Natasha Lyonne è Russian Doll
Natasha Lyonne è un’attrice e sceneggiatrice statunitense, creatrice della serie Russian Doll.Una serie televisiva molto particolare che affronta e cerca di dare un senso al tema della mortalità.
Russian Doll: Natasha Lyonne e il personaggio di Nadia
Nadia Vulvokov è una donna di trentasei anni, sviluppatrice freelance di videogiochi. Una donna intelligente e sarcastica, circondata da amiche ma con una necessità costante di solitudine e tendente all’autodistruzione.
La storia inizia con la festa di Nadia per il suo trentaseiesimo compleanno, organizzata dalle sue amiche più strette, Maxine e Lizzy, e con la scomparsa del suo gatto “Semolino”, che non torna a casa da giorni. Nadia si gode la festa e, dopo aver conosciuto un uomo, decide di allontanarsi con lui per continuare la serata.
Passa nel minimarket del suo amico Farran, che nel frattempo sta aiutando un amico in grosse difficoltà, per comprare le sigarette e chiedere notizie di Semolino ma di Semolino non c’è traccia e dopo aver trascorso la serata con l’uomo conosciuto alla festa non riesce comunque a togliersi l’idea di dover continuare a cercare il suo gatto.
Così esce da sola per cercarlo e lo trova! Ma quando attraversa la strada per raggiungerlo viene investita da un taxi e uccisa, il giorno del suo trentaseiesimo compleanno. Nadia, da questo momento, entra in un loop temporale da cui sarà difficile uscire. Ma fino alla fine non si arrende.
Il loop temporale…
Nadia muore. Si risveglia nel bagno dell’appartamento dove si stava svolgendo la sua festa ed è tutto come l’aveva lasciato: Maxine prepara il pollo per la festa e le offre da fumare. Nadia pensa di vivere un deja vu ma è confusa e non riesce a capire cosa le sta succedendo.
Decide comunque di continuare a cercare Semolino, quindi va via dalla festa, esce e si mette alla ricerca del suo gatto. Riesce a trovarlo e recuperarlo ma quando si siede su una banchina con in braccio Semolino lui non c’è più e lei cade in acqua e muore di nuovo. Questa è la prima di una lunga serie di morti di Nadia: cade dalle scale, cade nei tombini aperti in strada e continua a morire e a ritrovarsi di fronte allo specchio nel bagno dell’appartamento della sua festa.
La storia ha una svolta quando Nadia incontra Alan, un altro ragazzo che sta vivendo la sua stessa situazione: è morto e continua a rivivere come in un loop l’ultimo giorno della sua vita.
Nessuno dei due riesce a capire cosa sta succedendo e non ricordano niente del loro ultimo giorno. Cercano fino alla fine di capire come le loro vite sono collegate per cercare di uscirne mentre il presente comincia a disfarsi e Nadia è tormentata dal suo difficile passato. E, pian piano, iniziano a comprendere.
…e il senso della mortalità
Quando riescono finalmente ad incontrarsi al minimarket (Alan era l’amico che Farran stava aiutando all’inizio della storia) qualcosa va storto: sembra che Nadia e Alan si trovino in due universi temporali diversi e l’uno non riesce a riconoscere l’altro e viceversa.
Alan capisce che deve cercare in tutti i modi di porre rimedio alla situazione e cercare di convincere Nadia a fidarsi di lui; anche Nadia capisce che Alan è strettamente connesso a lei e alla sua vita e che, in qualche modo, deve seguirlo.
In questo modo i due universi si uniscono e l’enigma temporale viene risolto.
Nadia è un personaggio che ci invita a prendere in mano la nostra vita e scriverla ogni giorno; ci insegna che le persone giuste, in questo caso Alan, possono aiutarci a smussare gli aspetti duri del nostro carattere e ad osservare la vita da un altro punto di vista.
Le diverse fragilità dei due personaggi, Nadia dura e sarcastica e Alan timido e sensibile, consentono ai due di coesistere e completarsi. Ed evitare l’autodistruzione reciproca.
