La Zia D’america, prima regionale al Nurarcheofestival di Sadali
Ultimi fuochi per la quattordicesima edizione del Nurarcheofestival, la rassegna organizzata anche quest’anno nella Valle dei Laghi, fra Orroli, Sadali e Nurri, dal Crogiuolo, diretta da Rita Atzeri e Iaia Forte.
Dopo due settimane con un calendario ricco e serrato – oltre venti spettacoli, due anteprime nazionali e diverse prime regionali – domani, domenica 31 luglio, il penultimo appuntamento. Ai Giardini Podda di Sadali, alle 18, ci sarà Paolo Panaro, altro attore di particolare rilievo, presenza ormai abituale al NAF, con uno spettacolo – altra prima regionale – da lui diretto e interpretato, La Zia D’america, riduzione per la scena di una novella di Leonardo Sciascia, uno dei tre racconti della raccolta “Gli zii di Sicilia” (produzione Centro Diaghilev).
1943, in un non precisato paese dell’interno della Sicilia. Il giovane protagonista racconta delle speranze e delle paure che con i suoi concittadini vive nell’attesa dell’arrivo delle truppe alleate. Si ha l’impressione che i grandi eventi storici non sfiorino nemmeno questa estrema provincia siciliana di cui il narratore si fa cronista attraverso un personale percorso mnemonico. Eppure gli americani arrivano. Se una parte del paese si dà a bruciare ritratti di Mussolini e tessere del fascio, l’altra parte festeggia i liberators che sono soltanto cinque soldati americani. Questa è l’atmosfera all’indomani della Liberazione. I fascisti rimasti in paese hanno paura, soprattutto lo zio del narratore che ai tempi di Mussolini rivestiva il ruolo di segretario amministrativo del fascio. Gli eventi si infittiscono: l’armistizio, la Repubblica di Salò, le prime consultazioni politiche. Cominciano ad arrivare notizie dall’America, la ricca zia del protagonista scrive che presto verrà in Sicilia per un voto fatto alla Madonna del paese. Intanto la guerra è finita. L’Italia si divide fra monarchici e repubblicani, comunisti e anticomunisti. Arrivano gli aiuti americani e arrivano anche i pacchi dei parenti d’oltreoceano. Ma anche esortazioni e i ricatti dei parenti americani di dare il voto, nelle prossime elezioni, al partito della Democrazia Cristiana. Immediatamente dopo il trionfo del rassicurante partito di De Gasperi, giungono in paese la ricca zia americana e la sua famiglia. Ma i rapporti si logorano e la donna comincia a provare una vera insofferenza verso i suoi familiari. E quando gli americani anticipano il giorno di rientro negli Stati Uniti decidono di portarsi dietro l’unica persona veramente simpatica del paese, a loro modo di vedere: lo zio fascista.
SI CHIUDE COL BOTTO
Il cartellone principale della XIV edizione del NurArcheoFestival si chiude con il botto, è il caso di dire.
Sarà Motus, storica compagnia di teatro di innovazione e ricerca fondata da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, molto conosciuta e apprezzata anche a livello internazionale, a mettere il suo sigillo sulla rassegna lunedì 1 agosto, alle 21.30, al Nuraghe Arrubiu diOrroli con, in prima regionale, TUTTO BRUCIA, ideazione e regia di Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande, con Silvia Calderoni, attrice e performer icona di Motus, Stefania Tansini e R.Y.F. (Francesca Morello) alle canzoni e musiche live (disegno luci: Simona Gallo; direzione tecnica e luci: Simona Gallo e Theo Longuemare; ambienti sonori: Demetrio Cecchitelli; design del suono live: Enrico Casagrande; sculture sceniche, video e grafica: Vladimir Bertozzi; una produzione Motus e Teatro di Roma – Teatro Nazionale con Kunstencentrum Viernulvier – BE).
Porto il lutto per i figli morti in guerra/Per le donne fatte schiave/Per la libertà perduta/Oh amate creature, tornate, venite, venite a prenderci! Silvia Calderoni/Ecuba sussurra queste parole intrecciate alle musiche e lyrics di R.Y.F. (Francesca Morello), Stefania Tansini squarcia l’aria con un pesante coltello e un falcetto contadino, come nei riti collettivi di cordoglio scomparsi del sud Europa. Basta forse questa immagine per entrare in Tutto Brucia, una riscrittura delle Troiane di Euripide attraverso le parole di J.P. Sartre, Judith Butler, Ernesto De Martino, Edoardo Viveiros de Castro, No Violet Bulawayo, Donna Haraway. Il lamento si propaga attraverso quel Mediterraneo nero che – allora come oggi – è scena di conquiste dell’Europa coloniale, di migrazioni e diaspore. Tra le rovine di uno spazio vuoto e stravolto, coperto da cenere e cadaveri di mostri marini, dove tutto è già accaduto, emerge la questione della vulnerabilità radicale. Il corpo rotto di Ecuba, la parola profetica di Cassandra, che vede oltre la fine, il grido spettrale di Polissena, l’invocazione ai morti di Andromaca, le violenze subite da Elena e infine il corpo più fragile e inerme, quello del bambino Astianatte danno voce ai soggetti più esposti e vulnerabili. Quali vite contano? Cosa rende una vita degna di lutto? È attraverso il dolore che le protagoniste nella scena tragica si trasformano materialmente, divengono altro da sé: cagna, pietra o acqua che scorre, elaborando la violenza subita. Una metamorfosi che apre verso altre possibili forme. E scrive il mondo che verrà. Perché la fine del mondo non è che la fine di un mondo.
Per informazioni, prevendita e prenotazioni: tel. 334 8821892