Fondazione MACC presenta DOLCE E’ LA GUERRA PER CHI NON L’HA VISSUTA – dal 17 luglio al 25 settembre 2022, Museo d’Arte Contemporanea Calasetta (SU)
DOLCE È LA GUERRA PER CHI NON L’HA VISSUTAa cura di Efisio Carbone
Opening: sabato 16 luglio 2022, ore 19.00
dal 17 luglio al 25 settembre 2022
Fondazione MACC, Via Savoia 2, Calasetta (SU)
Fondazione MACC, in collaborazione con Prometeo Gallery Ida Pisani, è lieta di presentare Dulce bellum inexpertis. Dolce è la guerra per chi non l’ha vissuta, una mostra collettiva che accoglie i lavori di artisti che si sono distinti nella scena internazionale per la loro ricerca incentrata su istanze politiche e sociali. Dal 17 luglio 2022 al 25 settembre 2022, il Museo d’Arte Contemporanea di Calasetta (SU) ospita infatti i lavori di Filippo Berta, Zehra Doğan, Regina José Galindo, Edson Luli e Santiago Sierra, in un dialogo con le opere provenienti dalla Collezione Alpegiani di Torino.
La guerra può essere giusta? La violenza può essere giustificata? Erasmo da Rotterdam commenta il motto di Vegezio “Dulce bellum inexpertis” stabilendo nei suoi Adagia che la guerra giusta semplicemente non esiste e che il fine vero dietro ogni conflitto è il guadagno, o meglio la spoliazione e il degrado dei beni altrui.
Il pensiero di Erasmo sembra rifiorire nelle riflessioni di Aimé Césaire, in particolare nel suo Discorso sul colonialismo 1950-55, secondo il quale, dietro l’idea ipocrita di esportare una falsa civilizzazione, l’Occidente stende la sua ombra oscura, lasciando società svuotate della propria essenza, culture e religioni calpestate, istituzioni messe a repentaglio, terre confiscate, splendori artistici annientati e straordinarie opportunità soppresse.
Il recente conflitto russo-ucraino, ha riportato le atrocità della guerra in Europa, segnando un nuovo choc dopo la Seconda Guerra Mondiale e l’esperienza novecentesca dei totalitarismi. Gli artisti invitati in mostra raccontano, ciascuno con la propria poetica, l’impegno su temi comuni, su conflitti che attraversano territori, popoli, comunità. Ogni autore offre la propria esperienza e i propri interrogativi senza fornire risposte assolute, ma piuttosto riflessioni condivise, auspicando un senso critico che travalichi i confini e rigeneri appartenenza.
Con i video Homo Homini Lupus (2011) e Gente Comune (2021), Filippo Berta punta l’attenzione sulle tensioni sociali causate dal rapporto tra gli individui, la società e la natura, attraverso l’esaltazione dei dettagli che mettono in luce l’archetipo conflittuale di questa condizione dialettica; mentre i dipinti di Zehra Doğan ci mostrano una femminilità “armata”, in difesa delle libertà politiche e di espressione.
L’esposizione prosegue con una serie di fotografie e video di Regina José Galindo, le cui opere esplorano le implicazioni etiche dell’ingiustizia sociale, della discriminazione di sesso e di razza, e di tutti gli abusi causati da relazioni inique e dominate dal potere nella società contemporanea. L’installazione Life-Death (2021) di Edson Luli ci mette davanti a una delle tante contraddizioni del nostro presente: attraverso un linguaggio concettuale, dove vita e morte convivono illuminate al neon, giace sul pavimento un cumulo di carbone che ancora oggi rappresenta la vita e la morte del nostro sistema ecologico ed economico.
Infine Santiago Serra, con la serie fotografica Burial of Ten Workers (2010) e la scultura NO, Global tour (2009), ci svela le reti perverse di potere che provocano lo sfruttamento e l’alienazione dei lavoratori, l’ingiusta distribuzione della ricchezza generata dal capitalismo sfrenato e le discriminazioni razziali, in un mondo segnato da flussi migratori unidirezionali validi per tutti i continenti, da sud a nord. Mentre tra gli artisti della Collezione Alpegiani, Rosanna Rossi riversa il tema della guerra nei drammatici Guanti Gialli e nei Camouflage, serie iniziata nei primi anni ’90 con la guerra nell’ex Jugoslavia, che risvegliò in lei i traumi della Seconda Guerra Mondiale, vissuta in prima persona quando l’artista sarda era appena una bambina.
