Processo per l’occupazione di farmacologia a Milano
Processo per l’occupazione di farmacologia a Milano: vivisettori e vivisettrici si arrendono.
Processo per l’occupazione di farmacologia a Milano – Chiuso il processo per l’occupazione di Farmacologia: vivisettori e vivisettrici si arrendono e rinunciano alle richieste di risarcimento nei confronti degli attivisti del Coordinamento “Fermare Green Hill” che nell’aprile del 2013 liberarono le cavie, 400 topi e un coniglio, prigioniere negli stabulari dell’Università di MilanoGiuliano Floris e Francesca De Maria: “I fautori della sperimentazione animale hanno dovuto fare un passo indietro sulla strada, sbagliata, della vivisezione presa dalla scienza”
Dopo la condanna penale a 18 mesi, nel 2018, degli attivisti e delle attiviste del Coordinamento Fermare Green Hill che il 20 aprile 2013 occuparono gli stabulari di Farmacologia dell’Università statale di Milano, liberando 400 topi e un coniglio, nei giorni scorsi la causa civile, che stava proseguendo in appello con una ulteriore richiesta di risarcimento danni, si è conclusa con il ritiro dell’Ateneo e del Consiglio nazionale delle Ricerche (Cnr).
“Gli animali liberati quel memorabile giorno hanno vinto nel momento in cui l’Università statale di Milano e il Cnr sono stati di fatto costretti a ritirare le richieste di risarcimento danni presentate nel loro ricorso in appello, che è praticamente franato su se stesso – hanno commentato gli attivisti Giuliano Floris e Francesca De Maria – .
Avere il coraggio di mostrare la semplice e ordinaria brutalità della vita quotidiana delle cavie in quelle gabbie e rivendicare il gesto in tribunale ci ha provati, ma è stata la cosa giusta da fare – hanno aggiunto – .
Ricordiamo con orrore i dati sconvolgenti riportati sul registro di carico-scarico che indicavano come venissero buttati, ogni pochi giorni, circa 34-37 kg di topi morti alla volta”.
“L’azione a Farmacologia – aveva già detto Giuliano Floris nelle dichiarazioni spontanee rilasciate in sede penale – è servita ad abbattere quel muro di silenzio che ha sempre avvolto il mondo della ricerca che utilizza gli animali.
Noi, invece, abbiamo voluto rivendicare l’etica nella scienza e la necessità della partecipazione della società civile nelle questioni della scienza e della ricerca.
Che devono rendere conto della giustizia di quello che fanno. Non dell’utilità. Non importa se una cosa è utile se sfrutti un altro essere vivente”.
Difesi nel procedimento penale dall’avvocato Maria Cristina Giussani e ora, in sede civile, da Stefano Azzolina, gli attivisti e le attiviste hanno sempre rivendicato apertamente con coerenza e decisione la loro azione di fronte a una controparte che sembrava inattaccabile ma che, invece, è stata sconfitta.
“Questa vicenda mostra che ognuno di noi può davvero fare la differenza – proseguono Floris e De Maria – anche di fronte ai colossi fautori della sperimentazione animale, che nei nostri confronti oggi hanno dovuto fare un passo indietro sulla strada, sbagliata, della vivisezione presa dalla scienza.
Il pensiero va a tutti gli animali ancora imprigionati e agli attivisti e alle attiviste inglesi che nei giorni scorsi hanno liberato 5 beagle aprendo una breccia nel colosso Marshal BioResources (MBR) che ‘produce’ animali per i laboratori di tutto il mondo”.