Il titolo dell’opera – suddivisa in sei capitoli – è un omaggio a Fabrizio De André, un evidente richiamo a quella “direzione ostinata e contraria” incastonata dal cantautore genovese nei versi di “Smisurata Preghiera” (1996) e in seguito scelta come titolo della sua prima antologia postuma (2005): l’espressione è perfetta sintesi di quella che è stata la personalità di Faber, del suo percorso umano e artistico controcorrente e mai conformista. Un modus pensandi e operandi che Di Battista scorge nelle personalità da lui intervistate. Al centro dell’attenzione le vicissitudini che hanno contraddistinto i percorsi di vita di Alessandro Barbero, Toni Capuozzo, Ilaria Cucchi, Moni Ovadia, Barbara Spinelli e Marina Conte Vannini: “sei personaggi in lotta per la giustizia. Hanno superato ostacoli, schivato offese, il nemico talvolta li ha derisi. Ma non si sono mai piegati, fino alla meta”
“Viviamo tempi in cui la coerenza viene associata alla stupidità, tempi in cui la parola data non ha più alcun valore, tempi in cui le persone integre vengono chiamate integralisti da coloro che non sanno cosa sia l’integrità morale. Oggi è ancor più necessario navigare in direzione ostinata e contraria”
Ostinati e contrari. Voci contro il sistema, p.13
A distanza di poco meno di un anno e mezzo dal suo ultimo libro (Contro! Perchè opporsi al governo dell’assembramento), Alessandro Di Battista torna in libreria e in edicola: “Ostinati e contrari. Voci contro il sistema” (PaperFIRTS) raccoglie alcune interviste – precisamente sei – da lui realizzate nei mesi scorsi per “ilFattoQuotidiano Extra”.
L’attivista politico e reporter riconosce ai protagonisti della sua opera il merito di aver intrapreso una via mediaticamente meno redditizia, una scelta coraggiosa in un’epoca intrisa da preoccupante conformismo, dal famelico desiderio di fagocitare “il diverso scomodo”, dalla volontà di confinare nell’oblio le voci di dissenso.
Sei personaggi che – anziché voltarsi dall’altra parte dinanzi alle ingiustizie e alle ingerenze di cui sono stati, in alcuni casi spettatori e in altri vittime (in prima o in terza persona) – hanno deciso di intraprendere la strada più lunga e tortuosa: lottare per le proprie idee e i propri valori, vedere riconosciuti i diritti dei propri cari o del proprio popolo e salvaguardarne l’onore.
Il testo, che consta di 186 pagine, spazia tra “attualità, ricordi intimi e personali, successi e tragedie”. Il I e il II capitolo ospitano rispettivamente le riflessioni di Alessandro Barbero (storico e docente universitario diventato volto noto di Superquark) e di Toni Capuozzo (scrittore e inviato di guerra), trascinati nel “tritacarne mediatico” e vittime di una denigrazione aprioristica di idee e convinzioni basata su un etichettamento che si sostanzia nel ricorso al suffisso “-ismo” per inquadrare legittime – ma scomode – posizioni controcorrente; è un marchio a fuoco di cui oggi sovente ci si avvale per screditare e liquidare. É vacuo e pretestuoso, banalizza; è però altrettanto utile a chi ne fa (ab)uso per sottrarsi alla dialettica e a una valida contro-argomentazione.
Sorte non dissimile quella vissuta da Barbara Spinelli (giornalista e parlamentare europea dal 2014 al 2019), rea di aver scritto un articolo – “Una guerra nata dalle troppe bugie” (pubblicato su Il Fatto Quotidiano in data 26 febbraio 2022) – in cui, senza in alcun modo giustificare la scelta di Putin, ha illustrato le ragioni profonde alla base dello scoppio del conflitto in Ucraina, ha parlato di “prevedibile aggressione russa e cecità di Stati Uniti e Unione europea” e ha sostenuto che “Cominciare ad ammettere i nostri errori [..] sarebbe un contributo non irrilevante alla pace che diciamo di volere”.
Vi è poi chi come lo scrittore e attore Moni Ovadia, colpevole di sostenere la causa palestinese, ha dovuto spesso incassare “delusioni” professionali: è stato scavalcato da alcuni colleghi, non per meriti altrui ma per il demerito personale di non essere uno Yes Man, in un ambito, quello artistico, “dominato dai politici”.
E infine chi, come Ilaria Cucchi e Marina Conte, rispettivamente sorella di Stefano Cucchi e madre di Marco Vannini, ha “saputo trovare energie infinite, ha mostrato al Paese intero cosa significhi concretamente la parola dignità”, ha ottenuto verità e giustizia non senza dover fare i conti “con la malagiustizia e con l’arroganza del potere”.
