I diari di Andy Warhol
Andy Warhol è stato uno degli artisti più influenti del XX secolo, principale esponente del movimento della Pop Art tra gli anni ’60 e ‘80. Personaggio dallo stile eccentrico, racchiudeva in sé contraddizioni personali e sociali proprie dei suoi tempi.La personalità di Andy Warhol e le sue insicurezze
Andy Warhol, nato Andrew Warhola Jr., nasce a Pittsburgh in Pennsylvania il 6 agosto del 1928 da genitori immigrati da un paesino della ex Cecoslovacchia.
Si rende conto da presto che Pittsburgh gli sta stretta e a vent’anni, dopo la laurea conseguita in arte pubblicitaria, decide di andare a vivere a New York.
La sua personalità timida e discreta porta con sé molte insicurezze, soprattutto fisiche:
detestava i suoi capelli radi, che celava sempre dietro l’iconica parrucca argentata, e il suo naso, troppo grande e tondo, oggetto degli scherni dei compagni di scuola.
Warhol ha trasformato queste insicurezze in stile e questo gli ha permesso di farsi strada, non senza difficoltà, nel mondo dell’arte.
Si è creato un personaggio e si è circondato di artisti ed amici con i quali lavorare ed è riuscito, nel 1962, a creare la prima Factory, ovvero il suo primo studio artistico.
La prima factory, l’agguato di Valerie Solanas e la relazione con Jed Jhonson
La prima Factory, dal 1962 fino al 1968, si trovava al quinto piano del 231 East 47th Street, a Midtown Manhattan.
Divenne il punto di ritrovo di numerosi artisti, luogo d’arte in cui non mancavano feste all’avanguardia. L’edificio che la ospitava oggi non esiste più.
Nel 1968 un tragico evento metterà a dura prova la vita di Warhol: Valerie Solanas, attrice che collaborava all’interno della Factory, gli spara tre colpi di pistola in preda ad un attacco d’ira dovuto al “troppo controllo” che Warhol aveva su di lei.
L’artista sopravvisse per miracolo ma le ferite di quel giorno rimasero sempre aperte. Quell’evento aveva segnato profondamente la sua vita e il modo di affrontarla.
La personalità di Warhol è davvero singolare:
il suo atteggiamento nei confronti dei sentimenti è schivo, a tratti freddo ma nella sua vita ha aperto il cuore ad amici e a più relazioni sentimentali, tra le più importanti quella con Jed Jhonson, un ragazzo che aveva iniziato a lavorare nella Factory e con il quale poi ebbe un profondo legame.
Un amore vero ma mal coltivato, quasi platonico, che si affievolisce soprattutto per l’infelicità provata da Jed. Un’ infelicità che si acuisce soprattutto quando Warhol inizia a frequentare assiduamente lo studio 54, la discoteca più famosa ed in voga di quei tempi a New York.
Ma non sarà l’unica relazione importante nella sua vita, anche se la delusione provata da Warhol per Jed pare non si sia mai spenta.
Il rapporto mai interrotto con la religione
Sono fortissime le influenze nella sua vita artistica originate dalla sua città natale, a partire da un aspetto fondamentale della sua vita che appare contradditorio rispetto allo stile di vita condotto da Warhol: quello religioso.
La mamma, fedele cattolica, lo portava a messa tre domeniche al mese. E questa è un’abitudine che Andy, quando riusciva, manteneva sempre.
La chiesa nella quale fu battezzato e dove la madre lo portava da piccolo, la St. John Chrysostom, è una chiesa bizantina cattolica davvero eccezionale da un punto di vista artistico:
le forme definite e un uso intenso dei colori hanno, inconsapevolmente ma intimamente, ispirato la cultura visiva di Warhol.
Negli ultimi anni della sua vita questo tema tornerà preponderante nelle sue opere.
Lo Studio 54, la sessualità…
Quando Warhol inizia a frequentare regolarmente lo studio 54, la discoteca più in voga ed estrosa di New York, incontra Victor Hugo, personaggio definito dai collaboratori di Warhol semplicemente “orribile”.
