Immaginate di essere un mansueto marito di mezz’età che sganciato il moschettone del fido marsupio si trasforma in un combattivo maschio alfa multidimensionale. Armato del solo borsello, riesce a mettere in fila una serie di evoluzioni tali da neutralizzare le guardie di sicurezza negli uffici del Fisco, sbalordendo niente meno che la diva dragon lady Michelle Yeoh. Si tratta di Ke Huy Quan, ma lo ricorderete come Data ne I Goonies o il bambino in Indiana Jones e il Tempio Maledetto, che torna sullo schermo con Everything Everywhere All at Once.
Questa prima scena d’azione fa scattare l’applauso del pubblico dopo pochissimi minuti dall’inizio del film. Il Cinema Medica Palace di Bologna è luogo di una specialissima pre-preview (ad anticipare le premiere patinate di Roma e Milano e da oggi nelle sale italiane).
L’occasione è resa possibile per gli studenti di Bologna da un’iniziativa Pop Up Cinema, con Andrea Romeo alla guida e grazie al rapporto speciale tra la sua fortunatissima I Wonder Pictures e la casa di produzione A24.
Concept: filosofia dell’assurdo e trip
Ricordate quel cortocircuito di semantica che fu l’indipendente Swiss Army Man (letteralmente: L’uomo coltellino svizzero), con un Daniel Ratcliffe in versione amico multitasking? Gli stessi registi, (The Daniels) Kwan e Sheinert, non lesinano col gusto per l’assurdo e i quesiti filosofici sotto acido.
Nel multiverso, la cui struttura regge l’intero film, la coscienza dei protagonisti si connette a quella delle proprie infinite vite parallele. In ogni universo i sé alternativi hanno doti utili da poter apprendere quasi istantaneamente, una volta effettuato il salto (un po’ come accadeva a Neo in Matrix: “Conosco il kung-fu”).
Queste capacità ispirano i protagonisti nella loro missione; l’eroina interpretata da Michelle Yeoh lotta per mantenere intatta la realtà, diversamente i villain bramano il collasso del multiverso – obbiettivo che l’esattrice Jamie Lee Curtis sposa con rinvigorito talento comico.
La prima trovata geniale del film riguarda esattamente le modalità con cui riesce a realizzarsi questo salto tra due lembi diversi del medesimo tessuto spaziotemporale: occorre operare una scelta tra alcune azioni da eseguire. Masticare chewingum scollate da una scrivania d’ufficio o tagliarsi con la carta – spoilerino, ma si sa… parrebbe impossibile riuscirci intenzionalmente! – può infatti innescare una consapevolezza superiore e dare lo sprint giusto a risse clamorose in stile asian movie ottimamente coreografate.
Queste e le associazioni mentali nonsense costituiscono la cifra di base del film. Troverete le risposte che cercate se vi siete mai trovati a pensare come sarebbe la vita in un universo in cui le dita delle mani sono fatte di hot dog, le teste esplodono in nubi di glitter, due sassi in stop motion si confrontano sul senso della vita, o una particolarissima stretta di mano diventa la porta d’accesso a un non-luogo dove minaccioso si estende un buco nero.
Sinossi: tutto, ovunque, contemporaneamente
La vita di Evelyn Wang scorreva senza particolari soddisfazioni tra gli oblò della sua lavanderia a gettoni, l’evasione delle tasse, un marito mollaccione e l’incapacità di mostrare affetto per la figlia in modi che esulassero dalla critica lapidaria. Finché un giorno il vetro della sua percezione si spacca in frammenti, offrendole una finestra su tutto il suo potenziale inespresso.
Irrompe nella sua vita una versione Alfa di suo marito Waymond, molto più sicuro di sé e attraente nonostante farnetichi di come spetti a lei salvare il Mondo. La loro figlia Joy (eclettica e pazzesca, Stephanie Hsu) sta scatenando il caos in ogni linea temporale, ha scelto l’entropia e intende portare tutto con sé.
Il Cinema come multiverso
Cosa desideriamo veramente? Quanto siamo pronti a rischiare contro ogni evidenza? Potrebbe un personaggio di finzione trovarsi catapultato nella realtà fisica dell’attore che lo interpreta?
In questo ultimo aspetto il film si accartoccia sui molti livelli della sua stessa riflessione, ma è anche il viatico per celebrare la bravura della Yeoh (qui in versione tiger mom) e la storia del Cinema – tutto il Cinema – di tutti i generi e non solo. Innumerevoli sono le citazioni più o meno esplicite, ambientazioni, scelte fotografiche o coreografie di lotta alle quali i Daniels attingono, tra cui In the Mood for Love, Hiroshima Mon Amour, La Foresta dei Pugnali Volanti e persino Ratatouille.
Un film sregolato, brillante, dissacrante, naturalmente postmoderno eppure così quotidiano, variopinto e autoironico, imbarazzante e talvolta disperato quanto solo le famiglie sanno essere.
Desideri, valore personale, empatia sono il perno attorno a cui vortica l’intera messinscena.
Due simboli catalizzano bene e male: un’oscura ciambella graffettata sulla fronte e un terzo occhietto doodle polarizzano, antitetici, distruzione nichilista e senso del legame.
A cura di Tiziana Elena Fresi.