Di seguito alcune valutazioni espresse dall’On.le Giancarlo Acciaro (già Segretario nazionale del Partito Sardo d’Azione) in merito alle elezioni politiche in programma il 25 settembre 2022
“Il 25 Settembre gli Italiani si recheranno alle urne per scegliere chi governerà il Paese nei prossimi 5 anni.La legislatura appena conclusa è stata caratterizzata dalla formazione di maggioranze anomale, che, avvicendandosi, hanno dato vita a tre diversi Governi, tutti espressione di partiti ideologicamente distanti tra loro e con culture politiche totalmente inconciliabili.
A mio giudizio, questa situazione Kafkhiana non solo è figlia di una legge elettorale che non sempre garantisce la governabilità, ma anche, purtroppo, di quel sentimento di “antipolitica” che è diffusamente presente nel Paese.
Questo errato modo di pensare sta generando la disaffezione dei cittadini al voto; si concentra inoltre quel poco di consenso elettorale, non su un progetto o idea politica, piuttosto che su un programma di governo, ma, viceversa, sul leader carismatico di turno o su chi produce lo slogan più accattivante.
Quello che oggi salta maggiormente all’occhio è la grande improvvisazione e incompetenza, nonché arrivismo, di chi si propone di ricoprire uno scranno parlamentare, nella convinzione che l’unico requisito utile per governare un Popolo sia la condizione anagrafica o una proposta di cambiamento a prescindere. Al contrario di quel passato, ormai tanto demonizzato, che però puntava su candidati che avevano fatto un percorso di formazione politica partendo dalle sezioni di Partito, per proseguire con le esperienze amministrative fatte nei Comuni, Province e quant’altro.
Ed è così che ci siamo trovati al Governo del Paese Parlamentari che non avevano mai fatto un giorno di lavoro o che non avevano amministrato neanche un condominio. Come è possibile che in questo scenario la gente riprenda credibilità nella politica?
A seguire i TG Nazionali o i dibattiti sui social, in questa pre-campagna elettorale, a farla da padrone non sono i progetti e i programmi utili a cambiare le sorti del Popolo Italiano, non sono le idee e le soluzioni per combattere il caro vita, la disoccupazione, i problemi legati all’approvvigionamento energetico, all’eccessivo carico fiscale delle imprese etc, ma, viceversa, se e quali forze politiche devono far parte di una coalizione e quanti e quali collegi elettorali spettano al Leader di turno.
Il tutto per cercare di spostare – sì e no – qualche punto percentuale che serve per accaparrarsi qualche seggio in più o per garantirsi una rielezione al Parlamento Italiano, portando in dote come credenziali l’ultimo sondaggio diramato dall’istituto che tira fuori i dati a lui più congeniali.
Ma se questa è la realtà…ed è purtroppo proprio questa, come possiamo pensare che il giovane diciottenne che vota per la prima volta, ora anche al Senato della Repubblica, possa avere le idee chiare su quale modello economico e sociale ci viene proposto da questa nuova generazione politica?
Il diciottenne di oggi aveva 13 anni quando è nato il primo Governo Conte: in questi 5 anni nessuno ha pensato bene di spiegare alle nuove generazioni come la propria idealità politica si tramuti in azioni amministrative e legislative, che portino a concretizzare il modello di sviluppo a cui si ispira il proprio partito o la propria coalizione.
Al posto delle sezioni di Partito oggi vi sono le pagine social dove si legge di tutto e di più, tranne che le proposte programmatiche del singolo candidato o del partito di appartenenza: questo perché il “linguaggio social” ha tempi di lettura telegrafici, basato su “frasi fatte” e su slogan performanti…ma questo non è politica e così non si prepara la gente al voto in maniera esaustiva.
Il diciottenne che vota per la prima volta deve sentire il proprio voto come un’assunzione di responsabilità e non come un voto di tendenza. Deve essere cosciente di votare per un’idea e per un progetto che più si avvicina a quella forma di società a cui egli si ispira, ma quando assiste a certi dibattiti televisivi in cui, tra un urlo e un’offesa reciproca, si parla solo di cambi di casacca, di collegi elettorali ambiti e di sollevare il prezzo per la propria collocazione in seno ad una coalizione. Ciò fa altro che allontanare ancora di più quel giovane dalla politica e spingerlo a non andare a votare, forte di una convinzione che “tanto non cambierà mai niente“.
Io sono sempre più convinto che sia arrivato il momento di fare scelte coraggiose, di spargere nei solchi dell’elettorato il seme della buona politica, quella che parla alla gente e alle nuove generazioni con un linguaggio serio, onesto e lungimirante, quello rivolto ad individuare la giusta terapia per risanare la politica e per riportarla alla sua nobile ed utile missione originale”.