Her Promise: la ricetta di sostenibilità di Organon per invertire il declino demografico, migliorare la gestione della cronicità, favorire la prosperità del SSN, con al centro la Salute delle Donne, volano di benessere sociale e crescita economica
Her Promise: la ricetta di sostenibilità di OrganonI temi prioritari della salute pubblica devono rimanere centrali anche in uno scenario politico in rapida evoluzione come quello attuale e in un contesto europeo dominato dalla guerra e dall’esplosione dei costi per l’energia:
il calo delle nascite, che nel 2022 sta facendo registrare un nuovo record negativo, l’impatto crescente delle malattie croniche, che interessano 24 milioni di italiani, e la necessità di un più ampio accesso alle cure di qualità per le patologie di grande rilevanza sociale.
In occasione del primo anniversario della sua presenza sul mercato globale, Organon rilancia il proprio impegno per la salute femminile, attraverso la strategia ESG (Environmental, Social, Governance) Her Promise confrontandosi con Istituzioni, stakeholder e comunità scientifica sulle priorità da affrontare nella fase di “nuova normalità” di coesistenza con il Coronavirus.
Tra le misure urgenti: favorire la salute sessuale e riproduttiva della donna, educando alla corretta pianificazione familiare e al tempestivo accesso ai percorsi di procreazione medicalmente assistita (PMA), ancora disomogenei a livello nazionale; migliorare l’aderenza terapeutica nella gestione delle malattie croniche introducendo la prospettiva di genere; introdurre meccanismi di procurement innovativo in grado di incentivare la diffusione dei farmaci biosimilari, per coniugare qualità delle cure e sostenibilità.
Her Promise: Rilancio della natalità, gestione della cronicità e sostenibilità
Roma, 15 settembre 2022 – Rilancio della natalità, gestione della cronicità e sostenibilità sono le grandi sfide di salute pubblica che il nostro Servizio Sanitario Nazionale deve affrontare per continuare ad assicurare l’universalità dell’accesso ai servizi e alle cure, entrando in una nuova normalità di coesistenza con il Coronavirus.
Sfide che passano attraverso un comune denominatore: la Salute della Donna! Se è vero che l’80% delle donne prende decisioni sulla salute dei propri cari, e che, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ogni dollaro speso in salute della donna genera 20 dollari in benefici economici, avere a cuore il benessere femminile significa avere a cuore l’intera società civile incidendo positivamente sul tessuto sociale ed economico di un Paese.
Mentre lo scenario europeo è dominato dall’esplosione dei costi dell’energia, diventa sempre più urgente:
- invertire la rotta nel calo delle nascite, che sta mettendo in crisi l’equilibrio generazionale e che nel 2022 sta registrando un nuovo record negativo con soli 385.000 nuovi nati;
- affrontare l’impatto crescente delle malattie croniche non trasmissibili, che interessano 24 milioni di italiani e assorbono circa l’80% del Fondo Sanitario Nazionale con una particolare attenzione alla prospettiva di genere, perché la donna arriva più tardi alla diagnosi ed è meno aderente alla cura;
- assicurare l’accesso alle terapie in grado di coniugare qualità e costi sostenibili, come nel caso dei farmaci biosimilari.
Organon
A richiamare l’attenzione sulla centralità del tema salute è Organon, unica azienda farmaceutica globale dedicata alla salute femminile in ogni fase della vita, che nel primo anniversario del lancio della propria attività si è confrontata con tutti i principali stakeholder – Istituzioni, Società scientifiche, Associazioni di pazienti e media – nel corso di un evento scientifico-istituzionale dedicato alle grandi sfide socio-sanitarie dei prossimi anni.
Nell’ambito dell’evento, grande importanza ha il lancio della strategia ESG (Environmental, Social, Governance) Her Promise, che vuole essere la risposta concreta e innovativa di Organon nel suo impegno per la salute femminile.
