Referendum giustizia 2022
I Referendum sulla giustizia sono una serie di quesiti proposti dal Partito della Lega e dai Radicali, su vari temi relativi alla giustizia.Verranno sottoposti al voto dei cittadini il 12 giugno 2022.
I Referendum sulla giustizia fanno parte delle proposte di Referendum che sono state effettuate a inizio anno.
Si tratta di Referendum abrogativi, che mirano ad abrogare leggi ed atti aventi forza di legge (o parti di queste).
La Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili cinque degli otto referendum che erano stati proposti, e si tratta di quelli relativi a:
- Elezioni togati CSM;
- Valutazione professionale dei magistrati;
- Separazione funzione dei magistrati;
- Misure cautelari;
- Incandidabilità;
sui quali i cittadini dovranno esprimere il loro voto.
I quesiti dei referendum sulla giustizia:
1) Elezioni dei membri togati del CSM
Il CSM è organo di amministrazione della giurisdizione e di garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza dei magistrati ordinari.
La Costituzione non stabilisce quanti membri devono comporre il CSM ma individua una composizione in percentuale.
Il CSM è composto da 27 membri: i membri di diritto sono il Presidente della Repubblica, che lo presiede, il Primo Presidente e il Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione;
gli altri 24 membri sono eletti:
- per 2/3: da tutti i magistrati ordinari di tutte le componenti;
- per 1/3: dal Parlamento in seduta comune (con professori universitari in materie giuridiche e avvocati che esercitano la professione da almeno 15 anni).
I membri togati sono 16; quelli laici 8.
L’obiettivo che il referendum si pone è quello di abrogare la norma che stabilisce che ogni candidato va sostenuto da almeno 25 firme.
Lo scopo è quello di ridurre il potere delle correnti nel decidere le candidature.
2) Valutazione professionale dei magistrati
La valutazione professionale dei magistrati è operata dal CSM, che decide sulla base delle valutazioni effettuate dai Consigli giudiziari.
I Consigli giudiziari sono organismi territoriali, costituiti presso ciascun distretto di Corte d’Appello.
Sono considerati organi ausiliari del CSM in funzione del loro ruolo: esprimono pareri motivati, non vincolanti, su materie e provvedimenti di competenza del CSM e forniscono le indicazioni per un corretto esercizio dei poteri del CSM.
La composizione dei Consigli giudiziari rispecchia la strutturazione “mista” del CSM:
- ci sono i membri di diritto: il Presidente di Corte d’Appello che la presiede e il Procuratore Generale presso la Corte d’appello;
- gli altri membri sono: magistrati, con funzioni requirenti e giudicanti, professori universitari in materie giuridiche e avvocati.
I componenti non magistrati partecipano esclusivamente alle decisioni relative alle tabelle di composizione degli uffici e alle funzioni di vigilanza.
La valutazione professionale dei magistrati viene effettuata, quindi, dai magistrati stessi.
Con il referendum si vuole permettere il voto anche agli avvocati (quindi a “non magistrati”) che siedono nei Consigli giudiziari.
3) Separazione delle carriere (separazione funzioni giudicanti da quelle requirenti)
Le funzioni giudicanti sono quelle svolte dai giudici e il loro compito è quello di decidere le controversie;
le funzioni requirenti sono esercitate dai magistrati che svolgono l’attività di Pubblico Ministero: esprimono richieste o pareri in vista delle decisioni degli organi giudicanti.
Il giudice e l’accusa (PM) sono entrambi magistrati e questo permette loro di cambiare funzioni (da giudicante a requirente o viceversa) nell’arco della loro vita professionale (oggi sono ammessi quattro passaggi di funzione).
L’obiettivo del referendum è quello di porre i magistrati, a inizio carriera, di fronte alla scelta sulla funzione da esercitare senza la possibilità di cambiare funzione durante la vita professionale.
Resta la possibilità di cambiare, ad esempio, da funzioni giudicanti civili a quelle penali o viceversa.
4) Limitazione applicazione misure cautelari
Si parla di misure cautelari quando un soggetto viene detenuto in carcere, o posto agli arresti domiciliari, prima di essere condannato.
Oggi l’applicazione di queste misure è prevista:
- Nel caso in cui vi sia il rischio di reiterazione del reato;
- Pericolo di fuga;
- Inquinamento prove.
Si tratta di uno strumento utile in numerose circostanze ma in Italia si tende ad abusarne e questo si riflette sui numeri della popolazione carceraria e anche sui costi della giustizia.
