“Ora è buio, Chiedete”: applausi scroscianti per la prima di Verdinelli
Lunghissimi applausi, oltre 12 minuti, hanno reso omaggio all’opera cantata in prima esecuzione assoluta “Ora è buio, Chiedete” scritta e diretta da Gabriele Verdinelli con la regia di Gianni Marras.L’ottimo riscontro di pubblico premia una produzione coraggiosa e controtendenza che dopo 10 anni di gestazione porta in scena un nuovo titolo di teatro musicale: vera rarità per questi tempi in Italia.
Il libretto di Emanuele Floris riporta inoltre all’attenzione un tragico fatto di cronaca che nel 1911 sconvolse una piccola comunità sarda immigrata ad Itri. Attraverso un progetto artistico quella che fu definita “la strage dei sardi” emerge così dopo oltre 100 anni dalle antiche cronache facendo riflettere il pubblico sul tema sempre attuale dell’intolleranza. Il progetto è stato prodotto da Ensemble Laborintus insieme altri due storici soggetti della città di Sassari: la Cooperativa Teatro e/o Musica e la Polifonica Santa Cecilia.
Coinvolgente e di grande impatto il tessuto musicale dell’opera nasce dalla lunga esperienza professionale di Verdinelli con le musiche della tradizioni sarde e con il jazz. Con mano sicura il compositore sassarese riesce nell’opera in scena a Sassari a trovare un territorio comune fra queste espressioni così lontane, spingendo il linguaggio verso l’una o l’altra direzione a seconda delle proprie esigenze espressive e del flusso della storia. Verdinelli sottolinea in questo modo efficacemente i tratti dei personaggi, con le loro ambiguità e indeterminatezze.
“Ora è buio, Chiedete”
All’altezza della difficile prestazione è stato l’ Ensemble Laborintus composto per l’occasione da quindici musicisti di vari background e provenienze, Fondamentale nel lavoro la presenza dei due cori coinvolti: la Polifonica Santa Cecilia il Coro di Uri ben preparati dai maestri Matteo Taras e Marco Lambroni. Da sottolineare che per la prima volta un coro popolare sardo è stato coinvolto in una produzione così complessa. I cori delle due comunità: sarda e itrana con le parti basate sui rispettivi materiali etnici diventando veri e propri personaggi della storia che danno un forte contributo alle contrapposizioni insite nella vicenda narrata creando un innesto ben riuscito di grande intensità drammatica.
A scandire i tempi e le modalità della storia accanto all’incalzante scrittura orchestrale una regia ben disegnata in cui Marras tratteggia i forti contrasti di una vicenda umana degradata in cui la poesia riesce comunque ad aprire sempre un varco nella disperazione.
La poesia vive ad esempio nel personaggio lunare di Maia cucito su misura sulla voce di Marta Raviglia, pulitissima e impeccabile nell’intonazione, molto felicemente abbinata al suono del flauto. Ottime anche le prestazioni degli altri protagonisti: il baritono Maurizio Leoni nel ruolo di Antoni, Matteo Loi ( basso) sindaco di Itri, il tenore macedone Blagoj Nacosky che interpreta Elia e l’attore Maurizio Giordo, voce narrante della vicenda.
A far immergere il pubblico nell’atmosfera dei primi anni del ‘900 i costumi e le scenografie realizzati da Davide Amadei, con la collaborazione degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Sassari e il disegno luci di Tony Grandi.