Una strategia di ampia visione finalizzata a sostenere le donne e le ragazze di tutto il mondo nelle loro aspirazioni di benessere e mettere a disposizione una proposta di valore innovativa a tutela della loro salute e in coerenza con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU. Cardini della strategia di sostenibilità sono un più ampio accesso alla contraccezione, per evitare 120 milioni di gravidanze indesiderate nel mondo entro il 2030, lotta alle disparità ed equa rappresentanza di genere anche all’interno dell’azienda, dove è donna quasi il 50% dei dipendenti e il 65% del leadership team, insieme all’obiettivo “emissioni zero” nei principi dell’economia circolare.
«Sono stati 12 mesi di grande impegno ma anche molto stimolanti e di grande soddisfazione, nei quali abbiamo raggiunto l’obiettivo di essere l’azienda leader nella salute riproduttiva della donna anche grazie a importanti accordi di partnership che ci permetteranno di rispondere con efficacia a molteplici bisogni di salute al femminile non ancora pienamente soddisfatti – afferma Alper Alptekin, Presidente e Amministratore Delegato di Organon Italia – la salute della donna è un potente indicatore di prosperità di un Paese e volano di benessere sociale e crescita economica e siamo orgogliosi di averla scelta come nostra area terapeutica prioritaria, in una visione ampia che la considera come epicentro della salute di tutta la comunità e la vede quindi connessa anche con le grandi sfide collegate alla cronicità e alla sostenibilità».
Il tema della natalità e della fertilità
Sul fronte della salute femminile, il tema della natalità e della fertilità è tra quelli che hanno le maggiori ricadute a livello socio-economico. Il trend di continua decrescita demografica potrebbe determinare nel 2070 un’importante diminuzione del 32% del PIL. L’emergenza Covid, che ha indotto circa due coppie su tre a rinviare il progetto di una gravidanza o addirittura a rinunciarvi (Osservatorio Giovani), ha acuito il problema, innescato da fattori di lungo periodo: la mancanza di una corretta pianificazione familiare, la scarsa informazione sulla contraccezione e le difficoltà legate all’accesso tempestivo ai percorsi di fertilità e di procreazione medicalmente assistita (PMA).
I dati di una recente analisi denominata NERAD dicono che nel nostro Paese una gravidanza su 4 non è pianificata e il 50% di queste esita in un’interruzione volontaria di gravidanza, con i conseguenti effetti importanti sulla salute psicofisica della donna. Pesano soprattutto la carenza di informazioni sulle possibili scelte contraccettive e la quasi totale assenza di programmi educazionali sull’argomento che limita l’accesso alla contraccezione e il suo uso consapevole, mentre è in aumento l’impiego della contraccezione d’emergenza che già nel 2018 ha portato 548.684 donne a farne uso. L’Italia – come rivela l’ultimo Atlante Europeo della Contraccezione redatto dall’European Parliamentary Forum for Sexual & Reproductive Rights (EPF) – si posiziona al 22° posto in Europa per accesso e informazione alla contraccezione.
Secondo la ricerca Lo stato dell’arte e i bisogni di formazione e informazione delle donne italiane in area contraccezione – condotta da DoxaPharma[i] su un campione di 1.000 donne italiane tra i 18 e i 40 anni e presentata nel corso dell’evento – una donna italiana in età fertile su tre non ha mai chiesto al proprio ginecologo informazioni sulla contraccezione, mentre il 48% si è informata attraverso Internet.
La conseguenza è che le donne si affidano soprattutto alle opzioni a loro note (pillola ormonale e preservativo), mentre è ancora limitata la conoscenza dei metodi contraccettivi non giornalieri che possono favorire la compliance della donna alla terapia come ad esempio i contraccettivi reversibili a lunga durata d’azione (LARCs): quasi la metà delle donne è poco o per nulla informata sull’anello vaginale a durata mensile e sul cerotto e solo il 25% conosce l’impianto a lunga durata nel braccio.