Un uomo che rappresentava l’esatto opposto di Warhol, un uomo che diceva e faceva qualsiasi cosa in qualsiasi momento; ed è forse proprio questo aspetto che attraeva l’artista, il modo sfrontato di Victor di affrontare la vita che Warhol, semplicemente, non aveva. O non voleva.
Warhol non ha mai dichiarato la sua sessualità, per lui non era importante e considerava il sesso un “lavoro”. Ma questo tema emerge in modo esplicito dai suoi lavori: è proprio il lavoro che gli permetterà di esplorare quel lato di sé sempre tenuto celato, anche a sé stesso.
Soprattutto questa collaborazione gli ha permesso di affrontare quegli aspetti mancati della sessualità in maniera, in un certo modo, distaccata.
…e il progetto “Self-Portrait in Drag”
Si cimentó egli stesso in un nuovo progetto,“Self-Portrait in Drag”, che si può definire come un fenomeno fotografico drag: foto di sé stesso truccato da donna, foto che gli permettono di sperimentare una forte sensazione di emancipazione e che gli hanno permesso, almeno in quel momento, di non pensare ai suoi sentimenti e alle sue relazioni personali.
Dopo la separazione da Jed, infatti, Warhol frequentava Jon Gauld, produttore della Paramount, la relazione sicuramente più importante della sua vita dopo quella con Jed.
Una relazione inizialmente complicata, specialmente dalla pressione sociale subita soprattutto da Jon che, sostanzialmente, nascondeva la sua vera identità sessuale. Ma la relazione si rivelerà col tempo molto intensa e profonda.
Il progetto “Ladies and Gentlemen” (1974-1975) e il coinvolgimento di Pier Paolo Pasolini
Altro progetto importante nella storia artistica di Warhol, da questo punto di vista, è il progetto di fotografie intitolato “Ladies and Gentlemen”: un progetto fotografico che coinvolgeva travestiti afroamericani che animavano le notti del Golden Grape, locale della Grande Mela frequentato da tutta la Factory.
Questo progetto verrà esposto anche in Italia, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara (1975) e, in seconda battuta (1976), presso la galleria milanese di Luciano Anselmino. Ed è proprio quest’ultimo, importante gallerista torinese, che creerà una connessione importante tra Warhol e Pier Paolo Pasolini, che era stato scelto per elaborare il breve testo di presentazione del progetto.
Ci sono due chiavi di lettura di questo progetto: una vede in questo progetto fotografico un’appropriazione culturale inopportuna, in quanto i soggetti raffigurati erano stati pagati circa cento dollari per opere che poi avrebbero fruttato dei milioni, generando una forte diseguaglianza economica e di potere; dall’altra viene letto come un elogio a questo tipo di cultura, un modo per dare spazio e visibilità a questo mondo che esisteva e andava in qualche modo rappresentato.
Probabilmente Warhol ammirava profondamente il mondo drag, apprezzava il modo nel quale queste persone esprimevano sé stesse, andando contro la società intera e lottando per questo. Qualcosa che Warhol non aveva mai avuto il coraggio di fare. Ed è per questo che emergono, come in altri aspetti della sua vita, le fortissime contraddizioni.
Anche Pasolini non recepì appieno l’importanza di queste opere che, nonostante le critiche, avevano comunque condotto ad una “convalida estetica” di quel mondo, fino a quel momento mai raccontato.
Gli anni ’80, l’arte dei graffiti…
Gli anni ‘80 portano un nuovo movimento artistico ad affacciarsi nel “vero” mondo dell’arte: quello dei graffiti. Artisti memorabili come Keith Haring e Jean-Michel Basquiat partono proprio da questo movimento, che aveva il suo epicentro nelle metro di New York.
Questi nuovi artisti volevano farsi strada e avevano lanciato dei chiari ed importanti segnali per richiamare l’attenzione dei “grandi”: la riproduzione dell’inconfondibile barattolo della zuppa Campbell in sequenza nelle metro era uno di questi segnali lanciato da Lee Quiñones, uno dei maestri graffitisti del movimento di allora.