Alle domande che consentono agli intervistati di replicare con risposte aperte, si alternano dialoghi, lo scambio di opinioni e le domande a bruciapelo: la combinazione di questi elementi conferisce ritmo e dinamicità all’impianto testuale. Il fine ultimo non è però che la lettura scorra veloce, pensarlo significherebbe aver travisato la ratio dell’opera.
L’obiettivo di Di Battista è duplice: da un lato far sì che il lettore dedichi ore – se necessario anche giorni – a ciascun capitolo, si immedesimi nelle persone le cui vite sono poste al centro dell’attenzione, si soffermi su ciascun quesito posto all’ “eroe ostinato e contrario” a cui viene data voce, arresti l’incedere del proprio sguardo sia prima della risposta – per riflettere e meditare come egli si sarebbe posto di fronte a quell’ostacolo, quel dramma, quella disgrazia – sia immediatamente dopo la fruizione di essa (per chiedersi se avrebbe avuto la forza psicologica e la tempra morale di [re]agire nella stessa – coraggiosa – maniera); dall’altro trasmettere forza, coraggio e speranza a coloro i quali vivono situazioni simili a quelle dei protagonisti dell’opera.
L’ex pentastellato, deputato dal 2013 al 2018, conferma quindi ancora una volta grande sensibilità per temi dimenticati, colpevolmente dimenticati, per protagonisti – che percorrendo appunto una direzione ostinata e contraria – hanno deciso di muoversi controcorrente e lottare per i propri ideali e valori.
Di Battista conserva il proprio stile diretto e pungente, privo di quelle circumnavigazioni retoriche e di quelle virate a 360 gradi alle quali tanti – tra cui illustri ex sodali – hanno ceduto nel corso degli ultimi anni. Individui che sulla banchina rivendicavano valori e ostentavano valore, aspiranti condottieri che saliti sulla nave sono stati insigniti dei titoli di capitani e nostromi: gli si è affidato il timone, ci si aspettava che l’ago della loro bussola puntasse verso quel complesso etico valoriale rivendicato, un nord ivi guidare l’equipaggio senza cambi di rotta; sarebbero dovuti essere impavidi condottieri dinanzi alle tempeste: alla prova dei fatti hanno deciso invece di tirare i remi in barca.
Si sono trasformati in ciò che combattevano, o forse, più semplicemente, le intemperie alle quali si sono esposti hanno eroso la patina retorica delle loro maschere, rivelandone il reale volto. Uno, centomila…i sondaggi rivelano che adesso, agli occhi di coloro i quali gli avevano affidato il timone, sono “Nessuno”: le elezioni del 25 settembre potrebbero riportarli sul molo e sancire questa loro nuova dimensione riconducibile all’irrilevanza, un declassamento inappellabile, una (dis)evoluzione finale.
Sin dal titolo è evidente il filo rosso che lega Ostinati e contrari alle opere precedenti di Di Battista, un complesso di scritti incardinati in un modus pensandi e operandi che – prima ancora di dispiegarsi nell’esposizione del contenuto – è inequivocabilmente anticipato dalla scelta di titoli graffianti che rivendicano l’orgogliosa libertà e l’impavido rifiuto delle ingerenza: A testa in su (2016), Meglio liberi (2017), Politicamente scorretto (2019) e il già menzionato Contro!, pubblicato nell’aprile del 2021.
In questi testi l’autore aveva letto il mondo indossando le più svariate lenti: da ipermetrope per cogliere i particolari, da miope per vedere lontano, da sole per riparare il lettore dagli abbagli.
Con quest’ultima fatica letteraria risponde alle critiche di chi lo ha spesso accusato di non aver mai indossato quelle da astigmatico, utili per non deformare la realtà: le toccanti confessioni dei protagonisti presenti in questo libro sono la miglior risposta ai detrattori. Il sapere – che non si ferma alla sola erudizione, ma che arriva a irradiare il più ampio significato del “venire a conoscenza di determinati fatti” – è lo strumento più potente con cui replicare agli avversari e con cui convincere coloro i quali nutrono dubbi.
È per tale motivo che l’opera può essere derubricata come tappa imprescindibile e naturale di un percorso bibliografico che avanza fiero: “perché è solo così, andando in direzione ostinata e contraria, che ci si può guardare allo specchio e dirsi che sì, è stato fatto il possibile”.
Articolo a cura di Paolo A.G. Pinna