Lo scarso ricorso alle tecniche che favoriscono la fertilità è l’altra faccia del percorso a ostacoli verso un’adeguata pianificazione familiare, che penalizza le donne nelle loro scelte di vita: 1/3 dei trattamenti di PMA è eseguito in coppie in cui il partner femminile ha più di 40 anni, diminuendo notevolmente il tasso di successo dei trattamenti, che passa dal 21,6% per le pazienti con meno di 35 anni al 4,1% per quelle con più di 43 anni. Riguardo all’accesso alla PMA, esistono forti disomogeneità a livello regionale, con una diversa distribuzione dei Centri pubblici e privati convenzionati dal Nord al Sud, lunghe liste di attesa, ostacoli burocratici. Un impulso verso la diffusione dei percorsi di PMA potrebbe arrivare, oltre che da campagne di sensibilizzazione sul tema della fertilità e delle tecniche di PMA, anche dall’approvazione definitiva del Decreto interministeriale che rende uniformi le tariffe per le prestazioni di PMA sull’intero territorio nazionale.
Questi temi sono stati oggetto del confronto tra rappresentanti del mondo della sanità, delle Istituzioni, delle Associazioni, nell’ambito del progetto Camerae Sanitatis, il format promosso dall’Intergruppo parlamentare Scienza & Salute e Sics-Società Italiana di Comunicazione Scientifica e Sanitaria, con il contributo incondizionato di Organon Italia, dal quale sono scaturite delle Raccomandazioni per identificare le azioni più utili e urgenti atte a promuovere il rilancio della natalità in Italia.
L’invecchiamento della popolazione
Insieme alla diminuzione della natalità, l’invecchiamento della popolazione è il fattore che disegna quella “piramide rovesciata” caratterizzata dalla prevalenza nella popolazione di persone in età avanzata (in Italia un quinto della popolazione è over 65). Una delle maggiori conseguenze è il crescente impatto delle malattie croniche non trasmissibili – come patologie cardiovascolari, dislipidemie, patologie respiratorie, malattie della pelle, osteoporosi, malattie osteoarticolari ed emicrania – responsabili del 93,3% dei decessi.
Tra le persone di 55 anni, un individuo su due soffre di almeno una patologia cronica, mentre nella popolazione over 75 l’incidenza aumenta: a convivere con una patologia cronica in questa fascia d’età sono 9 persone su 10. Tra le malattie croniche non trasmissibili le malattie cardiovascolari sono quelle che hanno il maggiore impatto in termini di letalità, con circa 18 milioni di decessi l’anno a livello globale.
Organon, attraverso un portfolio diversificato che vanta anche di soluzioni terapeutiche di consolidata efficacia nella gestione delle patologie croniche a più alto impatto sociale, si pone come partner delle Istituzioni per migliorare la gestione di queste malattie, tenendo conto di tutte le caratteristiche della popolazione, incluse le differenze di genere, spesso sottovalutate.
In questa prospettiva Organon supporta lo studio WECARE (Women Effective CArdiovascular Risk Evaluation): un’analisi di Health Technology Assessment (HTA) che ha coinvolto circa 850.000 pazienti con l’obiettivo di rilevare potenziali differenze di trattamento esistenti tra pazienti di sesso maschile e femminile affetti da dislipidemie e dalla quale emergono importanti aspetti sui quali intervenire, come la minore aderenza terapeutica delle donne rispetto agli uomini nelle terapie ipolipemizzanti.
Al tema della cronicità si associa quello della sostenibilità, per garantire cure di qualità a tutti i pazienti che ne hanno bisogno e al tempo stesso ridurre gli oneri finanziari a carico della sanità pubblica. Una delle possibili risposte è offerta dai farmaci biosimilari, farmaci biologici assolutamente comparabili ai farmaci originator in termini di qualità, sicurezza ed efficacia, ma a costi minori.
Per indagare i fattori che possono determinare un “ambiente” normativo sostenibile e favorevole allo sviluppo dei biosimilari, Organon ha sostenuto la realizzazione del report Unlocking the Potential of Biosimilars, un’analisi che mette a fuoco l’attuale panorama delle politiche sanitarie sui biosimilari in 17 Paesi, facendo emergere, per ciascun Paese, i fattori che determinano il successo, l’inefficienza e le aree di rischio, per arrivare a definire un toolkit “ideale” di raccomandazioni per garantire una sostenibilità a lungo termine.
