“La sposa Blu” di Silvia Battaglio al XIV Festival “Percorsi Teatrali”
L’arte della disubbidienza come strumento di salvezza e libertà tra l’incanto di un fiaba e la crudele realtà ne “La sposa Blu”, originale “scrittura di scena per performer e marionette” ideata e interpretata da Silvia Battaglio, in cartellone domani, domenica 31 luglio, ore 21.30 al Teatro che non c’era / nel Cortile dell’ex Asilo di Santu Lussurgiu per il XIV Festival “Percorsi Teatrali” e lunedì 1 agosto ore 22 in Piazza Santo Isidoro a Allai per il IV Festival Palcoscenici d’Estate – entrambi organizzati dal Teatro del Segno.
Un duplice appuntamento nell’Isola – sotto l’egida della compagnia cagliaritana fondata e diretta da Stefano Ledda, in collaborazione con il CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna – con la moderna rilettura della celebre fiaba di “Barbablù” narrata da Charles Perrault. La storia emblematica della giovane donna che infrange un divieto e scopre così il terribile segreto del marito, una sorta di serial-killer ante litteram, riuscendo così a sfuggire al suo destino e salvando le altre future vittime rivive in una raffinata e intrigante partitura che unisce la cifra espressiva del teatrodanza alla forza immaginifica del teatro di figura.
Silvia Battaglio si confronta con l’archetipo negativo di un marito autoritario e severo che “punisce” le mogli troppo curiose o se si vuole – nella percezione comune – un caso di follia le cui violente esplosioni e i cui eccessi restano nascosti in virtù del potere e della ricchezza, così come i corpi delle mogli “scomparse” restano celati dietro la porta della stanza proibita, un vero museo degli orrori in cui il reo custodisce le “prove” dei suoi stessi delitti. Sulla falsariga della fiaba – tra echi letterari e citazioni da William Shakespeare, Georgi Gospodinov, Antonio Ferrara e i fratelli Grimm, accanto alle suggestioni musicali che spaziano da Johann Sebastian Bach a Fazil Say, Alva Noto e Louis Ferrari – la danzatrice e performer rielabora la trama dal punto di vista de “La sposa Blu”: una fanciulla che sogna l’amore e si scontra con le leggi del possesso e le rigide imposizioni di un matrimonio (in)felice, ma decidendo di non sottomettersi agli ordini, sceglie implicitamente e irrevocabilmente la libertà.
Sul palco Silvia Battaglio interagisce con le splendide marionette degli Anni Quaranta, appartenenti alla Collezione Toselli.
Queste impersonano la antiche spose, risvegliate da quel loro sonno, in una specie di limbo e spinte a raccontare la propria dolorosa vicenda: dialoghi al femminile, confidenze dense di amarezza e rimpianto per le vite così prematuramente spezzate, che somigliano a altre narrazioni più recenti, in cui la sorpresa di aver come compagno un “mostro” e il rammarico per essersi fidate del proprio aguzzino accomuna donne di ogni ceto, cultura e estrazione geografica a tutte le latitudini.
Tra fantasia e realtà, “La sposa Blu” – produzione Zerogrammi in collaborazione con Biancateatro, con disegno luci di Tommaso Contu – è una moderna favola che affronta con un linguaggio poetico e visionario un tema scottante e di crudele attualità, per rappresentare il turbamento e i dubbi della protagonista, alle prese con il terrore di un incubo diurno, fin troppo presente e pressante, presagio di una prossima fine.
Focus su una eroina – suo malgrado – costretta a rinunciare all’illusione, per cercare una salvezza (im)possibile davanti a un destino apparentemente già scritto, ma che proprio nella disubbidienza, per un impulso di ribellione o magari per pura curiosità, si ritrova improvvisamente e inevitabilmente padrona di sé: superato lo sgomento e vinto l’orrore per la propria sorte e quella delle sue compagne di sventura, la giovane “deve” necessariamente agire, affrontare il dilemma se fingere e reindossare i panni ormai scomodi della moglie sottomessa o sfidare il suo carnefice e portare alla luce, al cospetto del mondo, quella tremenda verità.
“La sposa Blu” descrive l’arduo e «delicato percorso di riscatto e trasformazione» di una donna costretta a reinventarsi dopo che la sua idea di sé e del mondo, in primis di colui che aveva giurato di amarla e proteggerla, è stata definitivamente stravolta dai fatti, insieme a tutti i modelli conosciuti nell’infanzia e nell’adolescenza, alle regole e alle convenzioni sociali nel cui sicuro alveo era cresciuta, del tutto inutili nella sua situazione tragica e (quasi) disperata. La sua unica via di fuga, la sola possibilità di salvezza, si fonda su una rivelazione spaventosa, e sulla sua capacità di persuasione, sulla possibilità di essere creduta: lo scandalo è inevitabile, messa a nudo la vera, perversa natura del consorte, ella non potrà più tornare indietro.
Ma in fondo la sua vera trasgressione, l’aver usato la chiave della porta della stanza degli orrori, è ormai compiuta e quell’atto non può essere revocato, né rinnegato: la giovane donna ha per sé una sola alternativa, tra salvezza o sacrificio. “La sposa Blu” preferisce la vita, sottraendosi a quella zona di tenebre e paure in cui l’avevano imprigionata le sue infauste nozze, spezza il cerchio dell’omertà e rompe il muro del silenzio per far udire la propria voce, e quella delle altre vittime, optando faticosamente ma recisamente per la propria indipendenza e libertà.
Una donna coraggiosa, forse perfino temeraria visti i pericoli a cui si espone, che sconfigge il “mostro” – ma anche le proprie inquietudini e le proprie parti d’ombra – lottando contro pregiudizi e paure, per spiegare l’amore (e il suo contrario) e il diritto di essere se stessi, sempre, in ogni tempo e in ogni luogo, senza “appartenere” ad alcuno, nel rispetto dei diritti e della libertà altrui, per continuare a inseguire i propri sogni e magari aspirare alla felicità.