La scelta musicale perfetta…
La canzone che fa da sfondo alle innumerevoli morti di Nadia è “Gotta get up” di Harry Nilsson, cantautore e musicista statunitense attivo soprattutto negli anni Sessanta e settanta e scomparso nel 1994.
Tra il 1973 e il 1974, insieme a Keith Moon, batterista britannico e componente del gruppo musicale “Who”, e Ringo Starr, batterista e talvolta cantante o corista dei Beatles, è protagonista del “Lost Weekend” di John Lennon, un periodo di 18 mesi che Lennon passò per lo più in una condizione di dissolutezza ma in cui creò un importante album da solista scritto, appunto, con Nilsson, “Walls and bridges”.
Gotta get up è la canzone che introduce l’album “Nilsson Schmilsson”: una canzone pop rock molto gradevole e perfettamente inserita nella serie televisiva. Ogni volta che Nadia muore e si ritrova davanti allo specchio del bagno la canzone risuona come un mantra; la scelta della canzone non è casuale ed è stata fortemente voluta da Natasha Lyonne.
…Gotta get up di Harry Nilsson
Una scelta perfettamente azzeccata non solo per la sensazione di vertigine che è quella che prova Nadia ogni volta che muore e torna nel loop ma anche per il vero e proprio significato:
“Gotta get up, gotta get out (“Devo alzarmi, devo uscire,)
Gotta get home before the mornin’ comes (devo andare a casa prima che arrivi il giorno)
What if I’m late, gotta big date? (cosa succede se sono in ritardo, ho un grande appuntamento)
Gotta get home before the sun comes up (devo andare a casa prima che sorga il sole)
Up and away, got a big day (su e fuori, è un grande giorno,)
Sorry can’t stay, I gotta run, run yeah (scusa non posso restare, devo correre correre yeah)
Gotta get home, pick up the phone (devo andare a casa, prendi il telefono,)
I gotta let the people know I’m gonna be late” (devo lasciare le persone sai sono in ritardo”).
La sensazione di ansia che Nadia vive ogni volta che deve riemergere si riflette nelle parole della canzone. E si rispecchia nella vita personale dell’attrice e sceneggiatrice della serie.
Dalla musica di Nilsson si passa al Concerto per piano n.4 di Beethoven, musica scelta non a caso per la morte di Alan. La scelta musicale è importante per sottolineare la differenza tra i due personaggi che, proprio per questo, si completano perfettamente.
La storia personale di Natasha Lyonne…
Natasha Lyonne è nata a New York, negli Stati Uniti, il 4 aprile 1979, da Aaron Braunstein, un promotore di incontri di pugilato e pilota automobilistico statunitense, e Ivette Buchinger, una casalinga statunitense nata a Parigi da genitori ungheresi sopravvissuti all’Olocausto. Entrambi i genitori di Natasha avevano origini ebraiche e avevano credenze ebraiche ortodosse e così avevano cresciuto anche la loro figlia.
Natasha è cresciuta a Great Neck, a New York, fino all’età di otto anni, quando i genitori decisero di fare aliyah (immigrazione ebraica in Israele) in Israele, dove rimase per più di un anno e mezzo, finchè i genitori non divorziarono.
Natasha, il fratello maggiore e la mamma fecero ritorno a New York e si stabilirono nell’Upper East Side di Manhattan. Ma Natasha aveva sofferto molto per la situazione che si era creata tra i genitori e fece fatica ad integrarsi:
verrà espulsa dalla scuola privata ebraica alla quale era iscritta e, con il passare degli anni, farà i conti con la dipendenza dalla droga e dall’alcool.
Agli inizi degli anni 2000, oltre ai problemi di dipendenza, Natasha soffrì di pesanti problemi di salute che la portarono al ricovero in ospedale per parecchi mesi e a subire un intervento a cuore aperto.