Per quanto riguarda la situazione in Italia, oltre ad aspetti positivi come gli standard di produzione, rigorosamente simili a quelli di tutti gli altri farmaci e le procedure semplificate di approvazione, che velocizzano l’accesso dei biosimilari, sono emerse criticità come quelle legate alla scelta di aggiudicare le gare esclusivamente sulla base del prezzo, indirizzo che non tiene conto dell’approccio HTA (ad es. rapporto costo-efficacia, introduzione di criteri di qualità) e innesca di fatto una corsa all’abbattimento dei prezzi di acquisto dei biosimilari, che potrebbe disincentivare le aziende a renderli sempre più disponibili.
Le tavole rotonde
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La salute della donna
«La pianificazione familiare in Italia continua a essere un problema privato delle coppie e soprattutto delle donne. I consultori familiari, presidi deputati alla presa in carico delle donne e delle coppie desiderose di pianificare il loro progetto riproduttivo, sono andati via via diminuendo di numero, riducendo progressivamente l’organico. Inoltre, sappiamo che i giovani hanno poche informazioni sulla sessualità e sui metodi contraccettivi e che sarebbero invece desiderosi di ricevere informazioni da esperti. Con questi presupposti non bisogna meravigliarsi se in Italia una gravidanza su 4 è imprevista o indesiderata, ed esita in circa la metà dei casi in un’interruzione volontaria di gravidanza a cui ricorrono, nel 62% dei casi, donne di età compresa tra 25 e 40 anni».
Rosetta Papa, Ginecologa, Docente Master I e II Livello “Management e Coordinamento dei Servizi Sanitari e Socio-Sanitari”, Dip. Scienze Sociali, Università Federico II, Napoli
«In Italia si riscontra un livello ancora ridotto di utilizzo della contraccezione (59,3% complessivamente). Inoltre una ricerca condotta dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) su donne tra i 21 e i 29 anni evidenzia che il 24,8% di esse utilizza metodi poco sicuri. Il ricorso all’anello vaginale o il cerotto transdermico risulta limitato, mentre l’impianto sottocutaneo, pur non essendo ad oggi molto utilizzato, sta gradualmente diffondendosi per la sua maneggevolezza e l’efficacia di lunga durata a cui consegue una valida prevenzione degli aborti volontari e del ricorso alla pillola d’emergenza».
Silvano Costa, Ginecologo Centro Medico Caravelli, Bologna
«La procreazione medicalmente assistita (PMA) è inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ma non è ancora stata definita una tariffazione delle prestazioni. Ne consegue, pertanto, che dal 2017 la PMA non è di fatto attiva nei LEA a livello nazionale. Questo ha comportato una grave disparità a livello regionale per cui alcune Regioni, che considerano la PMA come LEA regionale, la somministrano ai propri cittadini, mentre altre Regioni come Puglia, Basilicata, Sicilia, Calabria, Sardegna, che sono in prevalenza in piano di rientro, non la riconoscono e quindi non la erogano. Oggi in Italia si eseguono circa 100.000 prestazioni di PMA l’anno, eseguite nel 40% dei casi in Centri pubblici o in Centri convenzionati privati a carico del SSN, mentre il restante 60% viene eseguito privatamente, a carico del cittadino stesso che deve sopportare un carico di spesa ingente tra i 6.000 e i 10.000 euro».
Luca Mencaglia, Presidente Fondazione PMA
«Il crollo delle nascite in Italia è legato a molteplici ragioni a partire da motivazioni sociali ed economiche e alla carenza di tutele della famiglia che inducono le giovani coppie a rinviare, a volte in maniera indefinita, la decisione di avere un figlio. Se si vuole riuscire a invertire questa tendenza bisogna che i diversi attori, incluse le Società scientifiche, vadano ad agire su diversi piani e aspetti come per esempio, una maggiore informazione sulla capacità riproduttiva della donna in rapporto all’età, sugli stili di vita connessi con la sfera riproduttiva, l’implementazione di servizi sociali, l’interruzione del percorso lavorativo della donna durante la gravidanza, la facilitazione di accesso a tecniche avanzate di procreazione assistita e il supporto sociale ai primi mille giorni».
