Tra il 2020 e il 2021, in piena pandemia, l’autore s’è rifugiato tra Capo Pecora e Scivu, in una delle zone più selvagge e inaccessibili della costa occidentale della Sardegna. E in quel momento di assoluto isolamento ha sentito accanto a sé la muta presenza della pietra: Nuda e viva. Presentata come una sequenza di stone portraits in bianco e nero, la mostra è il resoconto di un cammino visionario attraverso le straordinarie formazioni di granito emerse in epoca cambriana (600 milioni di anni fa), che nel corso dei millenni sono state modellate dall’acqua e dal vento a immagine e somiglianza del mondo vivente.
Curata da Roberta Vanali e prodotta dal Centro Fotografico di Cagliari di Cristian Castelnuovo, Nuda e viva è accompagnata da una scheda scientifica curata da geologi dell’università di Cagliari.
“Mi sono auto-esiliato in Sardegna. E non credo che la gente vicino a me fosse contenta. Venivo da Bergamo, città simbolo del Covid, e ho dovuto abituarmi a stare per i fatti miei…”. Inizia così una delle tante storie segnate dal primo lockdown, la fase più avversa di questa piaga che sta flagellando il nostro paese e i cui effetti catastrofici, sotto gli occhi di tutti, non accennano a placarsi. Una storia che origina dal dramma per raccontare la bellezza. Quella bellezza di una terra senza tempo che cattura chiunque approdi nell’isola di pietra. Terra antica dagli orizzonti infiniti, stretta tra l’immensità del mare. Sono quelle rocce millenarie scolpite e modellate dal vento, levigate dalle onde che vi si infrangono, il motivo di riflessione di Beppe Fumagalli, folgorato dai tanti scenari immobili e incantati delle rocce che da Capo Pecora si spingono fino a Piscinas. Un’area geologica unica al mondo che ingloba scisti, calcari e dolomie d’epoca cambriana, stagliandosi all’improvviso verso il cielo e spezzando violentemente l’orizzonte.
Tra la solitudine selvaggia di una natura incontaminata e il silenzio più profondo, l’autore coglie ben presto le ipnotiche e spaesanti forme che fissa nei suoi scatti, in un bianco e nero mai troppo rigoroso. Monoliti antropomorfi e zoomorfi che rende vivi, pulsanti. Restituendo un microcosmo animato da sagome inondate di luce che si susseguono emergendo dalle acque. Un universo costellato di eterni custodi fatti di sola pietra nuda e viva. A metà tra documentazione e proiezione mentale, tra contemplazione ed estetica del sublime, quello di Beppe Fumagalli è un viaggio interiore alla riscoperta della spiritualità connessa alla natura. Un percorso introspettivo nel suo intimo sentire, nella parte più profonda dell’animo umano con l’obiettivo di rendere visibile l’invisibile. Cristallizzando qualcosa di unico e irripetibile con l’attitudine di dare vita alla pietra conferendole un’aura di sacralità: “Era come se avessi captato una frequenza sonora, (…) un invisibile intreccio di relazioni di forma e di senso, come quelli che possono legare tra loro le figure inserite nel portale di una cattedrale medievale”.
BIO
Beppe Fumagalli, giornalista, inviato speciale di Oggi, ha girato il mondo con taccuino in tasca e macchina fotografica al collo. Da Bergamo, dove è nato, s’è subito spostato a Milano e da lì a Londra, New York e in California. Ha vissuto a Dubai, per sei anni in Africa occidentale tra Ghana, Togo e Nigeria. Da qualche anno è tornato a Milano. Frequenta la Sardegna dal 1970, è arrivato la prima volta che era bambino e da allora non ha mai smesso di amarla.