene del Covid 2019 torna ad essere aperta ai visitatori l’isola della “quarantena”, il Lazzaretto Nuovo, che è, tra i lazzaretti veneziani, l’unico ad essere stato pienamente recuperato in questi ultimi decenni.
Oggi, dopo i molti restauri realizzati, oltre agli aspetti storico-archeologici e monumentali, è usufruibile anche come area naturalistica e ambientale: un ecomuseo, collegato anche con altre realtà e istituzioni del territorio.
A Venezia dopo il “Lazzaretto vecchio” (1423), primo lazzaretto della storia, dove erano isolati i casi manifesti di peste, nel 1468 venne istituita una seconda struttura sanitaria che aveva il compito di isolare i sospetti, detto “lazzareto novo” per distinguerlo dall’altro già esistente, Lazzaretto Vecchio. Un Magistrato alla Sanità dal 1485 – ha affermato Gerolamo Fazzini, Presidente di Archeoclub D’Italia, sede di Venezia – coordinò poi l’attività di una articolata e complessa struttura sanitaria, diffusa in tutto il territorio della Dominante.
Infine, negli anni prossimi ormai alla caduta della Serenissima, nel 1793 venne istituito in Laguna un terzo lazzaretto, il “Lazzaretto Nuovissimo”, nell’isola di Poveglia vicina al porto di Malamocco che nel periodo della dominazione austriaca funzionò per contrastare un’altra emergenza sanitaria particolare, quella del colera (1830).
Venezia, città di mare, nel Medioevo emporio internazionale, epicentro di un’economia basata sugli scambi tra l’Europa e l’Oriente, era punto d’arrivo delle rotte dal Mediterraneo e da tutto il mondo allora conosciuto.
Assieme ai preziosi prodotti orientali, che hanno fatto la fortuna della città, con le navi giungevano in laguna anche pericoli per la salute, malattie sconosciute e incurabili. Ogni nave poteva essere una bomba batteriologica.
Attraverso la pratica quotidiana, i veneziani intuirono che il morbo peggiore, la peste, si trasmetteva per contagio e non per punizione sovrannaturale o individuale, come invece ritenevano le superstizioni dell’epoca.
Non essendoci medicine efficaci o cure possibili non rimaneva che anticipare, evitare, prevenire le occasioni di contagio. Il Lazzaretto Nuovo fu una soglia per Venezia, il luogo in cui dovevano essere fermate imbarcazioni, merci e persone provenienti soprattutto dai porti del Levante mediterraneo prima di entrare in città”.
E la stampa potrà vedere tutto ciò! Ad esempio potrà vedere, filmare e fotografare anche antichi graffiti, le imbarcazioni usate da Marco Polo ma anche e addirittura uno scheletro vero di un giovane di anni 30 con ogni probabilità deceduto proprio di peste! C’è ad esempio il Tezon Grande risalente al ‘500!
“Dunque vengono realizzati muri, dette “contumacie”, nominate con nomi differenti e pittoreschi: “Fontego”, “Ponta”, “Galine”, “Priorado”, “Horto”, “Ortazzo”, “Barcaroli”, ecc. In particolare vengono edificate grandi tettoie, dette “teze”, per la decontaminazione delle merci.
Le procedure impiegate per la disinfezione erano diverse: dall’esposizione all’aria, all’acqua salata o bollente, cenere, aceto; e “fumigando”, bruciando erbe aromatiche come ginepro e rosmarino.
Il principale edificio dell’isola, il cinquecentesco Tezon Grande, lungo più di cento metri (un tempo il più grande edificio di Venezia dopo le “Corderie” dell’Arsenale) – ha proseguito Gerolamo Fazzini – conserva ancora molte testimonianze del periodo, che ricordano la brulicante attività quotidiana e testimoniano la presenza dei mercanti, dei bastazi (cioè dei facchini incaricati del trasporto ed espurgo delle merci) e dei guardiani del Magistrato alla Sanità. Come nei Tezoni del Lazzaretto Vecchio, anche lungo le pareti e sui pilastri degli archi del Tezon Grande al Lazzaretto Nuovo, si leggono marchi commerciali, racconti di viaggi, fatti storici come ad esempio elezioni di dogi: un corpus originale di grande interesse storico e antropologico.
Probabilmente questi pitture parietali derivano dalla necessità dei guardiani di sanità di garantire sicurezza e tracciabilità nelle movimentazioni delle merci.
Per sapere dove rimettere le cose dopo le varie procedure di espurgo, si ricopiavano sulle pareti, sopra il posto dov’erano collocate, i marchi commerciali impressi sui sigilli in piombo degli imballaggi.
