“Xanadu” de “Il Maestrale”
“Xanadu” – Scorre lungo tre sentieri: onirico, etnico, erotico.
Dopo aver attirato l’attenzione con Genesi, fuori il 25 maggio Xanadu, secondo singolo de Il Maestrale, collettivo di musicisti pugliesi esponenti di un “mediterraneo postmoderno” che fonde musica pop rock ed elettronica con l’etnicità delle sonorità mediterranee.L’onirico, l’etnico, l’erotico. Sono i tre sentieri principali disegnati su una mappa che descrive le indicazioni per giungere ad un mitico luogo: Xanadu, dove Kublai Khan fece costruire una dimora di piaceri.
Xanadu, il mito ereditato dal poema incompleto di Samuel Taylor Coleridge si confonde con Xanadu metafora di terre inesplorate, il corpo della persona amata.
Xanadu è la capitale di queste terre, è la sublimazione della ricerca, costante dell’essere umano curioso e passionale.
E in Xanadu il fiume Alfeo scorre, come scorre nelle fonti in Ortigia per raggiungere l’amata Aretusa, ed un fiume di piacere scorre in noi quando vengono toccati i nostri punti estatici, culmine di un’intesa mentale e carnale. Xanadu e Ortigia.
Il mondo, il mediterraneo, “noi” e le dimensioni spaziali e temporali confluiscono ancora una volta nella nuovo brano de Il Maestrale.
“Xanadu è un’antica città mongola. Noi siamo partiti dall’analisi testuale di Kubla Khan, poemetto di Samuel Taylor Coleridge.
Tale poemetto dai toni epici e sensazionalistici non ha mai trovato compimento: abbiamo provato, dunque, noi a immaginare la nostra Xanadu, città nascosta ed antica, perduta ed ambita, gioiello di frutti da mangiare e tumultuosi canali d’acqua, che abbiamo imbevuto nella tradizione popolare, offrendo suoni e colori a questa nostra personale narrazione che abbiamo immaginato avere come protagonista l’uomo che cammina per le strade di Xanadu che, di fatto, non è altro che una terra ‘donna’, con le sue curve ed i suoi frutti da mangiare, nonché rappresentazione del remoto ed ambito piacere stesso della donna”- Il Maestrale.
La musica, partendo da una base dai forti sentori folk, si sviluppa in una fusione con sonorità etniche ed elettroniche.
Il brano segue una ritmica che ripercorre la vita di un amplesso, dalla calma tipica della preparazione e della scoperta dei primi istanti fino ad un ritmo più incalzante, anticamera dell’orgasmo, culmine della passione e della frenesia, a cui seguono gli istanti immediatamente successivi e conclusivi: eterni, fissi, immobili e lenti, dove qualcosa muore e qualcosa rinasce.