Mazzini, Monumenti Aperti 2022 e Palazzo Sanjust
e p.c. Uffici Italiani del Parlamento Europeo,
una delle amare riflessioni cui i reiterati delitti perpetrati a palazzo Sanjust hanno indotto molti di noi liberi muratori all’obbedienza del Grande Oriente d’Italia è stata la seguente:
mascherando e pastrocchiando il busto di Giuseppe Mazzini (dopo quello di Giovanni Bovio) ed ancora di più coprendo, da parte dei maggiori dignitari locali, il delirio e lo spasso iconoclasta è come si fosse stabilita una cesura fra un prima “storico” e d’orgoglio ideale ed un presente “di cronaca” corrente e disorientato, qualunquista e cafone.
In quanto società trasversale la Massoneria accoglie ed ha accolto i più diversi, si pensi sempre alla loggia interetnica, interculturale ed interreligiosa di Rudyard Kipling.
Peraltro è anche vero che il principio ed il valore della universalità, che è costitutivo della Fratellanza liberomuratoria, non può annullare la compresenza, nella sua contezza, di un fermento nazionale:
quello stesso che l’ha resa quale è stata nel tempo e dovrebbe essere ancora oggi.
La presenza della bandiera tricolore e di quella europea nei nostri templi vuole alludere ad una appartenenza certa che, lungi però dall’essere chiusa e sciovinista, monade autoreferenziale invece che tessera di un nobile mosaico, si connota invece di quelle proprietà patriottiche com’erano state declinate, nell’Ottocento risorgimentale e in parallelo alla rifondazione della Massoneria italiana, da Giuseppe Garibaldi – gran maestro dell’ordine – e in somma misura da Giuseppe Mazzini.
Lo abbiamo letto in cento libri, nelle pagine di Mola, di Conti, di Esposito, dei grandi storici della Massoneria italiana:
ogni patria che abbia sognato la democrazia, lottato cioè per la libera partecipazione popolare al governo del bene comune, è stata assunta come propria dal seguace mazziniano.
Così fu nell’idea della Giovane Europa (1834) da cui, cento e più anni dopo, è venuto il manifesto di Ventotene, così è costantemente ricordato, come via maestra, nelle logge che rapporti di fraternità sviluppano con officine interne ad altre Comunioni legittime e regolari nel continente e nei continenti.
Fin da quando, alla costituente di Firenze, il Grande Oriente Italiano divenne Grande Oriente d’Italia, i gran maestri dell’Ordine hanno tutti indossato la divisa morale del mazzinianesimo.
Nel 1872 il gran maestro Giuseppe Mazzoni ci ha donato perfino il precetto della commemorazione del 10 marzo.
Quante logge, nel tempo, sono state intitolate a Giuseppe Mazzini! A Roma e Genova, a Sanremo e Torino, a Colle d’Elba e Catania, a Livorno e Gioia Tauro, a Messina e e in altri posti ancora, anche esteri come Il Cairo e New York.
Anche Cagliari ebbe nell’Ottocento la sua loggia Mazzini, e la ebbe pure nel Novecento quando diverse componenti rifluirono dapprima nella Cavour e poi nella Nuova Cavour.
Il mazzinianesimo non deve tradursi come appartenenza ad un partito politico, ma ad una area ideale ed etico-culturale che guarda alla elevazione dello spirito del singolo (si pensi alle tavole dei Doveri dell’Uomo) e insieme alla emancipazione sociale.
In questo senso anche nella Associazione Mazziniana Italiana i presidenti massoni – si pensi da subito a Giuseppe Chiostergi, eccelsa figura di antifascista – si alternarono ai presidenti non massoni:
perché prevalente su tutto e in tutti fu sempre l’apostolato civile e umanitario, mai la tessera di un partito o di un circolo, di una loggia o di una qualsiasi associazione.
Prevalente fu sempre, sulla militanza particolare, la missione etico-civile sulle orme del Profeta dell’unità.
Per questo ci ha sorpreso che l’Associazione Mazziniana Italiana, se innalza, come ha fatto pochi mesi fa, un nuovo monumento al Profeta dell’unità in quella Cervia che è così intimamente legata alla sardissima Grazia Deledda, non abbia trovato ispirazione a pronunciarsi, né attraverso la sua presidenza nazionale né attraverso le sue sezioni isolane, sull’offesa recata al prezioso manufatto d’arte custodito nel capoluogo sardo (perché non è solo il basco calcato sul capo della statua ma quello scombinato motteggio che l’accompagna, combinando un volgarissimo “PuritoAnis” alle tragedie bergamasche del covid, quando partivano camion militari zeppi di salme stipate alla meglio – 18 marzo 2020).
Mentre quei mezzi militari transitavano funestamente nel cuore degli italiani, a palazzo Sanjust c’era chi si baloccava divertito insieme al busto di Mazzini! Facendolo compagno di una baldoria insana quanto oltraggiosa ed incomprensibile.
Osiamo scorgere fragilità d’ipocrisia in questo silenzio omertoso, e contro quell’ipocrita omertà invece ci dichiariamo:
noi che di lato alla militanza iniziatica nel Grande Oriente d’Italia conserviamo personali simpatie politiche diversificate, chi per il riformismo socialista o per quello liberale, chi per l’autonomismo sardista o per quello repubblicano o radicale, ecc., sentiamo in Giuseppe Mazzini l’Apostolo unificante, come è ideale unificante l’Europa dei popoli!
Morì 150 anni fa, Mazzini, e Cagliari – anche la Cagliari moderata – ne onorò pubblicamente la testimonianza di vita ed il magistero. Eppure proprio dai mazziniani “ufficiali” non si è udito neppure un sibilo di dolore, oggi, per lo sfregio dell’immagine dell’Apostolo, per l’offesa alla sua memoria civile.
Indirizziamo questa nostra riflessione, per la quale chiediamo ospitalità alla piattaforma Giornalia.com e a Sardegna Report, alle logge Giuseppe Mazzini all’obbedienza del Grande Oriente d’Italia ed alla presidenza nazionale dell’Associazione Mazziniana Italiana.
Da quest’ultima non ci aspettiamo alcuna risposta, neppure di cortesia. A noi bastava e basta lasciare, per il futuro, una traccia certa della nostra testimonianza.
Segnaliamo di seguito gli articoli, tutti pubblicati on-line, che denunciano la drammatica situazione (denuncia esposta anche al Sindaco della Città Metropolitana di Cagliari):