La sua ultima opera, “Un continente che s’adimanda su Sinis… tottu cantu su Sinis” è quasi una riflessione personale che l’autore fa sul nostro territorio, infatti le sue considerazioni riguardano spesso la penisola e il territorio del Sinis, che lui definisce “… Selvaggio, ricco, misterioso e soave, in particolare le zone umide, lo stagno, le paludi e gli acquitrini che ne occupano una buona parte. Per poterlo apprezzare e goderne tutta la sua bellezza, bisogna viverci alcuni giorni. La notte al chiaro di luna con il mare di fronte e i campi di grano alle spalle. Poi al levar del sole, incamminarsi per i sentieri tra la macchia mediterranea, stando attenti a non calpestare qualche tartaruga e ammirare i nastri d’argento che le lumache hanno seminato lungo il loro percorso tra un cespuglio e l’altro, alla ricerca di cibo”, continuando il suo racconto Brovelli cita anche un amico pescatore e prosegue sottolineando che “… Lillicu il pescatore, oltre a saper confezionare “Sa M’reca”, conosce tutti i fondali marini, ma nel Sinis, ci sono anche tanti ettari di terreno coltivati a grano. Altri campi sono coltivati a meloni tant’è che dire “meloni del Sinis, è garanzia di qualità. Altra coltura sono i carciofi, mentre i restanti terreni, sono coltivati a carciofi”.
Ma il nostro autore, si sofferma anche a parlare dei commerci che anticamente si svolgevano nelle coste del Sinis e i contatti con Giaffa, Tiro, Sidone, Malta e Roma, quindi, accenna all’importanza che ebbe la diffusione del Cristianesimo, come testimoniano le antiche vasche battesimali che si possono ammirare in diversi centri come Nurachi, San Giovanni di Sinis e Cornus.