Questi elementi della sua vita personale sono fondamentali per definire il tema centrale della prima stagione di Russian Doll: quello della mortalità. Le sue esperienze personali l’hanno portata a definire perfettamente, attraverso immagini, musiche, atmosfere, la sensazione di rischio che la porta ad un passo dalla morte.
Oggi è una persona nuova che è riuscita perfettamente a riprendere in mano la sua vita da artista. Ed anzi: con Russian Doll è riuscita a partire dalle difficili esperienze personali per creare una serie intrigante ed emozionante.
… e Russian Doll 2
La seconda stagione di Russian Doll inizia con un salto temporale di quattro anni: Nadia, infatti, deve compiere quarant’anni.
Tutta la stagione è incentrata su numerosi viaggi nel passato che Nadia intraprende grazie al treno 6622 di New York. Attraverso questi viaggi nel tempo Nadia entra nel corpo della madre Nora, interpretata da Chloë Sevigny, ma anche in quello della nonna Vera.
Questo le permetterà di immedesimarsi nelle difficoltà affrontate dalle due donne che hanno poi determinato il futuro e, quindi, la vita di Nadia.
Un viaggio per scoprire le proprie origini ma anche per perdonare la madre, considerata la causa principale della sua vita complicata e tormentata, e per conoscere le vicende di vita della nonna Vera, ebrea originaria di Budapest che alla fine della guerra si era trasferita in America e che si ritroverà, in un episodio in particolare, a dover fuggire dai nazisti in quanto, appunto, ebrea.
In questi elementi sono chiari gli spunti e i riferimenti alla vita personale dell’attrice Natasha, la cui storia familiare è molto simile a quella narrata nella serie.
Inizia così una caccia ai Krugerrand scomparsi, monete d’oro che rappresentavano l’assicurazione per la vita e il futuro della famiglia. Anche Alan intraprende il suo viaggio nel passato, rivivendo le esperienze di vita della nonna nella Berlino Est del 1962.
Nel finale di stagione Nadia compie un gesto estremo che stravolge completamente la linea temporale: passato, presente e futuro iniziano a mescolarsi e la situazione rischia di degenerare. Ma anche in questo caso risulterà fondamentale l’aiuto dell’amico Alan per salvare la situazione e fare ritorno nel presente, nonostante la sofferenza per la perdita di una persona a lei molto cara.
Una serie tutta al femminile
Russian Doll è stata ideata e creata da una squadra tutta al femminile: Natasha Lyonne, attrice protagonista, sceneggiatrice e regista della serie, è affiancata nel lavoro da Amy Poehler e Leslye Headland, già autrici di film e serie televisive.
L’idea delle creatrici era quella di creare un personaggio principale che si discostasse dai classici clichè femminili e sono riuscite perfettamente nell’intento.
Nadia è un personaggio cinico e ruvido che però, soprattutto grazie all’incontro con Alan, riesce a guardare dentro sé stessa e migliorarsi giorno per giorno. Nella prima stagione riesce a riprendere in mano la sua vita e a non morire più, nella seconda stagione, rivivendo il passato, riesce a riscrivere ed accettare la sua vita, a perdonarsi e perdonare.
Probabilmente la forza e la credibilità di questa storia risiedono anche nelle esperienze personali degli attori che sono stati scelti: non solo Natasha Lyonne, Nadia, che ha attinto dalla sua storia e dalla sua vita personale per creare un personaggio che la riflette perfettamente, ma anche Charlie Barnett, attore che interpreta Alan, ha affermato di aver sofferto di depressione durante la sua vita e di esserne uscito solo dopo un grande lavoro su sé stesso e con l’aiuto di professionisti.
Il cinismo e la durezza di Nadia sono perfettamente mitigati dalla sensibilità e timidezza di Alan ed è grazie a questa fusione che i personaggi salvano la loro vita, risolvendo gli enigmi temporali e facendo ritorno nel presente.
Nadia ci invita a prendere in mano la nostra vita e scriverla, o riscriverla, giorno per giorno.
Elena Elisa Campanella