Nicola Colacurci, Presidente SIGO – Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia
«In Italia stiamo assistendo a un fenomeno definito “trappola demografica”, ossia pochi genitori che a loro volta mettono al mondo pochi figli, a cui va aggiunta la circostanza che il desiderio di genitorialità è frenato da tanti fattori. Oggi le donne fanno il primo figlio ad un’età molto più avanzata rispetto al passato, attorno ai 35 anni. Bonus, detrazioni fiscali e agevolazioni sono iniziative utili che però non creano quel generale clima di fiducia e quella facilità di accesso che servirebbero. Sono urgenti misure universali come asili nido, trasporto scolastico, gestione del tempo lavorativo; ma anche strategie di supporto all’occupazione, allo smart working, alle coppie giovani con bambini, alla previsione di spazi più a misura di bambino, all’abitazione, ai libri scolastici».
Francesca Moccia, Vice Segretario Generale Cittadinanzattiva
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Biosimilari: promuovere il loro potenziale per garantire la sostenibilità del SSN
«L’introduzione dei farmaci biosimilari sul mercato può generare nel tempo “risparmi” potenzialmente consistenti nella spesa farmaceutica pubblica e contribuire alla sostenibilità finanziaria dei Sistemi sanitari, garantendo un maggiore accesso a cure efficaci. Ma questo potrà essere garantito soltanto grazie ad un approccio diverso da quello seguito sino ad oggi. Continuare a effettuare gare basate prevalentemente sul criterio del prezzo non riuscirà a garantire una sostenibilità di medio-lungo periodo. Bisogna abbandonare la mera logica del prezzo in favore del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base dell’HTA e del costo-efficacia. In questo modo, si riuscirà a garantire una corretta concorrenza sul mercato evitando pericolose distorsioni dello stesso. Lo strumento c’è (HTA), la normativa lo prevede molto chiaramente, basta applicarla in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale così da garantirci tutti i vantaggi conseguenti».
Francesco Mennini, Professore di Politica Economica ed Economia Sanitaria, Università di Roma Tor Vergata
«Nonostante l’EMA prima e l’AIFA dopo, garantiscano “uguale attività e uguale profilo di tossicità” tra farmaci originatori e farmaci biosimilari, esiste ancora un certo grado di inerzia difficilmente spiegabile da un punto di vista comportamentale e assolutamente infondato dal punto di vista clinico. Ancora oggi nel loro insieme più della metà dei farmaci che vengono prescritti sono originatori rispetto ai biosimilari, che hanno da poco superato il 40% delle prescrizioni rispetto al 35% del 2020. Si continua ad osservare un progressivo incremento dell’utilizzo di biosimilari ma ancora troppo lento e così ogni anno si disperdono decine di milioni senza ottenere alcun maggior vantaggio per il paziente. Quello dei biosimilari è un percorso che deve essere trattato con molta fermezza dal punto di vista accademico e scientifico, in quanto è ampiamente condivisa la sovrapponibilità dei diversi trattamenti. Auspichiamo che sia Agenas che il Ministero della Salute decidano di deliberare riguardo a percorsi di controllo su questo tipo di spesa».
Paolo Marchetti, Professore Oncologia Medica, Università La Sapienza, Roma
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La prospettiva di genere nelle patologie cardiovascolari: i dati dello studio WECARE
«Chiunque abbia studiato la medicina e la sanità sa che uomo e donna come generi primari sono totalmente differenti, hanno una fisiologia diversa, problemi di salute diversi e quindi sia inevitabile applicare approccio clinico, metodi e regole diverse a seconda non soltanto dell’età ma anche del genere specifico. Oggi i dati Covid mostrano come, a fronte di una maggiore incidenza dei contagi nel genere femminile praticamente per tutte le classi di età, vi sia un tasso di letalità proporzionalmente maggiore nel genere maschile. Da qui la necessità di focalizzare l’attenzione sulla tipologia di persona che abbiamo di fronte. Questo riguarda anche la valutazione diagnostica che mostra differenze sostanziali in alcuni parametri tra genere maschile e genere femminile, come la colesterolemia. Questo approccio scientifico alla specificità di genere fa parte oggi in maniera crescente della nostra cultura medica e scientifica».
