Chiude ‘Asincronie’, la terza edizione del festival di cinema documentario e della fotografia di Sassari.
Il festival, organizzato dal collettivo di filmmaker e fotografi 4Caniperstrada, si chiude lunedì 29 agosto alle ore 21:30 con un omaggio a Pier Paolo Pasolini nel centenario della nascita e la visione del suo documentario più famoso “Comizi d’amore”.
Mentre la proiezione di “Looking for horses” di Stefan Pavlovic, è fissata per domenica 28 agosto, sempre alle 21:30.
A introdurre “Comizi d’amore” sarà Antonello Zanda, direttore della Cineteca Sarda – Società Umanitaria.
La visione del film rientra nell’omaggio fatto da Asincronie a Pasolini. Girato nel 1964 e restaurato nel 2020 dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con Compass Film e Istituto Luce Cinecittà, il film segue Pasolini che percorre l’Italia dal sud al nord, interrogando ogni classe e tipologia d’italiano su un argomento all’epoca tabù. Pungolati, sollecitati e provocati da un intervistatore mai neutrale, uomini e donne di tutte le età rispondono restituendo l’immagine di un’Italia intrisa di pregiudizi e repressioni, talvolta gretta e oscurantista, talvolta ansiosa di un’emancipazione ancora lontana.
Il festival ha poi proiettato anche il documentario “Manon finestra due” (1956), scritto da Pasolini per la regia di Ermanno Olmi. Quest’anno ha inoltre organizzato una residenza per giovani filmmaker dal titolo “Cento paia di buoi. Il metodo Pasolini”, durante la quale i partecipanti hanno interagito con gli abitanti dell’Argentiera, intervistandoli per raccoglierne punti di vista, esperienze e visioni sul futuro dell’ex borgo minerario.
Chiude Asincronie il documentario “Looking for horses” del giovane regista di origini bosniache Stefan Pavlovic.
Il doc, proiettato in anteprima regionale al Cityplex martedì alle 21.30, è un film sul persistere delle conseguenze della guerra civile in Bosnia. È stato premiato come miglior film al “Burning Lights” di Visions du Réel nel 2021 e ha vinto il Premio speciale della giuria al Festival di Sarajevo. Durante un viaggio alla ricerca delle sue origini, il regista incontra un pescatore solitario. Zdravko si è ritirato in un lago per vivere in solitudine e ha perso l’udito durante la guerra civile in Bosnia. La macchina da presa, testimone dell’inizio di un’improbabile amicizia, sperimenta le connessioni tra linguaggio, trauma e identità.