Protette per secoli da provvidenziali strati di calce, che sono parzialmente caduti perché dilavati dalle intemperie dopo il crollo dei soffitti, queste testimonianze, di varie dimensioni e tipologie, erano realizzate con pennello e pitture contenenti pigmenti a base di ossidi ferrosi, ottenuti dalla macinazione di mattoni gia presenti sull’isola, fissate con collanti naturali come la caseina.
Sono state oggetto di studio e conservazione durante i workshop Archeoclub sulle tecniche pittoriche organizzati in isola da Luciano Zarotti e Dorina Petronio negli anni 2000-2010 e quindi di un sistematico intervento di restauro finanziato nel 2011 dal Venice in Peril Fund nel quadro del programma Unesco-Comitati Privati per la Salvaguardia di Venezia”.
Si vedranno ad esempio le iscrizioni abbastanza estese risalenti al 1500 e al 1600!
“Numerose iscrizioni, abbastanza estese, comprese tra la seconda meta del 1500 e i primi decenni del 1600 testimoniano soprattutto l’arrivo di navi dai porti dal Levante: da Costantinopoli, Cipro, Creta, Napoli di Romania (Nauplia), Alessandria d’Egitto.
Queste scritture sono documenti storici di eccezionale rilievo linguistico perché riportano sui muri le trasformazioni della lingua viva, pratica e di comunicazione di ogni giorno; scritture semicolte, che testimoniano concretamente l’affiorare dell’italiano, unito a tratti di italiano regionale e dialettale, soprattutto veneziano e lombardo.
Si tratta di scritture spontanee, non commissionate, realizzate in un italiano scritto, usato anche dagli strati più umili della popolazione, che nello stesso tempo confermano l’uso di una specie di lingua “franca” – ha continuato Fazzini – usata da commercianti e mercanti in ambito mediterraneo.
Questo patrimonio linguistico e documentario, per quanto finora emerso e restaurato (manca ancora buona parte della sezione orientale del Tezon Grande), è stato recentemente pubblicato grazie allo studio e catalogazione integrale compiuti da Francesca Malagnini, professore associato di Linguistica italiana dell’Università per Stranieri di Perugia. Responsabile della gestione del Lazzaretto era un priore laico, funzionario del Magistrato alla Sanità, con incarico quadriennale non ripetibile.
La sua abitazione si trovava accanto all’ingresso principale, sul lato nord dell’isola. Il priore era l’unico che aveva le chiavi per poter accedere alle varie zone dell’isola e collaborava con il medico, che individuando casi di malattia doveva subito inviarli al Lazzaretto Vecchio, l’ospedale vero e proprio.
Doveva provvedere a vitto, alloggio e provviste d’acqua, a sequestrare le armi, impedire schiamazzi e giochi d’azzardo o che si praticasse la pesca nei canali circostanti. Doveva effettuare la disinfezione delle lettere con “crivèllo” (setaccio) e “foghèra” (braciere).
Doveva firmare le “Fedi di sanità”, cioè i certificati di abilitazione sanitaria dopo i periodi di “contumacia” (quarantena), facendo particolare attenzione che i passeggeri, prima che se ne andassero, ripagassero le spese per eventuali danni agli alloggi. Doveva essere sposato o comunque garantire la presenza di una priora che badasse al reparto femminile.
Di molti priori conosciamo nome, cognome e incarichi ricevuti, attraverso documenti d’archivio, ma anche scritture parietali ed epigrafiche. In particolare ricordiamo Cristoforo Bartolo (“rector pietate clarus”) che negli anni compresi tra il 1532 e il 1534 a sue spese fece ricostruire la chie[1]sa del Lazzaretto Nuovo, intitolata a San Bartolomeo, come afferma una lapide in pietra d’Istria ritrovata nello scavo della chiesa.
E le casette poste a ridosso del muro di cinta. Si potrà entrare, vedere e filmare con Vienna Cammarota, che poi partirà per Pechino!
“Nel 1576, racconta Francesco Sansovino, esso “è dotato di cento camere et dalla lontana ha sembianza di castello”: il curioso aspetto è dovuto ai grandi camini alla veneziana delle casette poste a ridosso del muro di cinta, usate per ospitare equipaggi e passeggeri delle navi, tenuti in isolamento, in “contumacia”, inizialmente per periodi variabili, poi per quaranta giorni: da qui il termine “quarantena”. Sull’isola vengono costruiti molti edifici entro dieci aree di “riserva sanitaria” – ha concluso Fazzini – separate con alti
Il Lazzaretto Nuovo di Venezia ha un’importanza storica perché è un’isola che garantisce il rispetto della memoria, delle tradizioni lagunari, della storia ricchissima di Venezia dei suoi commerci con l’Oriente e tutto questo è documentato dagli scavi e questo territorio può dire ancora tanto”.