La militare americana, difesa dall’avvocato Aldo Masserut, si è sempre avvalsa della facoltà di non rispondere tranne che per poter rilasciare dichiarazioni spontanee per porgere le sue scuse ai familiari della vittima: “Sono distrutta dal dispiacere, mi scuso con tutti per il dolore che ho causato”.
L’incidente si è svolto nella notte tra il 20 e il 21 agosto alle 2.32 del mattino (orario dell’allarme ricevuto dal 112). Il 15enne si trovava con due amici nella pista ciclo-pedonale di Porcia, in Provincia di Pordenone, quando dall’altra direzione è giunta l’auto di Julia Bravo, che tornava da una serata alla discoteca Papi on the Beach, ad alta velocità.
Probabilmente il veicolo ha perso aderenza all’ingresso della rotonda e scavalcando il cordolo di protezione ha colpito il ragazzo. Per il violento impatto il ragazzo è stato scaraventato ad una decina di metri di distanza. La soldatessa ha comunque prestato i primi soccorsi, ma per il 15enne non c’è stato nulla da fare.
La madre della vittima, Barbara Scandella, teme adesso che l’aviatrice possa essere estradata negli USA ed essere processata nel suo paese e insiste affinché venga processata in Italia. Così ha dichiarato ai microfoni di Repubblica: “Voglio giustizia e la voglio qui in Italia. Chi ha ucciso mio figlio deve essere condannato dal nostro tribunale e scontare per intero la pena”.
Il Ministero della Giustizia, repentinamente ha fatto sapere alla donna tramite una nota che non vi è alcun automatismo nella prassi giudiziaria, ma nel caso di una richiesta di estradizione negli USA si procederebbe con un’analisi istruttoria nella quale si acquisiranno i pareri della procura generale e del ministro degli esteri, con una valutazione anche da parte del ministro della giustizia. Sulla base di questi e delle informazioni che verranno raccolte, il ministro della giustizia deciderà o meno se accettare l’istanza di estradizione.
A differenza di quanto affermato in questi giorni, dunque, non c’è alcuna legge internazionale che preveda che un militare NATO non venga processo in Italia, a meno che gli USA non presentino delle pressioni per invocare il SOFA, ovvero un’istanza che prevede il chiarimento dei comportamenti dei soldati di stanza in un altro paese. Ricordiamo tutti cosa successe nel 1998, quando un aereo militare USA con 4 marines a bordo tranciò i cavi di una funivia del Cermis provocando 20 morti, tra cui anche cittadini stranieri. I marines furono processati negli USA e il tutto finì senza colpevoli.
Umberto Zedda