Con la mostra New York / New Wave al ps1 viene suggellato questo dialogo d’arte, soprattutto con Jean-Michel Basquiat, con cui Warhol intesse un interessante ed intenso rapporto artistico ed emozionale che li porterà poi a collaborare attivamente per due anni.
…e il rapporto di Andy Warhol con Basquiat
Questa collaborazione è incoraggiante per entrambi gli artisti: per Warhol, che iniziava a sentirsi vecchio in questa nuova generazione emergente e scopre, grazie a questo giovane talento, una nuova forma di pittura; e per Basquiat, che riesce definitivamente a sfondare le porte dell’arte.
La collaborazione si rivela un successo ma non mancano le critiche. E saranno proprio le critiche, in particolare una critica di Vivien Raynor sul New York Times che definisce Basquiat la “mascotte” di Warhol, ad incrinare il loro rapporto.
Basquiat si sente profondamente offeso e toccato da questa critica: è portato a riflettere sulla sua posizione di artista nero, sente di dover fare ancora di più contro il razzismo nella società e si interroga anche sul rapporto di subordinazione che si è creato con Warhol che, se da una parte gli ha aperto la strada dell’arte, dall’altra lo pone in una condizione di subalternità artistica che lo confonde e lo spaventa.
L’arrivo dell’AIDS e la morte di Jon Gould
Ma gli anni 80 hanno portato anche l’arrivo dell’AIDS che getta un’ombra di vergogna e timore sulla comunità gay. Il linguaggio, la comunicazione e l’intero approccio verso questa malattia tendono fortemente alla marginalizzazione e Warhol cerca di far emergere questo approccio escludente nelle sue opere.
Il sesso inizia ad essere visto da un’altra prospettiva: la sfrontatezza e la libertà che avevano contributo alla creatività dell’arte allo stesso tempo stava distruggendo delle vite.
E distruggerà, il 18 settembre 1986, la vita di Jon Gould, che muore all’età di trentatré anni, dopo aver combattuto contro l’AIDS.
Jon era stato inizialmente ricoverato in ospedale per una polmonite e nonostante le paure di Warhol per questi luoghi che gli incutevano forte ansia e gli riportavano alla mente i vecchi e dolorosi ricordi dei tempi trascorsi tra le corsie degli ospedali, i forti sentimenti che nutriva per Jon lo spinsero ad essere presente sempre.
Quando Jon venne dimesso dall’ospedale si trasferì in California e chiuse dolorosamente la relazione con Warhol. In realtà Jon stava soffrendo terribilmente per la malattia e non l’aveva confessato a nessuno; Warhol si sentiva completamente perso, come nei suoi primi anni a New York.
Andy Warhol è la Pop Art
Warhol ha usato sé stesso come arte.
È apparso in molte pubblicità e slogan, è stato spesso l’oggetto dell’obiettivo della macchina fotografica, ha sfilato per la moda, si è esibito in una performance in cui mangiava un celebre panino…
In un certo modo Warhol ha usato i mezzi di comunicazione per farsi accettare e ha fatto propri oggetti e beni di uso comune, rappresentativi del consumismo della società americana, e li ha elevati a oggetti di identificazione nazionale anche dal punto di vista artistico.
Altri progetti artistici di Warhol rivelano ulteriori aspetti della sua essenza: ad esempio, alcuni quadri molto violenti. Quadri che rappresentano la sedia elettrica, disastri aerei, incidenti stradali, situazioni di vera e propria tragedia.
L’artista comprendeva il disagio, la paura ma anche la curiosità che quel tipo di situazioni suscitavano per questo voleva, allo stesso tempo, far vivere contemporaneamente nell’arte le contraddizioni della società in cui viveva, caratterizzata spesso da episodi di violenza.
La rivista “Interview” e la Tv di Andy Warhol come programma precursore di Mtv
La sua rivista “Interview” rappresenta uno dei suoi numerosi progetti: periodico con interviste e fotografie da cui nasce, inoltre, l’idea per la “Tv di Andy Warhol”, programma precursore di MTV che nasce, appunto, come sorta di trasposizione di “Interview” per la televisione.
In questo progetto, però, Warhol è assente dalla scena.
