Grande successo per la Festa della Montagna, assente in calendario da tre anni
All’alba le paranze sono salite sulla cima (a quota 1132 metri di altezza) del Monte Somma, ultima parete del complesso vulcanico che coprì Pompei. Lungo le valli della montagna i suoni e canti popolari hanno arricchito una ricchezza sensoriale già impreziosita dai colori della Primavera. Dopo tre anni è finalmente tornata la Festa della Montagna.Di particolare interesse anche l’apertura straordinaria del Museo delle Tradizioni Etnostoriche delle Genti Campane che con i suoi 10.000 reperti racconta le più importanti tradizioni popolari di tutta la regione.
“Una ripartenza importante con le tradizioni popolari. Importante è stata anche l’apertura straordinaria del Museo delle Tradizioni Etnostoriche della Campania. Con le vere tradizioni abbiamo la possibilità di fare di Somma Vesuviana una città aperta al turismo che si riconosce nelle tradizioni popolari della Montagna.
Ricordiamo da dove nasce la tradizione del Sabato dei Fuochi che termina, ogni anno, il 3 Maggio e che a Somma chiamiamo il 3 della Croce in ricordo dell’eruzione del 1631 quando la lava risparmiò la testa lignea della Madonna di Castello (nonostante la distruzione della chiesa che la ospitava).
Il 3 Maggio le paranze di canto popolare salgono sulla cima della Montagna quale è il Monte Somma, patrimonio geologico del nostro territorio. Non dimentichiamo che proprio il Monte Somma è l’ultima parete rimasta del complesso vulcanico che coprì Pompei, Torre Annunziata, Castellammare di Stabia, Ercolano ed altri paesi. Somma è il territorio del pomodorino “Piennolo”, dell’albicocca e dell’uva Catalanesca esportata dagli spagnoli durante la loro dominazione. Somma è territorio compreso nel Parco Nazionale del Vesuvio”. Lo ha dichiarato Salvatore Di Sarno, sindaco di Somma Vesuviana nel napoletano.
Dunque oggi, dopo ben 3 anni di pausa, è ritornata la tradizionale Festa della Montagna contraddistinta da canti popolari dedicati alla Madonna di Santa Maria delle Grazie a Castello. E’ il rito alla Madonna di Castello detta anche “Mamma Schiavona o Pacchiana o affettuosamente “Vicchiarella nosta”.
Si tratta della prima, grande, tradizione di canto popolare ritornata nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio dopo la fine delle restrizioni. La Festa della Montagna a Somma Vesuviana è una delle più note tra le tante e storiche feste sia folcloristiche che religiose che si svolgono ogni anno o a distanza di qualche anno, nella città vesuviana alle spalle del Monte Somma, ultima parete del complesso vulcanico che coprì Pompei.
All’alba le paranze, i cittadini, i fedeli e i turisti sono saliti sulla cima del Monte Somma dove è situata una cappella con la Croce a 1132 metri di altezza. Un luogo dal quale si domina tutta la Campania, in modo particolare il Golfo di Napoli, la Valle dell’Inferno e il gran Cratere del Vesuvio.
In serata nel Borgo antico avrà luogo la consegna della Pertica alla donna amata con serenata al balcone.
La forte componente folcloristica è riconducibile al culto della Madonna di Castello che affonda le sue origini in quello molto più antico della “montagna di fuoco”.
La Festa inizia dopo la Domenica di Pasqua, con il Sabato dei Fuochi (il primo dopo Pasqua) e coinvolge tutti i comuni che si trovano ai piedi del Monte Somma, tutti interessati dalle varie eruzioni vulcaniche. E’ un evento molto sentito a Somma Vesuviana che ha inizio con grandi falò notturni intorno al Santuario della Madonna di Castello nella parte alta del paese. Il 3 Maggio poi l’inno alla Madonna, proprio dinanzi al Santuario, con i tradizionali strumenti di canto popolare.
Molto suggestiva e particolare è la tradizione a cui è possibile assistere l’ultimo giorno della manifestazione, il 3 Maggio: la preparazione della “pertica” costituita da un ramo di castagno adornato ed impreziosito con frutti, fiori e cibi con il quale si omaggia la propria donna intonando “canti a ‘ffigliola“.
La Festa della Montagna che si svolge a Somma Vesuviana non è una sagra, non è un concerto ma è una tradizione culturale ben radicata che vede insieme: religione, canto popolare tradizionale e cultura popolare. Si tratta di uno dei principali eventi della tradizione campana. Ogni sabato le paranze musicali provengono dai vari paesi limitrofi.
Non è mancata l’apertura straordinaria del Museo Etnostorico delle Genti Campane situato a pochi metri dal Santuario di Santa Maria a Castello. La stampa che verrà a Somma Vesuviana potrà vedere, visitare e filmare il Museo.
