In questo saggio Haruki Murakami descrive l’attentato del 1995 alla metro di Tokyo ad opera di alcuni adepti del culto religioso Aum.
Il 20 marzo del 1995 gli attentatori del culto Aum, un movimento religioso che fonde buddhismo e induismo, diffusero un potentissimo veleno, il sarin, nei vagoni di diverse metropolitane di Tokyo, causando dodici morti e migliaia di intossicati.
Gli attentatori posizionarono dei sacchetti di plastica contenenti il gas sarin avvolti in fogli di giornale nei vagoni delle metro. Per consentire al gas di espandersi forarono i sacchetti con degli ombrelli affilati appositamente per poi scappare.
Libro
Attraverso un racconto a più voci, quelle dei superstiti e quelle di alcuni affiliati alla setta, Murakami riflette sul perché di un gesto così assurdo e sulle gravi conseguenze che, ad anni di distanza dall’attentato, pesano sulle vite dei superstiti.
Un Murakami diverso che non ricorre alle sfumature oniriche proprie del suo stile letterario ma, anzi, si immerge completamente nella realtà dei fatti, attraverso una descrizione a trecentosessanta gradi dei terribili fatti.
Lo scrittore scava nel profondo della sua stessa società, indaga nel profondo dei sentimenti degli intervistati sospendendo completamente ogni tipo di giudizio. Questo metodo gli permette di interrogarsi in maniera totalmente imparziale sull’accaduto.
Il punto di vista di Murakami è, però, molto critico soprattutto rispetto alla narrazione proposta dai media giapponesi, che esprimevano giudizi inflessibili e categorizzavano la faccenda in un binomio letale tra buoni e cattivi.
Lo scrittore riteneva estremamente riduttiva e controproducente questa narrazione, perché non consentiva alla popolazione giapponese di elaborare questo trauma che si era creato ed alimentato all’interno di quella stessa società.
“Materiale vivo in carne ed ossa”
Per comprendere la complessità di una società come quella giapponese e la profondità con la quale l’autore ha condotto questo saggio è necessario rifarsi allo stesso Murakami, che riesce a racchiudere il senso del suo difficile e insidioso lavoro così:
“Quello che desidero offrire qui, come ho già detto a proposito di Underground, non è solo un punto di vista chiaro, ma un materiale vivo, in carne e ossa, necessario per creare molti punti di vista chiari”.
Elena Elisa Campanella