Nel 1981 appare in tre puntate del “Saturday Night Live” che restano, ancora oggi, iconiche: mangia una mela e si chiede perchè la gente stia a casa a guardare la tv; parla al telefono e chiede suggerimenti su come vestirsi la notte di Halloween; parla della morte mentre la sua immagine riflessa nello specchio si scompone fino a sparire.
La Andy Warhol Tv rappresenta una creazione molto interessante e stimolante per l’artista che deciderà, nel 1985, di affidare proprio alla rete Mtv il suo progetto: “Andy Warhol’s Fifteen Minutes”.
Si trattava di un talk show in cui, oltre alle interviste, condotte ovviamente da Warhol, elemento che di per sé attraeva personaggi famosi tra le telecamere, venivano presentati artisti emergenti, venivano creati video musicali ed altri contesti artistici come solo Warhol sapeva realizzare.
“In the future everyone will be world-famous for 15 minutes” affermava Warhol.
Il programma andò in onda fino al 1987, fino alla morte di Warhol.
Il progetto finale: “The Last Supper”
Il progetto commissionato a Warhol da Alexander Iolas, famoso collezionista d’arte e gallerista greco, sarà anche l’ultimo e, per molti, il più personale ed intenso progetto dell’artista.
I quadri sono ispirati al celebre dipinto l’“Ultima cena” di Leonardo Da Vinci.
Il progetto consisteva in ventidue opere in cui emerge un nuovo Warhol: è stata utilizzata in maniera prevalente la tecnica del camouflage che, applicata alla sua versione dell’”Ultima cena”, accosta con prepotenza l’idea della religione con quella della guerra.
Nelle sue opere continuano ad emergere le contraddizioni della società ed anche il clima tetro della metà degli anni ‘80 a New York, devastata dall’AIDS che continuava a mietere vittime.
La sofferenza degli ultimi anni di vita
Gli ultimi anni di Warhol sono anni di sofferenza e si riflette anche nelle sue tele.
Il dolore è anche fisico: dal giorno in cui dovette subire gli spari di Valerie Solanas avrebbe dovuto tenere sotto controllo la cistifellea, ma la sua paura per gli ospedali non lo aiutò a tenere questo problema sotto controllo.
Con il tempo il problema peggiorò sensibilmente.
Il suo ultimo viaggio sarà quello a Milano per la mostra del progetto commissionato da Iolas; chi gli era vicino si rese conto del dolore che cercava in tutti i modi di nascondere.
Al suo rientro a New York sta male, è debole e spaventato. La situazione sta peggiorando e viene ricoverato in ospedale per un’operazione di rimozione della cistifellea.
Morirà per le complicazioni dovute all’operazione il 22 febbraio 1987, il giorno dopo il ricovero al New York Presbyterian Hospital.
Basquiat subì un duro colpo alla notizia della scomparsa di Warhol, nonostante il rapporto fra di loro non fosse più come un tempo. Morirà un anno dopo, a 27 anni, per un mix di droghe.
La bellezza secondo Warhol
Andy Warhol, artista marginale nel mondo dell’arte, ha cercato in tutti i modi di essere accettato non solo dal mondo artistico ma anche da se stesso. Nonostante la sua natura di artista maschio bianco, qualifiche non indifferenti in una New York plasmata dal razzismo, la sua sensazione di marginalità lo porta ad esplorare mondi sconosciuti e mai rappresentati fino a quel momento.
Per tutta la sua vita si è circondato di bellezza, con l’arte ma anche con le persone; una bellezza cui non sente di appartenere ma di cui ama nutrirsi.
Un personaggio plasmato dalle tradizioni culturali che lo hanno forgiato fin da bambino ma con un modo di vivere totalmente inconciliabile rispetto ai valori cui le sue tradizioni si ispiravano.
Questa mescolanza ha dato vita a un personaggio iconico, spesso incompreso, che lascia un’eredità artistica indelebile per l’arte.
Forse oggi, più di ieri, possiamo cogliere quanto Warhol fosse innovativo; quanti dei suoi riferimenti artistici siano rimasti nel nostro immaginario visivo collettivo.
Elena Elisa Campanella