“Almeno 10.000 sono i cimeli all’interno del Museo Etnostorico delle Genti Campane, una sintesi delle principali tradizioni popolari dell’intera Campania. Ed è in questo museo che è possibile entrare nella Casa Contadina o vedere insieme la Tammorra, gli strumenti a percussioni del nostro territorio con quelli ad esempio di Cuba o dell’Africa. Il Museo difende il principio identitario locale, quello, cioè delle tradizioni – ha affermato Biagio Esposito, Presidente dell’Accademia Vesuviana di Tradizioni Etnostoriche – teorizzate con metodologia scientifica, nel panorama etnoantropologico nazionale e internazionale.
Alla vocazione territoriale risponde con otto sezioni che amplificano molteplici campi di ricerche, tra i quali quelli etnomusicali, etnografici, iconografici, museali pedagogici dell’arte e della creatività giovanile, una biblioteca ricca di prime edizioni, antichi testi a stampa con copertina in pergamena, cinque centine, sei centine, sette centine in 4°, 8° e 16°, fra i quali un testo a stampa del 1525 sui Principi Peripatetici. Si avvale di un prezioso archivio etnostorico delle ritualità cerimoniali del mondo.
Il Museo è situato nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio, nella zona di Santa Maria a Castello di Somma Vesuviana”.
La storia del Santuario Mariano nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio Nel 1269 Carlo d’Angiò, re di Napoli, fece costruire sulle pendici del Monte Somma un castello, proprio dove sorge l’attuale Santuario.
Al suo interno fece erigere una cappella dedicata a Santa Lucia, martire siracusana. Nel castello soggiornarono Carlo Martello, Caterina, moglie di Filippo di Costantinopoli e lo stesso Carlo d’Angiò.
In seguito un po’ per le guerre, un po’ per le numerose eruzioni del Vesuvio, restò per lungo tempo disabitato e abbandonato.
Nel 1622 il venerabile don Carlo Carafa, fondatore della Congregazione dei “Pii Operai”, di ritorno da Roma per l’approvazione delle Regole, desiderando ritirarsi in solitudine per praticare esercizi spirituali, trovò questo luogo adatto ai suoi desideri e lo comprò vendendo del suo bestiame. Sui ruderi dell’antico castello, costruì una casa per la sua Comunità, ripristinò l’antica cappella di S. Lucia, dove collocò una statua lignea della SS.ma Vergine, che fu chiamata Santa Maria a Castello.
L’eruzione del 1631 e poi la rinascita Il 16 dicembre del 1631 una terribile eruzione del Vesuvio, distrusse ogni cosa, compresa la chiesa e la statua della Madonna.
Cessata l’eruzione, alcuni contadini, scavando sotto la cenere trovarono la testa della statua staccata dal busto incenerito e la consegnarono ai Sommesi, i quali la affidarono ad uno scultore di Napoli per ripristinarle il corpo.
Ma lo scultore, impegnato in altri lavori, la lasciò chiusa in una cassa. Un giorno, la figlia, costretta a letto perché immobilizzata agli arti, udì una voce proveniente dall’interno della cassa. La voce la invitava ad alzarsi ed aprire la cassa dicendo: “vieni ed apri”.
La Madonna si presenta seduta in trono, con la sinistra sostiene il Bambino e con la destra regge il mondo sormontato da una croce.
La statua venne consegnata ai Sommesi i quali la collocarono nella chiesa di S. Lorenzo, rimasta intatta dall’eruzione del 1631 (oggi però completamente distrutta), in attesa che si completasse l’attuale chiesa di Castello.
La costruzione della chiesa, per mancanza di fondi, procedeva molto lentamente; la Vergine apparve ad una sua devota e le disse di recarsi da Antonio Orsini – un nobile e ricco cavaliere, discendente dai Conti di Sarno – pregandolo di aiutare economicamente il completamento della chiesa. Durante la costruzione, avvennero diversi prodigi.
Per la mancanza di acqua sul posto e per la difficoltà a portarla su, il lavoro procedeva con molto ritardo.
I fedeli pregarono la Santa Vergine e, scavando nei pressi della chiesa, trovarono una quantità enorme di acqua.
Ogni anno, nel mese di maggiom si ripete il miracolo dell’acqua che sgorga nel fosso.
Alla fine dei lavori, nel sabato dopo Pasqua del 1650, la statua fu solennemente portata nella chiesa di Castello, dove ogni anno si rinnova la tradizionale festa sino al 3 maggio.
Dal 1964 la chiesa può essere più facilmente raggiunta grazie ai lavori di ampliamento della strada.
Fonte foto: Napoli Village