Eva Fischer, autrice ebrea sfuggita al genocidio, dedicò parte delle sue opere, per molto tempo tenute segrete, al tema della Shoah. Le scarpe sono per Eva struggenti ritratti di persone il cui cammino è stato interrotto con inusitata violenza. Lo stesso storico conflitto visse anche Maria Lai, allora giovane studentessa all’Accademia di Belle Arti di Venezia nella classe di Arturo Martini; le sue Rose del 2007, destinate a non sfiorire mai, sbocciano sul pensiero universale gramsciano: “Il mondo è grande e terribile e complicato. Ogni azione lanciata sulla sua complessità sveglia echi inaspettati” (Antonio Gramsci, 1917). Sempre a Gramsci s’ispira l’importante lavoro di Tonel, costruito per costellazioni di materiali, mentre l’essenziale opera scultorea di Kaszàs Tamàs esprime un messaggio politico potente. Chiudono la mostra le drammatiche Parche di Carol Rama, emblema di sofferenza, disagio, abbandono; le matrici, del 1947, descrivono profonde solitudini riportando il baratro dentro l’essenza più profonda dell’individuo.
“Concepire il museo come centro di produzione di un ecosistema culturale territoriale è per noi una priorità, insieme al valore che esso può assumere se inserito in un contesto di confine, che abbracci, guardando oltre il mare, tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, con le loro complessità, diversità e anche con i loro aspetti comuni, che parlano di cosmopolitismo, tema trattato in mostre precedenti e in numerosi momenti di approfondimento fin qui organizzati” afferma Efisio Carbone, Direttore Artistico della Fondazione MACC e curatore della mostra.
La Comunità di Calasetta, insieme alla sua Amministrazione, guarda alla Cultura, secondo Roberto Sinzu – Vicesindaco e Assessore alla Cultura del Comune sulcitano – “come una risorsa per il territorio in grado di arricchire la vita dei cittadini e potenziare l’offerta turistica. Su questo fronte la Fondazione MACC esercita il suo ruolo di attivatore di economie alternative e sostenibili contribuendo a un processo di rigenerazione necessario allo sviluppo futuro.”
Per questo motivo è nata la collaborazione con Prometeo Gallery, la galleria concepita da Ida Pisani nel 2005 in due sedi, Milano e Lucca, dopo una lunga storia di associazione culturale. “Il mio progetto si contraddistingue da sempre come un catalizzatore delle istanze sociali e politiche di artisti visivi multimediali. Ho così intrapreso un percorso focalizzato sulle tematiche di potere e contro-potere, creando micro-sistemi di libera espressione fondamentali per affrontare tematiche politicamente e socialmente complesse, spesso silenziate. L’arte alla quale io aspiro, attraverso le mostre e gli artisti che più si avvicinano alla mia riflessione, deve quindi servire a schiudere gli occhi e scuotere gli animi dal sonno: deve essere etica abbinata all’estetica” dichiara la gallerista.
Un’occasione, questa della mostra collettiva, per ribadire “l’importanza della collaborazione tra soggetti pubblici e privati per estendere la rete delle relazioni tra istituzioni e territorio”, come ricorda Maricarla Armeni, Presidente della Fondazione MACC. L’evento punta inoltre a favorire lo scambio di opere non solo tra musei, come testimonia il collezionista Renato Alpegiani, coinvolto nel progetto espositivo: “ho sempre prestato opere ai musei, non ho mai concepito il possesso di opere chiuse in casse nei magazzini. Le opere d’arte non sono soltanto appannaggio di chi le possiede, esse vivono quando si svelano al prossimo. Far circuitare le opere penso sia anche un dovere morale nei confronti degli artisti”.
La mostra è stata realizzata grazie al contributo di Fondazione Banco di Sardegna.
DOLCE È LA GUERRA PER CHI NON L’HA VISSUTA
a cura di Efisio Carbone
Opening: sabato 16 luglio 2022, ore 19.00
dal 17 luglio al 25 settembre 2022
Fondazione MACC, Via Savoia 2, Calasetta (SU)
orari: dal martedì al venerdì, dalle 17 alle 21
sabato e domenica, dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 21