CBD in Italia: ecco cosa prevede la normativa in materia di cannabidiolo
Il CBD è legale? La posizione dell’Italia
Le disposizioni legali in materia di cannabis sono ancora piuttosto farraginose e a tratti contraddittorie.Se anche tu hai sentito parlare dei numerosi benefici del cannabidiolo, è probabile che ti stia chiedendo se è legale e quali siano le normative vigenti da rispettare.
Con l’avvento di numerosi negozi dedicati alla cannabis light, sembra diventato più facile reperire prodotti a base di marijuana legale, come hashish, oli essenziali e tanto altro ancora.
Ma come bisogna muoversi per essere sicuri di non sforare nell’illegalità?
Il CBD è legale in Italia? Scopriamolo insieme.
Cos’è il CBD?
Il cannabidiolo, anche conosciuto con l’acronimo CBD, è uno dei principi attivi contenuti nella pianta di marijuana. Fa parte di un’ottantina di componenti e assieme al THC rappresenta una delle sostanze presenti in maggiore concentrazione.
È proprio attorno a questi due elementi costitutivi che si accendono i dibattiti, di natura legale e etica, in merito alla cannabis e al suo utilizzo.
La ragione di tanto interesse è da identificare senza dubbio nelle proprietà di questi due elementi, molto diversi tra loro.
Il THC, sigla per identificare il tetraidrocannabinolo, è una molecola dalle note proprietà psicotrope, responsabile della famosa efficacia drogante della marijuana. È a questa molecola e agli effetti che suscita, che si devono le politiche proibizioniste che hanno poi condotto alla stigmatizzazione che trova spazio ancora oggi.
Per quanto riguarda invece il CBD, la situazione cambia. È stato appurato, che tale componente non è responsabile in alcuna misura degli effetti stupefacenti attribuiti alla cannabis. Al contrario, parrebbe avere svariate proprietà benefiche, in termini di salute e cosmetica.
CBD in Italia
Da diverso tempo, medici e scienziati hanno svolto attività di ricerca, atta a conferire credibilità ufficiale a tutti quei miglioramenti riferiti dai consumatori abituali, come la riduzione di ansia e insonnia e del dolore (cronico e non).
Vediamo ora come la situazione del CBD viene regolata dalla legge italiana.
Come si esprime la normativa italiana in fatto di CBD.
La legge italiana in materia di CBD è la 242/2016 ed è entrata in vigore nel 2017. Nel dettaglio, la normativa regola le fasi di coltivazione, lavorazione e vendita della canapa.
In seguito a questa norma infatti, abbiamo assistito all’apertura di numerosi negozi, dedicati alla vendita di prodotti inerenti il mondo della cannabis, tra i quali anche derivati di diversi tipi.
Ma la marijuana che può essere venduta e acquistata all’interno di questi esercizi, non è marijuana qualunque.
La legge è molto chiara su questo punto. L’unica cannabis legalmente commercializzabile è un particolare tipo, detto appunto marijuana legale.
La differenza sostanziale tra le due varietà consiste nella concentrazione del principio attivo psicotropo: il THC. Per poter essere considerata adatta alla vendita, infatti, la legge impone che non superi un limite massimo di tetraidrocannabinolo, che non potrà essere superiore allo 0.2%. Lo scopo di tale misura è quello di privare la canapa della sua efficacia drogante.
Per quanto riguarda invece il CBD, non esistono limiti di concentrazione.
In sostanza dunque, la legge considera illegale solo uno dei due principi attivi maggiori della cannabis.
Vediamo ora nello specifico, cosa prevede la legge.
Come specificato, la legge si esprime in materia di coltivazione, lavorazione e vendita della canapa. Il consumo a scopo terapeutico o ricreativo infatti, non è l’unica applicazione possibile per le piante di cannabis.
Il loro impiego risulta estremamente proficuo anche in altri settori, quali la bioedilizia, la cosmesi, l’alimentazione e non solo.
In ogni caso, è fondamentale conservare tutta la documentazione relativa alla provenienza della cannabis e tenere presente che ogni prodotto può essere soggetto a verifica da parte delle autorità, per verificare i requisiti di legalità.
Se la legge però è molto chiara sui requisiti di coltivazione, lavorazione e vendita della cannabis, non possiamo non notare che non si esprime in alcun modo in merito al suo consumo.
Secondo la normativa quindi, il cannabidiolo non è tra le sostanze illegali o stupefacenti.
È quindi consentito ogni suo utilizzo?
Vediamo insieme ciò che esprime (o no?) la legge italiana.
Ma quindi è legale consumare prodotti a base di CBD?
La normativa vigente si esprime chiaramente in merito al limite di legalità imposto per la cannabis. Il THC non può essere presente in misura superiore allo 0.2%.
Ciò su cui la legge invece non si esprime, è l’utilizzo che si può fare della cosiddetta cannabis light o legale.
Si potrebbe pensare, che rispettando le percentuali legali del tetraidrocannabinolo,
ci si possa muovere in libertà sotto l’ombrello della legalità, ma non è così.
Stando alla norma vigente in Italia, è illegale consumare la cannabis, anche se light, come prodotto da combustione e di conseguenza non può nemmeno essere venduta come tale. È consentito il suo utilizzo a scopi alimentari, cosmetici o collezionistici.
In sostanza, è possibile acquistarla, ma non la si può fumare.
È consentita inoltre la vendita di alcuni prodotti a base di cannabis legale, tra i quali oli essenziali e di liquidi per sigaretta elettronica.
Un vuoto normativo piuttosto curioso, che a tratti sembra voler assecondare a tutti i costi la questione etica e morale correlata al consumo di marijuana.
In sintesi, cosa dice la normativa sul cannabidiolo in Italia?
Stando alla legge 242/2016, l’illegalità della cannabis è direttamente collegata alla sua concentrazione di THC. Nessuna menzione invece per i livelli di CBD. Vediamo a cosa è dovuta questa clausola.
Come anticipato, i principi attivi contenuti nella marijuana sono moltissimi, ma due di essi hanno una concentrazione particolarmente alta e sono pertanto considerati i più importanti: CBD e THC. Mentre il primo pare avere proprietà terapeutiche, al THC viene invece attribuita, a ragione, la proprietà psicotropa della cannabis.
Sulla base di questa differenza, la normativa si esprime dichiarando legale il cannabidiolo e consentendo la produzione, lavorazione e vendita di piante di canapa, la cui concentrazione di THC non superi però lo 0.2%, quantità insufficiente a generare gli effetti droganti.