L’obiettivo che il referendum si pone è quello di cancellare l’ultima parte dell’articolo 274 del codice di procedura penale, per cercare di ridurre l’applicazione delle misure cautelari.
In particolare, si fa riferimento alla carcerazione preventiva nei casi di reiterazione del reato della stessa specie, per cui le misure cautelari sono disposte se si tratta di delitti per cui è prevista la reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni;
o, nel caso di custodia in carcere, di delitti per i quali è prevista la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni, nonché per il delitto di finanziamento illecito ai partiti.
Verrebbe, dunque, eliminata la possibilità di motivare l’applicazione di una misura cautelare solo con il pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede.
Resterebbe in vigore la carcerazione preventiva per chi commette reati più gravi.
5) Abolizione Decreto Severino
Abolizione delle norme del decreto che impediscono la partecipazione alle competizioni elettorali per il Parlamento europeo ed italiano, per le elezioni regionali, provinciali e comunali per chi sia stato condannato in via definitiva per reati di mafia, terrorismo e altri reati gravi.
Per chi è in carica basta una condanna in primo grado, anche non definitiva, per essere sospesi, fino a un massimo di 18 mesi.
L’obiettivo del referendum è quello di considerare la misura dell’interdizione dai pubblici uffici non una misura che viene applicata automaticamente ma una misura che viene decisa caso per caso dai giudici.
Il caso Palamara…
Luca Palamara era uno dei più importanti magistrati sulla scena italiana fino a qualche anno fa: era membro del CSM e presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati.
Nel 2019 viene coinvolto in un’indagine e accusato di aver ricevuto denaro per influenzare alcune sentenze;
ma il problema più grosso coinvolge le modalità con cui il giudice è venuto a conoscenza delle indagini che si stavano svolgendo su di lui.
Le accuse ritengono che Palamara abbia voluto influenzare la nomina del futuro Procuratore di Perugia, perché questa è la Procura competente sulle indagini che coinvolgono i magistrati di Roma, tra cui, ovviamente, Luca Palamara.
Secondo le accuse, quindi, Palamara stava cercando di nominare a Perugia un Procuratore che fosse a lui vicino per poter essere informato sullo svolgimento delle indagini che lo vedevano coinvolto.
… e il “Sistema Palamara”
Nel corso delle indagini si è constatato che il cosiddetto “Sistema Palamara” fosse, in realtà, una consuetudine all’interno degli organi della giustizia, volto a condizionare le nomine ai vertici degli uffici giudiziari italiani.
Un sistema che si articolava nella spartizione di ruoli da parte dei gruppi associativi (correnti) in cui è divisa la magistratura: il meccanismo era possibile perché il peso delle correnti si riflette sul CSM, che decide poi sulle nomine.
Si è determinata, così, una logica interna alle correnti dei magistrati che tendeva ad escludere dalle nomine quei magistrati non iscritti ai gruppi associativi, nonostante le comprovate competenze.
Attraverso la riforma Cartabia l’obiettivo è quello di cercare di limitare l’influenza delle correnti che esprimono i candidati, cercando di garantire un metodo che sia indipendente da valutazioni politiche.
Il referendum sulla giustizia e la riforma Cartabia
La riforma Cartabia tocca tre elementi che sono stati proposti anche con il referendum sulla giustizia:
- Raccolta firme per le candidature al CSM: la riforma elimina la possibilità di raccogliere queste firme; se questa riforma dovesse passare prima del referendum il quesito referendario salterà automaticamente;
- Voto degli avvocati nei Consigli giudiziari: la riforma introdurrebbe la possibilità, per i componenti laici dei consigli giudiziari, di esprimere il loro voto a livello di valutazione dei magistrati; questa parte della riforma, però, non è immediatamente applicativa, ma sarà necessario un decreto attuativo per cui il quesito referendario resterà comunque valido;
- Separazione delle carriere: la riforma Cartabia, a differenza del quesito referendario, non elimina completamente la possibilità di passaggi tra le funzioni giudicanti e requirenti ma limita il numero delle volte in cui questo passaggio è possibile. Oggi è possibile effettuare questo passaggio quattro volte, la riforma Cartabia prevede una sola possibilità. Anche in questo caso sarà necessario un decreto attuativo per la sua applicazione.
I temi sono particolarmente discussi soprattutto all’interno del mondo della giustizia, in cui si riscontrano pareri favorevoli ma anche contrari.
Per la validità del referendum deve partecipare alla votazione la maggioranza degli aventi diritto al voto.
La norma oggetto del referendum verrà abrogata se la maggioranza dei voti validamente espressi sarà “sì”.
Elena Elisa Campanella