Claudio Cricelli, Presidente SIMG – Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie
«Le strategie principali per la determinazione di processi sanitari e di assistenza che governino un approccio di genere rispetto alla prevenzione, diagnosi e cura sono alla base del miglioramento dell’azione sanitaria nei confronti della nostra popolazione e devono essere alla base dei progetti riferiti ai nuovi sistemi organizzativi, strumentali e tecnologici nella futura assistenza di prossimità. È fondamentale a questo punto valutare il dato dell’accountability, quindi la possibilità di raccolta di dati differenziati per genere che permettano, attraverso gli strumenti anche informatici e all’evoluzione del fascicolo sanitario, di dare un input ai medici per quello che riguarda la valorizzazione in termini di prevenzione, diagnosi e cura di queste differenze».
Silvestro Scotti, Segretario Generale Nazionale FIMMG – Federazione Italiana Medici di Medicina Generale
«È necessario porre attenzione al rischio cardiovascolare anche nelle donne poiché esse presentano determinati fattori specifici, alcuni legati alle specificità ormonali e alle diverse fasi della vita, altri di tipo comportamentale e sociale. Le donne in età fertile conservano una sorta di “ombrello protettivo” nei confronti di eventi cardiovascolari, ma tale protezione viene meno con la comparsa della menopausa. Fin da quando la donna raggiunge i 35-40 anni, il medico di medicina generale deve cominciare a valutare il rischio cardiovascolare con le carte o gli algoritmi disponibili mentre la menopausa rappresenta un momento critico di valutazione e l’occasione per incoraggiare ad adottare misure di prevenzione primarie. Se sono presenti eventuali fattori di rischio modificabili e curabili, come l’ipertensione, essi devono essere trattati con i farmaci oggi ampiamente disponibili e molto efficaci».
Gerardo Medea, MMG SIMG – Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie
«L’analisi WECARE si è avvalsa dell’approccio HTA per valutare il profilo farmacoepidemiologico ed economico specifico della popolazione in trattamento con ipolipemizzanti. Lo studio ha incluso 414.000 maschi e 441.000 femmine. Le donne sono prese in carico in un periodo successivo a quello degli uomini, rispettivamente 70 contro 67 anni, mostrano un profilo di comorbidità cardiovascolare meno severo (il 30% delle donne evidenzia un rischio CV molto elevato rispetto al 41% degli uomini), tendenzialmente sono trattate con statine a minor potenza ed evidenziano un livello di aderenza peggiore rispetto agli uomini (45% contro 51% di pazienti aderenti rispetto ai trattati). I costi sanitari diretti sostenuti dal SSN si sono rivelati inferiori nelle donne rispetto agli uomini (3.500 contro 3.900 euro per anno). Tale dato è verosimilmente imputabile ai costi delle ospedalizzazioni da cause cardiovascolari, legate al meno severo quadro di comorbidità e al più contenuto profilo di rischio che si osserva nel sesso femminile».
Luca Degli Esposti, MD CliCon
«Nelle donne l’incidenza delle malattie cardiovascolari (infarto, ictus, vasculopatie periferiche) è simile a quella dell’uomo, ma con un divario di circa 10 anni. Infatti, durante l’età fertile i fattori ormonali conferiscono alle donne un’ampia protezione nei confronti della cardiopatia ischemica e dello scompenso cardiaco. Per tutti questi motivi è importante che tutti i medici focalizzino maggiormente la loro attenzione sulla donna in menopausa, perché è in questa fase che risulta più vulnerabile e può cominciare a presentare valori pressori più elevati e indici metabolici alterati, come la glicemia o la colesterolemia, che devono essere prontamente e aggressivamente trattati per evitare che negli anni successivi la donna sviluppi eventi cardiovascolari».
Stefano Urbinati, Presidente Italian Federation of Cardiology